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Autore: Progetto Calamaio

Una questione di famiglia

Lo scorso lunedì 18 maggio 2020 Tatiana Vitali, educatrice e animatrice con disabilità e sua madre Giuseppina Testi, detta Pinuccia, hanno partecipato alla diretta live “Le persone con disabilità, le famiglie e gli operatori al tempo del Coronavirus”. Un’iniziativa organizzata dalla redazione Bandiera Gialla sulla pagina Facebook del Centro Donati – I care  .

Insieme a loro sono intervenuti Giacomo Busi, coordinatore di Associazione d’iDee, Alessandro Iarrera di Angsa Bologna con Carla Crivellari ed Enrica Chili, residenti del Centro socio-riabilitativo residenziale Selleri Battaglia di Bologna.

Un ricco dibattito che ha messo al centro i differenti punti di vista che hanno accompagnato e in parte ancora accompagnano lo stato d’emergenza generato dall’attuale pandemia.

Qui riportiamo fedelmente gli interventi di Tatiana e Pinuccia che ci raccontano come hanno vissuto questo periodo su cui, per entrambe le parti, è stato indispensabile il supporto ricevuto dai colleghi e dagli educatori del Progetto Calamaio che ha permesso di mantenere vivi l’impegno, le emozioni e la creatività di tutta la famiglia.

” Dal 2006 lavoro all’interno del Progetto Calamaio- comincia Tatiana–  un gruppo che è formato da educatori e animatori con disabilità e uno degli obiettivi del nostro lavoro è quello di diffondere la cultura della diversità in ogni ambito educativo e formativo.

Fin dai primi giorni di chiusura forzata  io non mi sono mai sentita sola, perché sia gli educatori che i volontari  del servizio civile hanno costruito un progetto adeguato al periodo.

Siamo  quasi tutti  in rete  e hanno formato un gruppo a distanza, abbiamo usato Whatsap  con videochiamate, utilizzato piattaforme di vario tipo, cosa che ci permette di sentirci uniti tutti i giorni  mantenendo vivo il clima del gruppo con empatia e leggerezza pur lavorando e questo è molto importante per me. Ogni educatore  ha un filo diretto con 2/3 persone con disabilità e   hanno dato primaria importanza alla relazione sia sul piano umano che lavorativo. Ci hanno coinvolto giornalmente attraverso delle attività o di gruppo o singolarmente, di scrittura creativa (invenzione di storie), cineforum (visione di film e commento con scheda guidata) laboratori  ( cura di sé /  orto con semina  /  cucina a distanza pane biscotti)   con restituzione dei materiali da parte nostra  soprattutto c’è stato il supporto morale da parte di tutti e condivisione delle attività.

Sono orgogliosa di far parte di questo gruppo che mi ha sostenuta e  mi ritengo fortunata perché  ho  la tecnologia  e il supporto dei care giver mi ha aiutato molto nella pratica e sono fiduciosa  di ritornare presto al CDH perché alzarmi alla mattina e aver voglia di andare al lavoro è una cosa che mi fa sentire realizzata e  stare bene.

Anche le mie relazioni amicali sono rimaste unite grazie a continui contatti web.

Io faccio anche sport, equitazione, e al momento lo spazio è chiuso.  Questo mi è mancato molto perché andare a cavallo per me significa staccarmi dalla carrozzina e nel movimento le zampe del cavallo sono le mie gambe”.

“Questo periodo ci ha portato ad una  più stretta convivenza famigliare – prosegue Pinuccia– da un lato positiva, ma dall’altra anche con momenti di piccoli battibecchi ma nulla di importante. Credo che una famiglia come la nostra  al cui interno vive una persona con disabilità, abitudini, ritmi, tempi,   già da anni si siano  stabilizzati  e di routine  per rendere la vita meno faticosa  e più serena per tutti. Quando però la quotidianità viene  improvvisamente  capovolta e  anche con tante incognite  come in questo caso,  si pensa come farò a far trascorre le giornate  a mia  figlia con proposte interessanti   per coinvolgerla?Per fortuna che il Gruppo Calamaio come ha detto Tatiana  ha organizzato un progetto messo subito in pratica e questo è stato di grande importanza.

Vedere tutti i giorni Tatiana lavorare in rete con il gruppo sentire anche le sue risate con scambio di battute con i colleghi , è stato quello che mi ha dato la forza e fiducia ad andare avanti. I colleghi di Tatiana oltre alle loro competenze e professionalità hanno in se anche tanta umanità, generosità impegnando tanto del loro  tempo per il benessere degli animatori disabili, anche di sabato e di domenica.

Tatiana ha  avuto all’inizio un momento di crisi aveva paura che il Cdh chiudesse per sempre ha fatto  una telefonata con la coordinatrice del Progetto Calamaio, Sandra Negri,  e una volta rassicurata  che occorrevano tempo e pazienza e che  tutto piano  piano sarebbe ritornato come prima,   Tatiana ha reagito subito in modo positivo.

Questo supporto da parte degli educatori è stato dato anche noi genitori con telefonate, messaggi per sentire come ci sentivamo, come trascorreva la nostra stretta convivenza con i nostri figli. Questo è stato molto utile perché non mi ha fatto  sentire sola  è quasi  come sentire sotto di te una rete di protezione e sapere che nei momenti di  bisogno ci sono persone che ti accolgono e  ti ascoltano, sicuramente ti fa stare bene.

Siamo una famiglia con forti legami affettivi e amicali e in questo periodo tutti e tre  abbiamo utilizzato  la tecnologia   per  vederci  con amici e parenti quasi quotidianamente per sostenerci a vicenda e ci ha aiutato molto coinvolgendo sempre anche Tatiana.

Ogni persona  ha un modo di affrontare le avversità della vita e io credo di essere una persona resiliente avendo vissuto sulla mia persona  un periodo di messa alla prova per il bisogno di mia figlia.

 Io e lei  abbiamo vissuto 10 anni per sei mesi all’anno per fare della riabilitazione  in un ospedale in Cecoslovacchia. Questo periodo passato mi ha sicuramente rafforzato e aiutato anche oggi ad essere forte e guardare avanti e unita alla  serenità di Tatiana, motivo per cui anche io reagisco bene in questo periodo.

Ovviamente mi ritengo fortunata perché Tatiana nonostante le sue difficoltà motorie riesce ad usare tecnologie  pc e tablet, anche se la mia presenza concreta nell’ avviare le postazioni  con  alcune pratiche  di collegamento  è stata fondamentale.

Credo che dovrebbe essere un diritto per le persone con disabilità avere a disposizione le tecnologie e che  ai loro care giver  vengano date le competenze per utilizzarle attraverso formazioni e aggiornamenti,  per potere  sempre affiancare i propri figli qualora ne avessero bisogno”.

Grazie donzelle, avanti tutta e un abbraccio a tutte le famiglie del nostro gruppo, parte attiva e presente di questo lungo percorso condiviso!

 

Tatiana Vitali e Giuseppina Testi

 

 

 

 

 

Cosa faccio a casa…

Il Progetto Calamaio, come sapete, non si è mai fermato davanti all’emergenza, coinvolgendo immediatamente gli animatori con disabilità del gruppo in molteplici attività per via telematica e seguendoli personalmente da vicino. Detto ciò, duro lavoro a parte, un po’ di tempo libero, anche quello più sano, è rimasto a tutti.

A volte, si sa, non sempre si è in grado di riempire gli spazi vuoti, si resta un po’ intontiti, soprattutto quando i nostri equilibri spazio-temporali risultano compromessi, ed è facile confondersi: come distinguere il sabato e la domenica dal resto della settimana? E le festività? Vale la pena celebrarle anche in quarantena come giornate uniche e speciali?

La risposta per noi ovviamente è sì. Darsi dei ritmi e distinguere il momento del lavoro da quello dello svago, della vita familiare e del benessere è fondamentale per il nostro equilibrio psico-fisico, disabili e non.

Ce lo spiega molto bene Mario Fulgaro, animatore con disabilità e poeta, che qui ci racconta come ha trascorso e vissuto a casa la propria Pasqua e Pasquetta, mantenendo i suoi gusti, la sua ironia e le sue passioni, insegnandoci ad adattarci al meglio anche alle nuove situazioni:

L’emergenza Coronavirus” ha azzerato gli stili di vita di tutti, compresi i miei. L’urgenza di dover stare a casa, dalla mattina alla sera, mi ha dato l’occasione di curarmi la nevralgia del trigemino, attraverso farmaci che mi danno tantissima sonnolenza e fiacca. La mattina mi sveglio molto tardi e mi alzo dal letto altrettanto tardi, si parla delle ore tredici o addirittura delle ore quattordici. Faccio direttamente una colazione/pranzo, dopodiché mi sdraio sul divano per guardare un po’ di TV (film, “Avanti un altro” di Bonolis registrato e grazie a quel santone di Ivan, il tecnico del Cdh, posso vedere dei film al PC collegato alla TV). Non ho avvertito il passaggio dei giorni di festa di Pasqua e Pasquetta che sono trascorsi come giorni normali. Avrei voluto tanto ripassare un po’ di francese e di inglese, ma le forze per realizzare tutto ciò mi sono venute meno, quindi ho preferito grattarmi la pancia. Mentre tutti si gettano a capofitto nelle proprie fameliche voglie culinarie, io ho preferito alzare la cornetta del telefono ed ordinare, takeaway, pizza o kebab, o povere pietanze a base di uovo, Simmenthal e ricotta (alla faccia dell’educatore Tristano!). Avrei voluto leggere il mio libro a carattere storico/politico ma le forze, ancora una volta, non mi sono venute per nulla in soccorso. Mayday Mayday! Mi stavo perdendo, quando all’improvviso si è aperta la porta di casa ed è apparso mio fratello Nazario con una colomba pasquale. Solo in quel preciso momento mi sono accorto che era Pasqua: “Cavolo, perbacco, cà me bonna accide! … non mi stavo accorgendo della Pasqua 2020, ma, d’altronde è tutto posticipato agli anni a venire!”.

La risposta perentoria di mio fratello non tardava a venire: “Mario, non imparerai mai a parlare in pugliese!”. A farmi compagnia tutto il tempo è rimasta, per sua disgrazia, la badante moldava, che ha festeggiato la Pasqua la settimana successiva, dandomi così l’occasione di recuperare. Il Lunedì dell’Angelo abbiamo allestito un frugale picnic sul tavolo della sala da pranzo. Persino Totò, vedendoci da lontano, avrebbe danzato sul pianerottolo con un ciuffo di spaghetti in mano, non azzardandosi, però, ad entrare in casa per non rischiare nessun contagio da Coronavirus. Si sarebbe rivisitato il film “Miseria e Nobiltà”, in chiave quarantena/Quaresima.

Mario Fulgaro

 

Un Ortopastrocchio…

In questo difficile periodo di quarantena il progetto Calamaiorto, una delle attività più amate dal nostro gruppo, si è trasformato, grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia che ci hanno consentito di proseguire il lavoro, anche se in forma diversa.

Ma come avete fatto, vi chiederete, a restare a contatto con la terra, le piante e i fiori dentro le vostre case? Ce lo spiegano l’educatore Lorenzo Baldini e Francesca Aggio, animatrice con disabilità del Progetto Calamaio, che ha subito accolto con entusiasmo questa nuova sfida, anche perché, diciamocelo, ha la fortuna di avere proprio un bel giardino in cui mettersi alla prova!

Tutto è cominciato attraverso la realizzazione di tutorial (brevi filmati di qualche minuto) – racconta Lorenzo- in cui abbiamo cercato di portare le attività a casa dei colleghi con disabilità. Semplici lavoretti di semina, resi in questo modo visibili a tutti, hanno consentito di tenere vivo l’entusiasmo dei partecipanti.  La possibilità di realizzare momenti di videoconferenza tramite chat di Facebook un giorno alla settimana  ha inoltre facilitato l’esecuzione dei lavori stessi.

Una semplice azione come quella di vedersi e sentirsi in piccoli gruppi tramite vari dispositivi (chi su pc, chi tramite tablet o smartphone) per qualche ora è senz’altro stato d’aiuto anche per tenere alto il morale. Ma vediamo insieme cosa abbiamo combinato…

I primi tutorial da noi realizzati, chiamati Ortopastrocchio, li potete trovare su YouTube e hanno riguardato la germinazione. Siamo partiti da quella di una patata in un contenitore con acqua: https://www.youtube.com/watch?v=9qIgrGleoc8 

per poi passare a quella di un seme di limone: https://www.youtube.com/watch?v=ZYGa3CDRWOs&t=1s, attività che hanno riscosso grande successo, anche tra chi non ha provato subito ma lo farà prossimamente.

La videoconferenza è stata fondamentale anche per analizzare insieme le possibilità ed i limiti che questo nuovo strumento di partecipazione ci offre.

Il prossimo incontro avrà come argomento le abitudini alimentari, ovvero l’analisi delle differenze tra una settimana pre-quarantena ed una in quarantena, cercando di capire se e come sono cambiate le nostre abitudini a tavola.

Nel frattempo Francesca, stimolata dalle nuove scoperte, ha deciso di coinvolgere la sua famiglia nella realizzazione di un piccolo orto, su cui, con la precisione di un vero pollice verde, ha tenuto un bel diario di bordo. Ecco cosa è successo a casa Aggio durante la prima settimana di aprile:

Il due aprile insieme alla mia famiglia abbiamo deciso di fare un piccolo orto. Per fortuna mia sorella Federica mi aveva appena regalato tutto il necessario per il giardinaggio, oggetti piccoli che io potessi utilizzare. Precedentemente è stata valutata la posizione dell’orto, perché al laboratorio mi hanno spiegato che occorre il posto giusto, tutte le piante hanno le loro esigenze, chi preferisce il sole e chi non troppo, ma tutte vogliono l’acqua, quindi occorreva una fontana vicina. Poi è stato deciso l’acquisto delle piante in base a quello che più ci piace mangiare.

In questo periodo, sia perché siamo in primavera, sia perché dobbiamo stare a casa, è una fortuna poter stare a contatto con la natura e imparare a conoscerla. Prima abbiamo lavorato la terra, poi abbiamo sparso dei pezzettini piccoli di concime organico per aiutare a svilupparsi nel modo più sano e vigoroso. Ho chiesto cosa ci fosse nel concime e mi hanno detto che contiene pezzetti di legno, cacca di gallina, azoto, fosforo e gli scarti alimentari. Abbiamo poi scelto le piante e si è deciso per pomodori, patate, cetrioli, piselli, zucchine, spinaci, cipolle e le aromatiche. Le aromatiche sono quelle piante che si usano molto in cucina per dare sapore ai cibi e sono anche molto belle da vedere. Io ho piantato; basilico, origano, timo, menta, salvia. Il rosmarino no, perché ne avevo già tante piante.

3 Aprile.

La terra è stata lavorata tanto, perché occorreva romperla per bene, e poi l’abbiamo mischiata con della terra nuova comprata in grandi sacchi. Con la zappa hanno fatto tante file con delle sponde ai lati, in modo che quando piove o innaffi, l’acqua non scivoli via. Poi è stato buttato il concime e finalmente messo a dimora le piante. A seconda della pianta occorre una distanza giusta tra una e l’altra, perché non tutte crescono uguali e poi a seconda delle esigenze del sole. Abbiamo sfruttato delle ringhiere per mettere vicino i cetrioli, perché loro si arrampicano. È servito molto tempo per piantare tutto, ma finalmente lo abbiamo fatto.

Subito dopo abbiamo innaffiato, e bisogna dare l’acqua alla sera e alla mattina presto, quando il sole non c’è, perché altrimenti le piante si ammalano.

4 aprile

Ho controllato che l’orto stesse bene e poi ho riannaffiato, mi hanno spiegato che tutte le piante hanno bisogno di essere curate. Per esempio, la zucchina e il pomodoro devono essere trattate una volta al mese con il “verde rame”. Devo informarmi come aiutare le piante a guarire se si ammalano.

6 aprile

Le piante aromatiche non hanno bisogno di molta acqua e concime, perché loro crescono in autonomia e ho scoperto che il basilico invece bisogna piantarlo tutti gli anni e poi è un po’ delicatino. Spero che le lepri e i tassi non vengano a mangiare proprio lì.

7 aprile

Mio compleanno, giornata di pausa, ho controllato e l’orto sta bene. Vorrei vedere le piante crescere più in fretta, ma so che occorre tempo e tanta pazienza

9 aprile

Questa mattina ho visto che i cetrioli non hanno stanno molto bene, forse perché alla notte è stato troppo freddo. L’ insalatina invece è cresciuta tanto. Gran soddisfazione.

Dite la verità, non vi è venuta voglia di prendere un bel quaderno e di annotare i progressi delle vostre piantine?

Non preoccupatevi, anche se non avete un orto a disposizione o vi sentite pollici grigi, potete cominciare a piccoli passi, anche nel lavabo della vostra cucina o sul balcone, a partire da un seme e una bacinella d’acqua. Seguire il percorso di una pianta che muta e che cresce è sempre un’emozione, perché è viva, si modifica e ci assomiglia. Parola di Lorenzo, Francesca e Ortopastrocchio!

Lorenzo Baldini e Francesca Aggio

 

 

 

 

Quarantena? No panic!

Quarantena…Occasione per fermarsi, riposarsi e ricentrarsi oppure noia mortale?

Difficile dare una risposta univoca, la questione è complessa e soggettiva e tanti sono i piani e le difficoltà che si mischiano in quest’insolita situazione che ci ha colti di sorpresa.

È successo anche al Progetto Calamaio, che tuttavia ha messo subito in campo le consuete ironia e creatività per avviare, insieme agli animatori con disabilità del gruppo, una serie di attività telematiche accessibili:  storie e video animati, gruppi WhatsAapp, consigli cinematografici, giochi, libri in simboli, sfide e racconti, senza dimenticare l’importanza del rapporto con l’ambiente, della cura di sé, del benessere e dell’alimentazione, dell’ascolto personale e delle proprie emozioni, soprattutto nei momenti di insicurezza.

Proprio per questo, prima di cominciare, il gruppo ha pensato di sondare il terreno e di chiedere ai diretti interessati da quale punto di partenza hanno cominciato a guardare questa nuova realtà, ognuno a partire dal proprio vissuto, disabilità e contesto familiare.

Così Mario, che sa sempre guardare il lato positivo, ci racconta quelli che per lui sono i pro e i contro della situazione:

“Nell’insieme posso dire che sto come sempre, solo più tempo in casa, altrimenti sarei uscito quasi ogni sera in un qualche ristorante giapponese o da America Graffiti. 

Di solito guardo poco la televisione, adesso grazie alla possibilità di registrare alcuni programmi a me cari, guardo più tempo la televisione. Ho potenziato i miei interessi di base, lettura a carattere storico politico, studio del francese, ascolto musica. Dormo fino alle 12 del mattino grazie al Neurontin che tiene a bada la nevralgia del nervo trigemino, poi… “sogni d’oro a tutti”, soprattutto alla mia badante che così dorme anche lei fino a tardi!

La mia finestra dà sul nostro giardino interno che è poco frequentato, quindi, squallore c’era prima e squallore c’è adesso. Sento passare meno macchine del solito. Il mio palazzo dà ad una zona del quartiere di norma silenziosa e tranquilla. Un giorno ha fatto impressione alla mia badante che al palazzo di fronte tutti gli inquilini si siano affacciati alla finestra per applaudire. Poi si è scoperto che l’applauso era rivolto da tutta Italia ai dottori e agli infermieri, impegnati a fronteggiare l’emergenza Coronavirus. 

Ho capito di dover stare chiuso in casa e le notizie del telegiornale non mi danno novità ulteriori. So che la televisione è finzione oppure esagerazione, quindi la prendo con le pinze e mi fido solamente di quello che mi dicono i medici, nella fattispecie i miei fratelli, Ciro (malattie infettive), Nazario (medico di base), Gianni (medicina interna). 

Mi viene voglia di vedere il film, che ho in vhs, “L’esercito delle dodici scimmie”, che tratta di una condizione simile a questa del Coronavirus. 

Uso gli strumenti di sempre, WhatsApp, telefonate con Greta per rispondere a questo questionario e per scrivere le storielline basate sulle parole chiave, e i segnali di fumo, partecipare insomma alle attività.

Una volta finito tutto, sappiate che io ho la macchina…Se voi avete la patente, si potrà andare dove cappero ci pare e piace! … Approfittatene!!!… Io propongo il ristorante cinese! “

Rossella, invece, sceglie di dedicarsi allo studio della sua città e alla buona tavola, pur tenendo d’occhio quello che la circonda:

In questo momento sono tranquilla perché anche se non posso uscire comunque ho la tecnologia che mi fa stare in contatto con le persone care. Nel tempo libero mi dedico alla lettura e alla scrittura di curiosità turistiche. Tutto è iniziato quando mia mamma mi ha chiesto di scrivere un opuscolo sulla mia città. Io ho trovato un libro molto antico in casa che spiega approfonditamente la storia e le antiche origini di Bologna e delle persone che hanno costruito la città. Se io incontrassi un turista gli consiglierei di visitare la città. Quello che mi ha colpito di più è stata la leggenda della torre degli Asinelli ho scoperto delle cose che non sapevo, ogni palazzo di Bologna ha una storia molto antica che non mi aveva mai detto nessuno. A Bologna inizialmente erano stanziati i liguri popolo primitivo erano cacciatori e uccidevano a colpi di pietra e bastoni, poi gli umbri che vennero attirati dalla fertilità del suolo. Divenne ricca con gli Etruschi che la chiamarono Felsina, distrutta dai galli boi e riconquistata dai Romani che la chiamarono Bononia che significa “città di ogni bene”, qui costruiscono acquedotti e strade, la via Emilia da Marco Emilio LepidoDi nuovo poi arrivano i barbari che devastano la città, il nostro patrono San Petronio ricostruisce una parte della città, delimitandone i confini con 4 croci conservati nell’omonima basilica. Ho imparato ora il significato dello stemma del comune di Bologna del piccolo leone sopra lo stemma, le due medaglie d’oro per la liberazione della città dagli austriaci 8 agosto 1848 e quella della Seconda Guerra Mondiale dei partigiani, fu la prima citta al mondo che liberò i servi della gleba. Poi c’è la storia di re Enzo , Luigi Galvani, il cane alla finestra del palazzo Bersani , il Palazzo degli Elefanti  e il Palazzo delle Teste…Quanti tesori e storia conserva la mia città!

Quando guardo fuori dalla finestra di casa mia vedo il giardino con fiori e alberi fioriti di ciliegio, la fontana blu’ con le panchine, poi vedo le colline di san Luca e i tetti delle case e i grattaceli. In questo momento gli alberi di ciliegio sono tutti rosa, il prato verde è stupendo perché fa contrasto con le margherite, guardando questo mi provoca il desiderio di andare fuori di stare all’aperto di essere libera. Al tg sento parlare di persone in ospedale o morte io mi sento impotente davanti al virus e mi dispiace e a volte ho paura, che succeda qualcosa a me, di perdere le persone care, di non rivederle mai più. Fuori dalla finestra vedo il paesaggio urbano di casa mia, provo una sensazione di solitudine e tristezza. Il governo sta dando delle indicazioni per rallentare il contagio e mi sembrano giuste. Sono regolamenti severi e necessari per la propria salute e quella degli altri. Esistono già modalità di comunicazione il cellulare internet e il computer. Mi piacerebbe fare delle video chiamate con i colleghi di lavoro lavorare insieme. Quando finirà tutto vorrei tornare ad abbracciare le persone e stare vicina alle persone a cui voglio bene. La mia proposta è fare un aperitivo in compagnia o una giornata al mare”.

Federica infine non ha dubbi, pur dedicandosi alla cura di sé e al proprio stile, desidera rivedere al più presto i suoi colleghi:

Come sto? Bene ma annoiata… Uso il Tablet per inviare messaggi guardo Youtube.

Fuori non passa nessuno. Non guardo il telegiornale perché è triste 

Spero tutto passi per tornare al Cdh. Ecco il mio messaggio tablet: Voglio tornare .

Che cosa è successo dopo? Presto lo scoprirete, le foto dovrebbero avervi dato qualche assaggio…

Lontani ma vicini, continuiamo quindi a lavorare per mantenere vivi legami e relazioni, il primo ingrediente di una buona inclusione.

Stay tuned e a prestissimo!

 

Mario Fulgaro, Rossella Placuzzi e Federica Menarini.

 

 

 

La prima animazione non si scorda mai…

“La prima animazione non si scorda mai”… Gli educatori e gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio lo sanno bene, comprese quante emozioni frullano in pancia all’incontro con uno o più gruppi classe e i loro insegnanti. I momenti dei saluti e delle presentazioni sono sempre i più delicati, perché è lì che gli occhi sono tutti puntati su di noi ed è lì che, fin da subito, la persona con disabilità dovrà interfacciarsi, al pari dell’educatore, nell’accoglienza e nella creazione di un rapporto di fiducia con i propri interlocutori, alcuni dei quali, magari, non hanno mai conosciuto una persona con disabilità.

Che fare? Essere sé stessi, consapevoli delle proprie difficoltà e risorse, ma soprattutto divertirsi e rimboccarsi le maniche, come ci spiega la nostra Sara, che con l’entusiasmo che la contraddistingue ci porta dentro al suo primo incontro di animazione in veste di conduttrice, insieme a Francesca, Giulia, Barbara, Luca, Emanuela e Camilo, alle prese con un laboratorio dedicato al libro accessibile e modificato, rivolto alle ragazze e ai ragazzi delle scuole medie Saffi di Bologna:

“Due venerdì di febbraio al Cdh sono venute due classi delle Scuole Saffi a fare un percorso sul libro modificato e c’eravamo io, Francesca, Giulia, Barbara e Luca. Nel primo incontro c’erano anche Manu e Camilo.

Nel primo incontro ci siamo presentati con delle immagini importanti per noi. C’erano tante immagini e ognuno di noi e ogni studente doveva sceglierne tre e dire il proprio  nome e perché aveva scelto quelle foto; per esempio io ho scelto la foto della pizza perché mi  piace tanto.

Dopo con Luca abbiamo mostrato diversi tipi di libri  che erano in diverse lingue straniere e c’era anche un libro piccolissimo  e dei libri senza  parole e per finire il libro tattile.  C’erano anche libri in braille, il linguaggio per i ciechi.

Dopo che i ragazzi li hanno  guardarti un po’, noi abbiamo fatto  una domanda : riuscite a leggere questi libri ? Loro   hanno detto di no.

Dopo questa attività, abbiamo fatto  vedere come si usa il programma Sym Writer e poi abbiamo fatto vedere un video di Camilo che fa vedere  come lui usa il programma tramite un pulsante che ha in fronte.

Ultima attività della giornata  è stato un gioco: abbiamo diviso la classe in 2 squadre e con il programma Sym Writer loro dovevamo indovinare delle frasi che erano scritte solo con i simboli!! Abbiamo fatto le stesse attività con tutte e due le classi.

Nella seconda giornata gli studenti si sono divisi in gruppetti e con il nostro aiuto hanno creato dei libri tattili; io, Giulia, Francesca e Barbara abbiamo aiutato una bimba down che tornava a scuola dopo tanto tempo che era a  casa. 

Era la prima volta che facevo una animazione e mi è piaciuta molto. Seduta su una bella sedia con un’educatrice vicino, che se volevo mi dava la mano, mi sono concentrata molto sul quello che Luca mi diceva.

Inoltre ho rivisto una persona per me davvero speciale. Sapendo che venivano delle classi delle scuole Saffi mi aspettavo di vedere una prof di nome Mery, che è stata la mia maestra alle elementari, speravo tanto che ci fosse, volevo farle vedere il mio lavoro; invece al primo incontro non c’era e io ero un po’ triste.

Invece Mery è arrivata il venerdì successivo. E’ arrivata a metà mattinata e io quando l’ho vista sono impazzita di gioia . Così abbiamo lavorato insieme al libro tattile finché non sono andati via.

Spero di continuare  a fare le animazioni soprattutto con i bimbi  della materna, con cui mi diverto molto e mi trovo a mio agio.

Vi voglio bene CALAMAIO!!!!!!!!!!!!”

Sara Gabella

Dentro il Luna Farm!

Carissime amiche e amici,

come molti di voi sapranno alla fine del 2019 ha aperto i battenti il Luna Farm, il primo parco divertimenti in Italia a tema contadino dedicato ai più piccoli presso Fico Eataly World. Il progetto è a cura della casa costruttrice Zamperla, una delle maggiori aziende costruttrici di attrazioni a livello internazionale, che gestisce fra gli altri il Luna Park di Coney Island e Victorian Gardens a Central Park di New York, e che punta a coinvolgere, con attenzione sempre crescente, anche il pubblico di bambine e bambini con disabilità.

Uno degli obiettivi a tendere di Luna Farm è infatti implementare l’accessibilità del parco su tutti i fronti: comunicazione, accoglienza e fruizione delle attrazioni.

Una sfida complessa ma decisamente avvincente che ci ha visti coinvolti, insieme ad altre associazioni familiari con bambini con disabilità, in diverse fasi e compiti, tra cui quello di testare in prima persona le attrazioni della “fattoria”.

Protagonisti di questa nuova avventura del Progetto Calamaio sono stati Tristano, Emanuela, Luca, Khadija e Camilo, animatore con disabilità motoria che qui ci racconta passo per passo come è andata attraverso le sue precise osservazioni:

GIRAMISU

L’accessibilità per salire c’è: mi sono avvicinato con la carrozzina manuale, due operatori di Luna Farm hanno utilizzato un ausilio simile ad una panca composta da due piani, mi hanno trasferito sopra questo ausilio ed io mi sono trascinato entrando dentro questa giostra. Io sono entrato prima di Tristano. Lo spazio della giostra è piccolissimo e scomodo perché non c’è spazio abbastanza per le ginocchia (avendo io un problema con i piedi), questa è l’unica osservazione che ho da fare in merito all’accessibilità ed al comfort; dentro alla giostra c’era una cintura di sicurezza che ho trovato confortevole nell’utilizzo.

Ho trovato un po’ noiosa questa attrazione: gira solamente e basta, andava piano, quando era in cima però vedevo tutto dall’alto, il che non era male.

 

LA FABBRICA DEL MIELE

Questa attrazione è abbastanza accessibile, ho avuto anche in questo caso bisogno dell’ausilio giallo che l’operatore è andato a prendere: Luca e Tristano mi hanno dovuto sollevare per mettermi sull’ausilio, dopodiché mi sono trascinato nella seduta della giostra, nella quale erano presenti cinture di sicurezza che ho utilizzato per garantirmi di stare fermo. Nella giostra era prevista la possibilità di togliere momentaneamente un componente per farmi entrare, questo componente è stato poi rimesso a posto una volta che sono entrato. Durante il funzionamento non ho avuto alcun fastidio né scomodità; lo spazio era giusto e l’appoggio per i piedi era sicuro e confortevole.

La giostra era interessante perché non andava solo in tondo ma si spostava anche di lato.

 

MAIALI VOLANTI

In questa giostra l’entrata nel sedile posteriore è completamente sbagliata ed inaccessibile: riuscivo ad entrare solo lateralmente, quindi mi hanno dovuto sollevare Luca e Tristano che mi hanno posizionato nel sedile anteriore. Anche questa volta abbiamo usato l’ausilio giallo per spostarmi dalla carrozzina alla giostra. L’operatore mi ha assicurato al sedile tramite la cintura di sicurezza presente. Nel sedile anteriore c’è più spazio rispetto a quello posteriore. Durante il funzionamento mi sono divertito, non ho avuto alcun fastidio o scomodità. Di questa giostra mi è piaciuto il movimento.

 

SALTA FIENO

Anche in questa giostra ho utilizzato l’ausilio giallo per passare dalla carrozzina alla seduta della giostra. L’aiuto di Luca e Tristano questa volta è servito perché nella seduta era presente una “conchiglia”, una protuberanza di sicurezza presente nel sedile che non mi ha consentito lo scivolamento dall’ausilio alla seduta; inoltre era troppo vicina e quindi mi ha dato un po’ fastidio. Una volta che Tristano e Luca mi hanno posizionato sul sedile, un operatore mi ha assicurato con l’utilizzo della cintura di sicurezza. Il funzionamento del gioco (andare in su per poi essere lasciati cadere verso il basso) non mi ha dato alcun fastidio, anzi è stato molto divertente.

 

Aspetti comuni a tutte le giostre: i sedili erano molto rigidi, non c’erano accorgimenti (tipo cuscinetti o imbottiture) per rendere la seduta confortevole. Anche lo spazio delle sedute poteva essere più abbondante (in lunghezza piuttosto che in larghezza). Nelle strutture non ho avuto problemi di urti contro componenti, nessun fastidio relativo al funzionamento delle giostre, come vibrazioni, accelerazioni/decelerazioni troppo brusche, ecc. Non ho potuto fare altre giostre poiché non accessibili (non solo per i sedili ma per come è fatta e posizionata la giostra, con presenza di scale).

 

Nel complesso è stata un’esperienza meravigliosa perché era la prima volta nella mia vita che salivo su delle giostre. Sarebbe altrettanto meraviglioso rendere tutte le giostre accessibili ma so che, anche grazie al nostro contributo e a quello di altre persone con disabilità diverse dalla mia, ci lavoreranno per rendere il parco sempre più accogliente per tutti.

Grazie per questa bella esperienza!

Camilo De la Cruz

Il Diario di Anna Frank in CAA alla Biblioteca di San Giorgio di Piano

Lo splendido discorso che lo scorso giovedì 30 gennaio la senatrice Liliana Segre ha tenuto al Parlamento Europeo ha rinforzato tutti noi in direzione dell’impegno verso una cultura di pace e una società inclusiva.

Nel suo piccolo infatti il Progetto Calamaio era già entrato in azione, proprio il 27 gennaio, nel Giorno della Memoria, felice di incontrare le ragazze e i ragazzi delle Scuole Medie di San Giorgio di Piano alla Biblioteca L.Arbizzani.

Attraverso l’esplorazione dell’edizione in CAA de Il Diario di Anna Frank, inbook realizzato dal Progetto Calamaio/Coop.Accaparlante e L’Arche Comunità l’Arcobaleno – Impresa Sociale – Bologna per la collana Parimenti, con i disegni delle Scuole Medie Saffi dell’istituto Comprensivo 11 di Bologna, abbiamo affrontato il tema dell’Olocausto dei Disabili, riflettuto sul valore della diversità e imparato a conoscere un nuovo strumento per leggere, scrivere e comunicare.

Protagonisti dell’incontro gli educatori Luca Cenci, Patrizia Passini e Tatiana Vitali, animatrice con disabilità che qui ci racconta per filo e per segno come è andata:

 

In occasione della Giornata della Memoria, lunedì 27 gennaio, siamo andati nella Biblioteca comunale di San Giorgio di Piano per realizzare due incontri con le classi prime delle Scuole Medie del paese.

Inizialmente ci siamo presentati ed abbiamo chiesto al gruppo cosa c’entriamo noi del Centro Documentazione Handicap con la Giornata della Memoria, chiedendo loro di associare una parola a questa giornata così importante.

Sono venute fuori parole centrate ed interessanti.

Alcuni di loro hanno capito subito l’importanza della nostra presenza. Nei campi di concentramento non c’erano infatti solo milioni di ebrei, ma anche zingari, omosessuali ed appunto disabili. Quindi tutti quelli considerati diversi.

Così abbiamo realizzato l’attività dell’uguali e diversi, dove giocando abbiamo dimostrato loro che non solo io Tatiana sono uguale e diversa da loro perché sono in carrozzina, ma tutte le persone sono sia uguali che diverse.

Più tardi abbiamo iniziato a raccontare loro come lavoriamo con il libro modificato e con la comunicazione aumentativa alternativa.

Ho raccontato il laboratorio “Librarsi” del martedì e abbiamo raccontato come è nata e partita l’idea di modificare “Il Diario di Anna Frank”, del lavoro con le scuole del nostro territorio e dei vari passaggi necessari per costruire un libro INbook (semplificazione, realizzazione immagini, scrittura in simboli, impaginazione).

Abbiamo spiegato come funziona il programma SymWriter e abbiamo fatto il gioco “Indovina la frase”, dove gli studenti dovevano indovinare il significato di una frase leggendo solo i simboli.

La giornata si è conclusa con la toccante lettura di alcune tra le più significative lettere del “Diario di Anna Frank”.

È stato davvero emozionante e commovente.

Entrambe le classi sono state molto attente e partecipative e vederli così emozionati durante la lettura del “Diario di Anna Frank” ci ha lasciato molto contenti.

Abbiamo anche riflettuto sul fatto che stavamo parlando di una loro coetanea, di una ragazzina di tredici anni che stava vivendo una situazione così drammatica.

E ci siamo detti che no, questa storia NON DEVE mai più ripetersi.

Tatiana Vitali

 

 

Bambini di farina

In Italia c’è un pane per ciascuna regione…Macché, per nostra fortuna ce ne sono molti di più, tutti diversi e, diciamocelo, tutti buonissimi!

Ed è proprio da qui, dall’innumerevole varietà dei pani che può nascere dalla stessa base di acqua e farina, che siamo partiti per dare il via al nuovo “Bambini di Farina”, il laboratorio interculturale su pane e diversità che ogni anno il Progetto Calamaio realizza per e con i ragazzi delle scuole medie Saffi di Bologna.

Così Barabara, Sara, Tristano, Filippo e Silvia, si sono cimentati insieme ai ragazzi in giochi e attività che hanno messo al centro le varietà di pani delle nostre regioni, per scoprirci tutti bolognesi d’adozione e custodi di saporite tradizioni, dal Nord al Sud, ma anche dentro e fuori dall’Europa.

Ed ecco che Khadija, cuoca provetta della giornata, ci conduce tra i profumi del Marocco, mentre Sara e Filippo, animatori con disabilità, ci raccontano come è andata:

“Mi è piaciuto il momento in cui abbiamo impastato il pane – spiega Sara – in cui ho messo in gioco la mia manualità pur non avendola molto sviluppata.

Mi ha fatto piacere anche quando Tristano ha chiesto ai bambini se io avrei potuto o meno impastare e come. A quel punto tutti hanno pensato a delle strategie che mi permettessero di farlo. Mi sono sentita un po’ in imbarazzo all’inizio, non ero molto in relazione con i bambini, si sono avvicinati solo dopo”.

“È stato molto bello condurre l’attività. Di solito lavoro sul libro modificato, che mi piace molto, e quindi in questo caso ero un po’ emozionato- aggiunge Filippo– perché era la prima volta. I ragazzi mi sono sembrati simpatici, mi hanno fatto qualche domanda e io ho risposto in maniera tranquilla. È stato bello impastare il pane”.

Volete scoprire come si fa il Batbout? Eccovi qui tutti i passaggi e altre gustosissime ricette di pani del mondo, un regalo della 1°A e della 1°C delle scuole Saffi!

 

Batbout -MAROCCO

200 g di Semola di grano duro

300 g di Farina tipo 00

250 g di Acqua

5 g di Lievito di birra fresco

9 g di Sale

5 g di Zucchero

1 cucchiaio di olio

In una ciotola capiente, setacciate la farina di semola di grano duro e la farina 00, dopo di che formate una fontana al centro e versate all’interno l’olio extravergine di oliva. In una tazza sciogliete il lievito di birra con qualche cucchiaio di acqua tiepida da versare anch’esso al centro della fontana.

Realizzati questi primi passaggi, iniziate ad impastare amalgamando al meglio gli ingredienti. Una volta fatto ciò, unite il sale all’impasto.

Continuate a lavorare l’impasto aiutandovi con le mani ed unite ma mano l’acqua tiepida ma senza esagerare, fino ad avere un impasto abbastanza umido che nelle mani dovrà risultare molto lavorabile e morbido.

Lavorate vigorosamente l’impasto per almeno 5 minuti, continuando ad aggiungere acqua se l’impasto lo richiederà.

Ad impasto pronto, dividetelo in quattro parti di uguale misura e fatene delle palline che appiattirete utilizzando i palmi, quindi sistematelo in una placca infarinata e copritelo, lasciandolo lievitare per almeno 120 minuti o fino al raddoppio.

Appena il pane sarà ben lievitato e dall’aspetto soffice, fate scaldare leggermente una padella, preferibilmente in pietra su fuoco basso, quindi adagiatevi dentro il pane e coprite con un coperchio e cuocete per circa sette minuti avendo cura di girarlo spesso in modo che non si bruci.

Quando il pane sarà pronto, toglietelo dalla padella e lasciatelo freddare.

 

Roast Paan – SRI LANKA

500 g di farina

7 g di sale

7 g di lievito

7 g di zucchero

7 g di olio d’oliva

300 ml di acqua tiepida

Sciogliere il lievito con un po’ di acqua tiepida

In un’altra ciotola, mescolare farina, sale, zucchero, olio, il lievito sciolto nell’acqua tiepida e l’acqua rimanente.

Lasciare riposare l’impasto

Prendere una teglia e spargere sopra un po’ d’olio

Prendere l’impasto e dividerlo in 8 parti uguali e sopra spargere un cucchiaio di burro sciolto mezzo cucchiaio di olio d’oliva e mezzo di farina.

Lasciare riposare per un’ora

Mettere in forno a 170° e lasciar cuocere l’impasto per 30-40 minuti.

 

Chapati – INDIA

 

260 g di farina per Chapati (in alternativa 160 g di farina integrale e 80 gr di farina 00)

Mezzo cucchiaino di sale fino

180 ml di acqua a temperatura ambiente

Ponete in una ciotola la farina.

Fate sciogliere il sale nell’acqua a temperatura ambiente e versatela successivamente nella farina poco alla volta

Con le dita o l’aiuto di un cucchiaio impasta acqua e farina e lavora l’impasto su una spianatoia per almeno 10 fino ad ottenere una pasta soda e liscia

Formate una palla, riponete l’impasto in una ciotola, coprite e lasciate riposare per 20 minuti.

Trascorso il tempo del riposo fate assumere all’impasto una forma allungata.

Dividete l’impasto in 8 pezzi e formate 8 palline, ognuna del peso di circa 50 g

Con l’aiuto di un mattarello stendete le palline e formate dei dischi sottili di circa 15 cm.

Fate cuocere i dischi di pasta, uno alla volta, su una padella antiaderente ben calda.

Quando i dischi cominciano a formare delle bolle, dopo circa un paio di minuti, girate i dischi e fate cuocere dall’altro lato.

Togliete il Chapati dal fuoco e mettetelo su un foglio di alluminio foderato di carta assorbente.

Chiudete il tutto per mantenere caldo e morbido il pane.

 

Buon appetito!

 

Sara Foschi, Filippo Neri Del Nero e i ragazzi delle scuole medie Saffi

Iniziamo l’anno con Cultura Libera Tutti!

Che cosa accomuna la disabilità a un’opera d’arte contemporanea? Come metterci in relazione con qualcosa o con qualcuno che non conosciamo e che ci appare incomprensibile? Che cosa pensiamo quando usiamo la parola “diversità?”.

Domande e lenti di ingrandimento con cui il Progetto Calamaio scende di nuovo in campo, per parlare e soprattutto per fare cultura accessibile nei musei, a teatro e a scuola.

Questa volta è toccato agli educatori e animatori con disabilità Andrea, Emanuela, Marco e Rossella, Sandra e Lorenzo, che hanno incontrato due classi di quinta elementare della scuola primaria A. Fresu di Villanova di Castenaso insieme agli educatori museali del museo MAMbo di Bologna, nell’ambito del progetto Cultura Libera Tuttti.

Un percorso interdisciplinare che da anni utilizza il patrimonio culturale per rimuovere barriere fisiche, psicologiche e pregiudizi, favorendo l’inclusione, stimolando la creatività e l’espressione personale.

Il primo incontro si è svolto per l’appunto presso il museo MAMbo: Andrea e Rossella, animatori con disabilità co-conduttori del percorso, si sono avvicinati, insieme ai bambini, a opere d’arte contemporanea interattive, “opere che – raccontano i conduttori – si potevano toccare in alcune parti o che si illuminavano alla pressione di un pulsante o addirittura ci si poteva addentrare per poi essere tu stesso parte dell’opera d’arte”.

Insieme ad Andrea e Rossella anche gli educatori Emanuela e Marco, Sandra e Lorenzo, e le educatrici del Mambo: Ilaria e Maria Anna, che hanno accompagnato le classi a riflettere sulle forme e i contenuti della collezione permanente, a trovare legami e collegamenti con la relazione con la disabilità, fino a invitarli a esprimersi come artisti partecipando ad un gioco che metteva al centro l’uso dei sensi.

“Ben presto i bambini – raccontano Andrea e Rossella – si sono accorti che all’appello mancava qualcuno. Eravamo noi che non potevamo svolgere la stessa esperienza se non grazie all’utilizzo di piccoli aiuti: un rialzo per poter disegnare, un oggetto da percepire più vicino e accessibile. Il gioco ha così portato i bambini a ragionare insieme sulle nostre diversità per affrontare certe azioni in un modo un po’ diverso dal solito.

Il secondo incontro, svoltosi una settimana dopo presso la loro scuola, collegandosi alla visita al museo, si è soffermato su due temi apparentemente distanti tra loro, l’arte e la diversità e sulle reazioni che di solito le persone hanno verso di essi”.

Come si collegano questi due concetti? Come l’ opera d’arte può suscitare nell’osservatore confusione, dubbio, incomprensione e talvolta disgusto così anche la diversità può allo stesso modo provocare timore, incertezza e soggezione nelle persone che la incontrano. La non conoscenza, l’ignoranza, portano inevitabilmente a sviluppare un pregiudizio nei confronti di quello che non si conosce o non si vuole conoscere.

È attraverso la curiosità, la voglia di conoscenza e di approfondimento che l’opera d’arte, così come ciò che è diverso, si svelano per il loro reale significato e diventano gradualmente comprensibili. Non suscitano più paura e dubbio ma diventano chiari e definiti; anzi, più ci si addentra al loro interno, più si trasformano in una fonte di ricchezza, consolazione, divertimento e consapevolezza.

“Per questi motivi – concludono Sandra, Lorenzo, Emanuela e Marco– è di fondamentale importanza che le attività di gioco e i temi trattati dell’inclusione e della diversità nelle scuole vengano affrontati direttamente da persone che vivono quotidianamente la propria disabilità come una forma di diversità: sono loro in prima persona che devono promuoverla, svelando ogni aspetto, positivo e negativo e fugando così l’indifferenza o addirittura l’odio che ancora troppo spesso si instaurano in ciò che non conosciamo”.

Nicola Spezia, Andrea Mezzetti, Rossella Placuzzi ed Emanuela Marasca

Una Storia di Natale

Oh! Che gioia! Cosa c’è di più bello di una fiaba da leggere sotto l’albero?

Se poi a scriverla ci ha pensato uno come Ermanno Morico, il divertimento è assicurato!

Ermanno, animatore con disabilità del Progetto Calamaio e scrittore, è infatti autore di uno spassosissimo libro di fiabe per bambini dal titolo “Il gErmanno Reale e altre storie”, edito da Accaparlante e illustrato da Stefania Baiesi.

Da questa raccolta il nostro avventuriero, così come lui ama definirsi, estrae una Storia di Natale ironica, dolce e travolgente che vi porterà direttamente in Lapponia, per incontrare chi lo avete già capito…

Tanti auguri e buon 2020 a tutt*!

In Lapponia, su un igloo in mezzo alla neve dove fa molto freddo, c’era un ragazzo di nome Ivo, che si era perduto e non sapeva dove andare. Così si chiese tra sé e sé,   guardando il cielo e inginocchiandosi su una larga lastra di ghiaccio: “Signore che cosa devo fare?”.

In quel momento passarono quattro renne con a bordo di una slitta un signore, con una lunga barba bianca e un mucchio di pacchetti regali da portare ai bambini, custoditi in un grande sacco di iuta. Era Babbo Natale in persona, che vedendo il ragazzo inchiodò la slitta e chiese: “che ci fai tu qui?”, lui rispose “sono solo e non so dove andare! Mi son perso!”. Babbo Natale non esitò a dirgli: “Salta su…mi potresti dare una mano con i regali di Natale, sai in due è meglio che one!”.

Il ragazzo saltò sulla slitta e..Hop! Dopo alcuni versi di Babbo Natale per incoraggiare le renne a prendere il volo, le renne iniziarono a scalpitare e a braitare come fossero tanti piccoli ruttini e così presero il volo.

Ivo era emozionato e dall’alto gli mancava il fiato, gli sembrava di toccare le stelle con un dito.

Non poteva credere di essere proprio sulla slitta del famoso Babbo Natale in persona, che tutti i bambini aspettano la notte di Natale. Ivo accompagnò in questo lungo viaggio Babbo Natale per consegnare i regali in giro per tutto il mondo, a chi ne ha più bisogno, in terra, sui grattacieli di New York, nel deserto, nelle montagne, sulle coste marine, nei paesi caldi, nei paesi freddi, un po’ di qua e un po’ di là… dappertutto, senza tralasciare nessun bambino.

Consegnarono un mucchio di pacchetti grandi e piccini alle famiglie, ma fecero anche molta fatica per viaggiare nelle case, sulle colline, sulle montagne e nelle campagne.

Quando finirono di consegnare fino all’ultimo pacchetto era ormai quasi mattina. Babbo Natale allora consegnò un regalo anche a Ivo, era un albero piccolino dentro a un vaso e gli disse: “questo albero è per te, mi raccomando abbine cura, innaffialo due volte alla settimana e vedrai che ogni anno il giorno di Natale fiorirà, così ti ricorderai di me”. Babbo Natale lo riaccompagnò a casa e Ivo, contento come una Pasqua, tornò subito a sistemare l’alberello sul balcone di casa sua.

 

La mattina di Natale si svegliò e andò subito fuori sul balcone per vedere se all’alberello era accaduto qualcosa… “Oh che meraviglia!!!” esclamò. L’alberello era già fiorito, fiori bianchi, rossi, blu, gialli, viola, sembrava un vero albero di Natale.

In Lapponia dalle sue parti è difficile vedere un alberello fiorito, ma Babbo Natale è magico e lui può tutto.

La gente del villaggio, incuriosita e saputo dell’alberello magico pieno di fiori, accorse da ogni parte del villaggio per vedere questa meraviglia.: “Bòn Nadèl!…Bòn Nadèl!” gridavano tutti in coro, ma proprio in quel momento si sentì in lontananza un forte starnuto : “Ehhh Tciùùù…Ehhh Tciùùù!!!”, tremava tutto il palazzo. Ivo e tutti gli abitanti del villaggio si voltarono e videro che era tornato di nuovo Babbo Natale, un po’ raffreddato e infreddolito, con le sue quattro renne.

In quel momento tutti i fiori dell’alberello si staccarono, spargendosi tutto intorno, tanto da mescolarsi fra loro, nascevano così nuovi fiori: besc, schiaffòn, caress, dùbàll…e chi più ne ha, più ne metta. Persino Babbo Natale si stupì di quell’atmosfera magica: “Ehhh Tciùùù…Eh Tciùùù!!!” con un altro starnuto il polline si sparse per tutta la Lapponia, trasformando il paesaggio innevato in un paesaggio colorato e profumato di primavera. L’ultimo fiocco di neve caduto dal cielo, mimetizzandosi con il polline, si appoggiò sul naso di Babbo Natale e, come di incanto, il raffreddore passò.

Ivo e la sua famiglia e tutti gli abitanti ringraziarono Babbo Natale per aver vissuto il più magico Natale della loro vita in Lapponia, poi tutti lo salutarono con canti e balli.

Babbo Natale poté così riprendere il suo viaggio per le sue meritate vacanze alle “Seychelles”.