Il 4 aprile 2022 è iniziato un percorso Calamaio con l’Istituto Padre Marella di Bologna, scuola frequentata da una delle storiche animatrici del Gruppo Calamaio, Stefania Mimmi, che è ovviamente venuta con noi. Prima di andare a incontrare le bambine e i bambini di oggi Stefania ci ha raccontato della sua esperienza passata nella scuola e in particolare della sua bellissima relazione con una maestra , Maria Michelato, la quale fu la sua insegnante di sostegno.
Maria fu per Stefania molto importante, un prezioso supporto nell’intraprendere un percorso di autonomia e di consapevolezza delle proprie abilità, il tutto anche grazie all’aiuto del maestro Bruno Naldi, il quale si spese fin da subito per integrarla nelle attività della classe (nella foto qui sotto, lo vedete a destra con in braccio Stefania).
Ma la storia non finisce qui! La collaborazione tra Maria e Bruno non si fermò solo a livello lavorativo, sbocciò in una vera e propria storia d’amore, tutt’ora in atto! Stefania, che partecipò alle loro nozze, divenne così ancora più importante per i due, i quali, ancora oggi, non riescono a non commuoversi guardandola.
“Rivedere ora la mia scuola- racconta Stefania– mi ha commosso e mi è piaciuto ritornare in veste di formatrice e dimostrare così alla Maria che ero cresciuta e che tutto il suo lavoro non era stato inutile, dell’importanza di tutto il percorso che abbiamo fatto insieme a lei e a suo marito, Bruno Naldi. Loro si sono conosciuto grazie a me, Bruno era il maestro di tutta la classe e Maria invece era insegnante di sostegno.”
Che dire, galeotta fu la Mimmi che ora è passata dall’altro lato della cattedra! Brava!
Lo scorso 14 febbraio 2022 (sì, proprio il giorno di San Valentino!), gli educatori e gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio sono stati coinvolti in un percorso di formazione interna molto atteso…
Ancora una volta ci siamo ritrovati in cerchio, in un piccolo gruppo, a parlare di affettività e sessualità, un aspetto della vita e un nodo, si sa, spesso cruciale per tutti, troppe volte taciuto, rimosso o edulcorato, soprattutto nella relazione con la disabilità.
Sentirsi liberi di parlare di piacere e desiderio schiettamente d’altronde non è facile per nessuno, ognuno di noi ha il proprio, personalissimo, modo di guardare al tema ed è condizionato dal vissuto, da limiti esterni, culturali, familiari, fisici e interni.
Eppure, ogni tanto, osare si può e lasciarsi andare è possibile, come ci ha dimostrato la consulente sessuologa ed educatrice sessuale Valeria Fischetti, quando il contesto è quello giusto: sereno, ironico, protetto e rispettoso delle esigenze e dell’identità di ciascuno.
Così il gruppo, ormai giunto al quarto incontro, ha iniziato lentamente a interrogarsi su di sé, le parole, il proprio corpo, tutto ciò che ruota attorno alla sfera della sessualità e dell’affettività e soprattutto su come affrontare le cose in ambito relazionale, come esplicitare la propria volontà e i propri bisogni a chi ci circonda.
“Come faccio a dire che non voglio fare qualcosa con una persona?”, “Cosa faccio se l’altra persona non mi ama?”, “Come faccio a chiedere di stare un po’ da sola a mia madre?”, queste alcune delle domande che hanno intavolato la discussione.
A quest’ultima domanda Francesca Aggio, animatrice con disabilità, risponde: “secondo me si potrebbe chiedere di essere lasciata sola per poco tempo, per poi chiederne sempre di più, così da abituare sia i genitori che se stessi”.
Dopo aver riflettuto sul concetto di “piacere”, per molti legato al benessere corporeo nella quotidianità o alla relazione con l’altro (un massaggio, essere accarezzati sui capelli, cucinare, degustare, toccarsi, percepire, abbracciare, guardare delle foto, aver cura di qualcuno), il gruppo ha sperimentato un momento di rilassamento e di ascolto, a partire da un’attività corporea, diretta da Valeria.
Bendati, tutti i partecipanti sono stati massaggiati attraverso degli oggetti apparentemente semplici e ordinari come un grattino di legno, una piuma, degli spazzolini, un massaggiatore professionale, un pennello da barba e delle arance.
La musica ha accompagnato il contatto con gli oggetti indirizzati delicatamente verso zone sensibili, come l’inizio del senso, del fondo schiena, il collo e le mani, per accendere l’attenzione verso qualcosa di mai veramente preso in considerazione.
Molte persone, all’interno del gruppo, hanno ammesso di non sapere che cosa sia esattamente il piacere fisico, non avendolo mai sperimentato, o, ancora prima, a non sapere che cosa piace o che cosa no.
La consapevolezza è estremamente importante, perché è ciò che ci fa crescere, e, nella sfera sessuale, è ciò che precede scelta e consenso.
Essere dipendenti dalle scelte che i genitori fanno a nome del loro bene è ancora una delle costrizioni più sentite dalle persone con disabilità, perché limita il loro diritto di scegliere e di conoscere.
Altre volte, però, questi limiti diventano nostro malgrado comodi cuscini su cui adagiarsi, dimenticandosi di ascoltare ciò che si vuole veramente per la paura di soffrire e di non riuscire ad affrontare le nostre difficoltà.
Iniziamo così un viaggio alla scoperta di noi stessi e sappiamo che non sarà un cammino facile ma insieme e grazie all’aiuto di Valeria, siamo certi che da qualche parte approderemo, liberi di essere, liberi di scegliere, anche a poco a poco.
Ucraina e CDH. “La Luna di Kiev”, la poesia di Rodari tradotta in simboli che abbiamo condiviso con voi la scorsa settimana su Fb, è solo la punta di un iceberg dello stretto rapporto che in questi anni ci ha legato al paese al centro di uno dei conflitti più dolorosi della storia recente.
Grazie al lavoro del Professor Dimitris Argiropoulos dell’Università di Parma, tante infatti sono state le occasioni di scambio di buone pratiche che ci hanno messo a confronto con docenti universitari, educatori e operatori da lì giunti in Italia per acquisire nuove competenze sul lavoro con le persone con disabilità e la didattica inclusiva.
Ma c’è di più, in Ucraina, nel 2017, ci siamo anche andati.
Sandra Negri, coordinatrice del Progetto Calamaio, ricorda con grandissimo affetto l’accoglienza ricevuta presso la Scuola Vsesvit e l’Università Ivan Franko di Zhytomir.
Allora il paese era alle prese con una nuova legge sull’inclusione scolastica, una legge voluta e attesa che stava finalmente permettendo ai bambini con disabilità di accedere alla scuola pubblica.
Il Professor Dimitris e l’Associazione Iscos Emilia- Romagna Onlus ci hanno dato la possibilità di dedicare agli insegnanti presenti un ciclo seminariale sul tema, nell’ambito del progetto “Strutturare l’inclusione scolastica e socio-sanitaria della disabilità nella Regione di Zhytomir”.
Insieme a noi c’era anche Mario Paolini
Parlare di avanguardie educative sembra ora un’utopia un po’ naif eppure era l’altro ieri.
In questo conflitto così duro e per tutti destabilizzante ci chiediamo se è davvero possibile arrestare con la forza una crescita in atto, un’evoluzione, un cambiamento culturale che ha già attecchito.
Crediamo di no. La violenza può congelare, può rallentare, piegare emotivamente e moralmente ma non potrà mai uccidere il desiderio di un’alternativa di libertà che è già reale, perché questa sarà difesa, urlata e tramandata, nonostante le macerie e gli atti di distruzione a cui stiamo assistendo.
Amiche e amici,insegnanti, bambine e bambini, educatori, persone con disabilità, cittadini ucraini, siamocon voi.
Associazione Centro Documentazione Handicap e Coop. Accaparlante
Che cosa unisce arte e cibo? A rispondere ci hanno pensato Rossella, Elie e Manu, animatori ed educatori del Progetto Calamaio, che da bravi appassionati di entrambi gli ambiti si sono trasformati in veri Arcimboldi, dedicando ai colleghi un laboratorio sul tema. Qui Rossella ci racconta per filo e per segno come è andata, dando così il via a una rubrica tutta sua!
La mia passione e il desiderio di fare conoscere l’arte ai miei colleghi mi hanno spinto l’anno scorso a ideare una mia “rubrica d’arte”, che di tanto in tanto presento all’interno del gruppo Calamaio. Lo scorso anno era basata sulla vita di alcuni artisti, quest’anno ho avuto la brillante idea di unire l’arte a un “qualcosa”. Pensando a quel “qualcosa” insieme a Manu, ci è venuto in mente di unire l’arte al cibo. Prima di tutto perché all’interno del nostro gruppo ci sono molti appassionati di cucina a cui piace molto mangiare, in secondo luogo perché l’arte e il cibo sono legati da tempo immemore. Da quando l’uomo ha cominciato a sentire il bisogno di rappresentare la propria vita, inevitabilmente il cibo ne ha fatto parte. Dalle scene di caccia dei graffiti preistorici e dei geroglifici egizi, alle opere più venerate del Rinascimento, fino a quelle più moderne della pop e della eat art.
Ho iniziato a fare delle ricerche approfondite e ho scelto degli artisti partendo dal 1500 ad oggi che hanno rappresentato il cibo nella propria arte. Insieme a Elie, un tirocinante, abbiamo creato un powerpoint con artisti e opere del calibro di Arcimboldo, Van Gogh, Paul Gaugin, Pablo Picasso, Matisse, Frida Kahlo, Andy Wharol, Vanessa Beecrooft e Will Cotton.
È stato interessante scoprire come nel corso degli anni il modo di rappresentare l’arte è cambiato, dalle nature morte di Van Gogh, Gaugin, Matisse, passando perL’ultima cena di Frida Kahlo, una rivisitazione particolare e inusuale della rappresentatissima Ultima Cena, capolavoro di Leonardo, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove gli artisti rappresentano nelle loro opere, delle vere e proprie performances, come ad esempio le opere di Will Cotton che presentano scenari costituiti interamente da pasticcini, caramelle, zucchero filato e gelati.
(cit.)“Questi dipinti riguardano un luogo molto specifico”, dice Cotton, “È un’utopia in cui ogni desiderio è soddisfatto tutto il tempo, il che significa in definitiva che non ci può essere desiderio, come non c’è desiderio senza mancanza”.
Abbiamo scoperto anche delle interessanti curiosità, come ad esempio sotto l’opera di Van GoghNatura morta con frutta e castagne 1886,è nascosta un’altra opera La donna con sciarpa, perché Van Gogh spesso riutilizzava delle tele già dipinte. Oppure, avreste mai pensato che un’opera di Picasso è stata venduta a New York alla modica somma di 4.226.500 dollari? Ebbene sì è l’opera Corbeille de fruits et bouteille, un’opera datata 29 dicembre 1937 realizzata a Parigi.
Dopo la presentazione abbiamo pensato a un laboratorio sull’arte e il cibo molto singolare, ogni partecipante aveva la possibilità di creare la sua opera d’arte, avendo come tavolozza di colori, i colori di frutta e verdura: banane, kiwi, mandarini, pomodori, carote, insalata, olive… Abbiamo dato ampio spazio alla nostra fantasia e sono venuti fuori dei veri capolavori. Ognuno poi ha dato un nome alla sua opera.
Il cibo crea aggregazione e unisce la gente in un modo piacevole e ha la capacità di evocare qualcosa negli occhi dell’osservatore.
E ora se avete voglia create anche voi la vostra opera d’arte e dategli un nome…Poi inviateci le foto a calamaio@accaparlante.it , potremmo così organizzare una vera e propria mostra con i vostri capolavori!
Immaginate di fare un salto indietro nel tempo, catapultandovi, magari, all’epoca dell’Antica Grecia, quella di Platone!
E ora pensate un po’ a come potreste sentirvi, se vi trovaste di soppiatto nel bel mezzo di un “simposio”, quel banchetto dove filosofi e pensatori erano impegnati a discorrere del sentimento più controverso e ricercato al mondo… Parliamo ovviamente dell’Amore!
Sarebbe davvero curioso e alquanto improbabile, starete pensando, eppure c’è chi ha avuto modo di provare un’esperienza paradossalmente simile!
Ed è proprio a tal proposito che alcuni animatori del Progetto Calamaio potrebbero raccontarcene delle belle!
Tatiana Vitali, Diego Centinaro, Andrea Mezzetti e Camilo De La Cruz, infatti, ormai da diversi mesi partecipano al percorso interdisciplinare di formazione teatrale e musicale, I Fiori Blu: musicateatro – sesta edizione, curato da Gruppo Elettrogeno Teatro, un progetto rivolto a persone che accedono alle misure alternative alla detenzione, a operatori sociali, persone di diversa età e provenienza, persone con disabilità, studenti e performers.
Così, nel corso di questa esperienza laboratoriale, all’interno di una vera e propria comunità artistica, i nostri pezzi da novanta hanno contribuito alla realizzazione di un bellissimo monologo a più voci, Daimon of love – andato in onda su Radio Oltre lo scorso 21 Dicembre come restituzione del lavoro realizzato da “I Fiori Blu” – che si ispira proprio al Il Simposio di Platone.
In questa produzione corale ciascun partecipante ha avuto modo di esprimere e interpretare la sua idea di amore, talvolta con ironia, talvolta cantando, talvolta a partire da citazioni, proverbi e luoghi comuni che appartengono sì alla cultura popolare, ma che finiscono poi col riflettersi inevitabilmente nelle vite di ognuno, rafforzando le proprie credenze o addirittura maturandone di nuove.
Ma ora leggete cosa scrivono di questo percorso i nostri “simposiani”:
“Da quest’anno faccio parte della compagnia dei Fiori Blu. All’inizio del laboratorio ci siamo veramente ritrovati come se io fossi sempre stata con loro.
Stiamo imparando a muoverci e a tenere dialoghi e mi piace veramente molto.
Alle volte basta una battuta per darti la carica, nel senso che magari senti un attore che fa una battuta e magari il gruppo senza saperlo ci va dietro e regge il gioco. Piano piano stiamo imparando a staccarci dalla carrozzina perché il Simposio nasce come una cena dove tutti i filosofi erano coricati per terra.
La diretta radiofonica è stata un’anteprima di quello che faremo prossimamente dal vivo. Prepararsi è stato bello: avevamo il nostro copione e per il giorno della restituzione abbiamo imparato a memoria le nostre parti, è stato bellissimo farlo perché ho sentito il supporto di tutti”.
Tatiana Vitali, animatrice del Progetto Calamaio.
“Far parte del gruppo I Fiori Blu significa molto per me perché è un posto dove sono riuscito a trovare la mia dimensione, infatti, la mia passione più grande è la musica, in particolare, il canto. Questo è un ambito dove tiro fuori il meglio di me stesso: riesco a far uscire la mia creatività attraverso la voce e a interpretare al meglio come mi sento. Ma non è solo questo: quando sono nel gruppo mi sento in famiglia. Questa esperienza mi ha arricchito molto perché imparo sempre cose nuove, per esempio, “stare a ritmo” di musica e a seguire le indicazioni del maestro, inoltre, a stare con persone competenti nel canto mi sento stimolato, acquisisco varie conoscenze e competenze.
Ascoltarmi in radio è stato davvero strano, perché mi sentivo un’altra persona però mi sono sentito soddisfatto di come il nostro lavoro è riuscito. Ho trovato che la parte musicale del progetto si sia ben integrata con quella teatrale. È stato davvero interessante. E tutti sono stati davvero bravi. Sono fiero di far parte di questo gruppo “allargato”.
Camilo De la Cruz, animatore del Progetto Calamaio
“Affrontare il tema dell’amore nel percorso è stato molto bello e forte perché di solito faccio molta fatica a parlarne. In questo caso è stato diverso, è stato più semplice perché ciascuno ha espresso la sua idea di amore, e quando io ho detto la mia nessuno mi ha giudicato, mi sono sentito compreso da tutti.
Nella realizzazione del copione per la restituzione radiofonica ho dato il mio contributo, ho dato tutto me stesso e tutto il mio cuore, anche se spesso dico che per me l’amore è difficile. Ascoltarmi mi ha fatto un certo effetto perché non ho mai preso parte ad una trasmissione alla radio. È stato stimolante fare un’esperienza del tutto nuova”.
“Fotoindustria” è una Biennale di fotografia organizzata dalla fondazione MAST di Bologna: ogni due anni viene presentato un tema che caratterizza le esposizioni (quest’anno “Food”) diffuse per la città e il gruppo Calamaio non ha perso l’opportunità di prendere parte a questo evento!
Nella giornata del 17 novembre, alcuni di noi si sono recati alle esposizioni situate al MAMBO e a Palazzo Fava per approfondire i temi della mostra, ma con l’approccio critico che da sempre contraddistingue le nostre uscite.
All’interno di una visita a noi interessa non solo darci la possibilità di scoprire nuovi saperi, ma anche quella di testare l’effettiva accessibilità di un evento e sperimentare le nostre autonomie.
Abbiamo visitato le sedi dedicate alle mostre “Laboratory of Forms” di Jan Groover, “Favignana” di Herbert List e “Factory of Original Desires” di Bernard Plossu.
Erano tre mostre che trattavano il contenuto da vari punti di vista, in particolare Jan Groover si soffermava sulla natura morta, Herbert List sull’industria negli anni Cinquanta, mentre Bernard Plossu sul confronto fra il cibo e i paesaggi incontrati nei suoi viaggi.
Siamo stati attirati dall’argomento della Biennale, in quanto riteniamo che il cibo possa essere un soggetto interessante da discutere dal lato artistico, ma ci siamo scontrati con molte difficoltà.
Abbiamo organizzato questa uscita informandoci in anticipo su quali potessero essere i luoghi effettivamente accessibili, pur non essendo chiaramente esplicitato sul sito dedicato. Selezionando accuratamente, siamo riusciti a ritenere adeguati cinque eventi fra gli undici presentati.
Per quanto riguarda l’esposizione al MAMBO abbiamo riscontrato dei limiti dal punto di vista strutturale: la posizione delle cornici era troppo alta per chi le guardava dalla carrozzina, per alcuni di noi le teche con le fotografie erano irraggiungibili per la loro altezza, le luci non consentivano una visione chiara, le porte di ingresso non essendo automatiche non ci consentivano l’ingresso in autonomia.
Anche dal punto di vista dei contenuti, non mancano i problemi di accessibilità: i sottotitoli erano troppo veloci nei video, le didascalie non erano possibili da leggere.
Parlando delle mostre a Palazzo Fava, l’entrata ha presentato degli ostacoli, come l’accesso all’ascensore limitato dai frigoriferi della pasticceria dalla quale si entra, oltre al fatto che l’ascensore fosse molto piccolo e molto veloce nell’apertura e nella chiusura delle porte. Le fotografie erano allestite in maniera non del tutto accessibile a causa della loro disposizione in entrambe le esibizioni.
Per concludere la nostra uscita in bellezza abbiamo fatto ritorno verso Via Don Minzoni per un pranzo tra colleghi all’” Ex Forno MAMbo”. Carbonara ottima e servizio cordiale, anche se dal punto di vista dell’accessibilità ci sarebbe da migliorare: purtroppo non sono presenti servizi igienici attrezzati e i tavoli non consentono alle carrozzine di infilarsi agevolmente in alcuni punti.
Nel libro “IL PILASTRO, storia di una periferia nella Bologna nel dopoguerra”, Giovanni Cristina scrive: “Il Villaggio del Pilastro è un complesso di edilizia pubblica sorto negli anni ’60 all’estrema periferia nord-orientale di Bologna. Probabilmente noto al pubblico per essere stato accostato a episodi di criminalità, il Pilastro è stato rappresentato, spesso in maniera stereotipata, come un quartiere degradato, “meridionale” e pericoloso”. Rispetto agli anni ’60 sicuramente questo quartiere è molto cambiato, nonostante ciò, non nascondiamo che la prima volta che abbiamo visto lo spazio che ci avevano assegnato da Acer in via d’annunzio 19/a, a primo impatto abbiamo pensato: “Ma dove siamo capitati!?”. Questo era il 2018. Ora siamo nel 2021 e questo “dove siamo capitati”, letto inizialmente in modo negativo, per noi si è trasformato in un’occasione per rivalutare la PILA, così battezzata dal nostro gruppo, e la zona in cui si trova. Noi siamo il Gruppo Calamaio, formato da educatori e animatori con disabilità che lavora con le scuole di ogni ordine e grado, per sensibilizzare bambini, ragazzi e adulti al tema della disabilità, diversità e inclusione. I nostri incontri sono caratterizzati da grande entusiasmo e carica. Da qui nasce il nome LA PILA, intesa come una batteria carica e per noi quel luogo era pieno di energia da sfruttare. Per questo nel 2019 ci siamo insediati stabilmente e abbiamo iniziato a vivere quel luogo abitato da culture diverse. “LA PILA, una carica di diversità”, questo il nome completo di questo progetto, si pone l’obiettivo di avere uno spazio inclusivo e di condivisione sociale e culture con il territorio. Rivolto a bambini, adolescenti, adulti e anziani. Uno spazio si inclusivo e aperto, perché chiunque poteva e può entrare, incuriositi dalla nostra presenza e di quei personaggi diversi, per scambiare due chiacchiere, giocare, raccontare e ascoltare. Proprio da queste chiacchiere e interazioni sono nate idee per far si che questa “PILA” non smettesse mai di essere carica.
Purtroppo, a causa della pandemia, la nostra presenza alla PILA è stata interrotta a malincuore.
Nel mese di settembre 2020 abbiamo ricominciato a rivivere lo spazio, con un piccolo gruppo di educatori e animatori con disabilità, svolgendo laboratori di giardinaggio e relazione con cittadini, proponendo giochi e caffè (a volte salato!). Con l’arrivo dell’estate, con la fine della scuola e l’inizio dei campi estivi siamo riusciti a diventare un punto di incontro per i bambini e le loro mamme dei palazzi limitrofi, riuscendo a instaurare una relazione di scambio sociale e culturale. Da questi incontri è nata l’idea di provare a partecipare al Bando Bologna Estate 2021, con il desiderio di incontrare più bambini possibili. Il progetto “Una Pila di Gazebo” si è svolto nei pressi della Pila, nel parco Piazza Lipparini, con cadenza settimanale alternando varie attività come animazioni condotte dai nostri educatori e animatori con disabilità del Progetto Calamaio, incontri di rugby con l’associazione i “Cinghiali” e percorsi tematici sul territorio in collaborazione con le case di quartiere. Una volta al mese “Storie Per Tutti”, un progetto del Centro Documentazione Handicap, ha proposto letture accessibili per le famiglie e per i bambini di tutte le età. Collaborando insieme ai centri estivi delle cooperative “Quadrifoglio” e “Il Circolo La Fattoria” siamo riusciti ad accogliere un grande numero di bambini. Ricominciare a fare le attività del Calamaio per questi giovani protagonisti è stata per noi una grande soddisfazione dopo questi anni di pandemia e assenza dalle scuole.
Nel 2020 è nata una collaborazione con i ragazzi di Luna APS, grazie ai quali proponiamo attività di tempo libero rivolte a ragazzi e adulti con disabilità. Abbiamo proposto diversi laboratori: “Luna Sfuocata”, incentrato sulla fotografia; “Luna Tattoo”, laboratori di disegno con la presenza di tatuatori professionisti e il mitico “Luna Spritz”, aperitivi a base di Spritz, musica e balli aperti alla comunità. Queste attività hanno portato ulteriore vita alla zona nei pressi della Pila, riuscendo anche in questi casi a interagire con i bambini e le loro famiglie, creando una piacevole atmosfera di gioco e scambio reciproco.
Il Centro Documentazione Handicap e la Pila ovviamente non si fermano qui e continueranno a essere presenti sul territorio Pilastro portando quello che sanno fare meglio: inclusione giocando e divertendosi!
Giovedì 21 ottobre abbiamo avuto il piacere di incontrare Elena Rasia e Margherita Pisani, le protagoniste del progetto Indi Mates, un’esperienza di vita indipendente nella città di Bologna nata da un annuncio Facebook nel quale Elena ricercava una persona con cui andare a convivere. La particolarità che rende questa storia diversa dalle altre è che Elena è una ragazza in carrozzina che viveva in una frazione di Marzabotto, quindi lontana dal centro e dalla vita che sognava, limitata nella libertà di scelta a causa delle difficoltà di movimento che comporta vivere in una zona di montagna, diventando “vittima” dell’organizzazione dei genitori.
Questa esperienza nasce da qui, da un’esigenza che conosciamo molto bene, la voglia di uscire di casa e di essere indipendenti. Indi Mates infatti è un progetto di convivenza, Elena non cercava un’amica ma una coinquilina che potesse aiutarla in orari prestabiliti in cambio di alloggio; infatti questa situazione è anche a vantaggio di Margherita, la quale non paga l’affitto, andando così incontro anche alle sue esigenze risolvendo uno dei grandi problemi della città metropolitana di Bologna, la ricerca di una casa.
Ovviamente non è tutto rose e fiori e anche in casa Indie Mates si litiga e si discute. Le ragazze ribadiscono l’importanza del rispetto degli spazi e del saper riuscire a capire quando è il caso di disturbare o meno l’altra persona. Un incontro di grande intensità che ha portato i nostri animatori a diversi dubbi e riflessioni sull’argomento:
“L’incontro con Elena e Margherita è stato parecchio interessante e mi ha colpito molto la determinazione di Elena, una spinta a fare di più. Però ovviamente ogni situazione è soggettiva e avrà bisogno un percorso diverso: per esempio ora non posso permettermi di pagare un affitto… figuriamoci due! Come fare? prima il lavoro e poi la casa, penserò a come risolvere tutto passo dopo passo”
CAMILO DE LA CRUZ, animatore del Gruppo Calamaio
“È stato molto stimolante perché mi ha dato molti spunti interessanti e mi ha fatto conoscere un modo per riuscire a cercare una casa e vivere da sola. Penso che sia un’esperienza fantastica e che Elena sia una persona molto forte e coraggiosa, determinata a raggiungere i suoi obiettivi. Personalmente mi frena la paura del nuovo, sono sempre stata abituata a essere assistita dai miei genitori e non ho mai fatto un esperienza fuori casa, ma sto cominciando ad incuriosirmi sempre di più..”
Volo con te è un libro-progetto che apre un dialogo tra generazioni e stimola la crescita personale e relazionale di tutti, promuovendo la consapevolezza e la libertà di scelta, temi cari a BET SHE CAN.
BET SHE CAN è un progetto che si rivolge in particolare alle bambine e alle ragazze nella fase della preadolescenza – tra gli 8 e i 12 anni – con l’obiettivo di accompagnarle nel loro percorso di crescita attraverso strumenti di supporto allo sviluppo della consapevolezza di ciò che sono (talenti e potenzialità) e di ciò che vogliono essere, fino alla libertà nelle loro scelte e azioni.
La storia, coinvolgente ed emozionante, pensata da Sabina Colloredo e accompagnata dalle sgargianti illustrazioni di Marco Brancato, racconta di due amiche che partono per un viaggio alla ricerca di Diego e che in realtà, attraverso questa ricerca, entrano in contatto con la profondità di se stesse. Lungo il cammino troveranno sorprese e ostacoli che si riveleranno fattori determinanti per il loro percorso di crescita.
Volo con te, nato anche dalle riflessioni e dall’ascolto dei vissuti dei due focus group che hanno coinvolto genitori e bambini, è stato prodotto in collaborazione con la casa editrice Carthusia Edizioni.
Per questo progetto abbiamo collaborato insieme a Panta Rei, cooperativa che gestisce in convenzione con l’istituzione scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia quattro servizi educativi in città e il Servizio di Supporto alle Attività Pomeridiane (SAP) nei nidi a gestione diretta comunale. L’esperienza maturata in questi anni da Panta Rei, nasce da un’incubazione d’impresa quadriennale da parti di Reggio Children che negli anni di start up ha seguito insieme al Comune di Reggio Emilia la Formazione pedagogica e gestionale delle socie fondatrici.
il 7 e il 14 ottobre abbiamo incontrato due classi di quarta e quinta elementare del distretto del Pilastro, accogliendoli nella sala centrale del Centro Documentazione Handicap in via Pirandello 24.
Dopo la lettura del libro abbiamo cominciato a parlare di pregiudizi e stereotipi, delle etichette con cui di solito definiamo e categorizziamo le altre persone, spesso anche senza accorgercene. I bambini e le bambine delle classi che abbiamo incontrato ci hanno stupito riportando esperienze personali, andando a toccare nel vivo l’argomento, dimostrando come sia un tema che ci colpisce sin dalla tenera età e di quanto sia importante affrontarlo.
L’incontro si è concluso con la costruzione di un areoplanino di carta in cui bisognava scrivere sopra il proprio sogno cercando di svincolarsi dai limiti dettati dalla società in cui viviamo, per poi fargli prendere il volo… nella speranza che questa metafora si trasformi in realtà.
“Ma sapete da dove nascono gli stereotipi? Dalla paura, la paura del diverso e dell’ignoto che creano un’insieme di emozioni negative che si innescano quando ci si trova davanti a persone con caratteristiche differenti rispetto alle proprie, come il colore della pelle, il credo religioso o l’orientamento sessuale.”
Per l’evento “Estate al pilastro: Una pila di gazebo”, il Centro Documentazione Handicap/Cooperativa Accaparlante ha deciso di rendere più divertente la nostra estate insieme ad altre associazioni del territorio: l’associazione sportiva di rugby I Cinghiali, il circolo La Fattoria, l’associazione Senza il Banco e il gruppo aggregativo Bada bene. Così il Progetto Calamaio per luglio e agosto si sposta in Piazza Lipparini, vicino alla nostra seconda sede La Pila in via D’Annunzio 19/A, per proporre a bambine e bambini animazioni, giochi accessibili, storie per tutti e cacce al tesoro. Per incuriosirvi su quello che facciamo insieme, Tatiana Vitali, Lorella Picconi e Francesca Aggio raccontano di seguito alcune attività proposte negli ultimi incontri.
Noi educatori e animatori, insieme alle ragazze e ai ragazzi del Servizio Civile, abbiamo condotto le “Olimpiadi delle difficoltà” proponendo alcune attività piene di energia e positività ai bambini della fattoria didattica.
Una volta arrivati abbiamo montato la tenda col tavolo, aspettando che arrivassero i bambini con i loro educatori del Campo Solare. Come prima attività ci siamo presentati passandoci la ruota di una carrozzina e dicendo il nostro nome e piatto preferito, questo per far capire che la carrozzina può diventare un gioco e non solo un oggetto che può far paura. Inoltre, con questa presentazione abbiamo iniziato a conoscerci e a divertirci insieme.
Abbiamo proseguito facendo un gioco di movimento “Tutti quelli che…” nel quale gli animatori dicevano una frase che potesse accomunare alcuni dei partecipanti e così da formare gruppi sempre diversi. Dovevamo correre all’interno del cerchio e toccare la ruota. I ragazzi e le ragazze mentre partecipavano al gioco erano molto carichi!
Noi del Gruppo Calamaio siamo molto creativi, per questo abbiamo proposto un esercizio molto fantasioso e divertente. Abbiamo chiesto di disegnare, ma sperimentando tecniche nuove e utilizzando diverse parti del corpo: le dita della mano, le dita dei piedi, il gomito. Siamo ritornati tutti un po’ bambini.
Un altro gioco proposto è stato il “Bip Bop”. Le ragazze e i ragazzi dovevano dividersi in due squadre, una era quella del Bip e l’altra quella del Bop, e capire alcune frasi pronunciate da un animatore con difficoltà di linguaggio. Quest’attività vuole far capire che anche le difficoltà dell’animatore con disabilità possono trasformarsi in un gioco, ma soprattutto vuole mettere in evidenza l’importanza dell’ascolto. Inoltre, spesso i bambini si trovavano a dover chiedere all’animatore con disabilità di ripetere più volte la stessa frase e, infine, dovevano toccare il suo ginocchio per sconfiggere, quindi, il timore del contatto fisico. In questo gioco c’è stata anche una bellissima competizione perché tutti volevano vincere!
Il gioco finale è stato lo “Smonta e rimonta”: le bambine e i bambini dovevano dividersi in due squadre, una doveva smontare e l’altra doveva rimontare la carrozzina. Una volta aver rimontato e aver preso confidenza con questo ausilio, abbiamo invitato il gruppo a fare il collaudo come se fosse una macchina. Tra percorsi e gincane, ognuna ed ognuno di loro ha sconfitto la paura della carrozzina che anche in questo caso è diventata un gioco divertente e non un oggetto così strano.
In un’altra giornata, noi animatori ed educatori abbiamo pensato di far conoscere ai bambini la storia tratta dal libro “Re 33 e i suoi 33 bottoni d’oro” di Claudio Imprudente, mettendola in scena con costumi e canzoni. Siamo riusciti a mantenere alta l’attenzione dei bambini e questo ci rende molto orgogliosi. Sapere di incuriosire i bambini quando rispondiamo alle loro domande o quando parliamo della nostra disabilità in modo semplice e comprensibile, ci rende molto fieri del nostro ruolo di animatori e animatrici.
Sperando che questo racconto vi sia piaciuto, vi aspettiamo tutte e tutti ai prossimi incontri che potete trovare nel calendario al link seguente: