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Mese: Giugno 2017

Un tuffo nel Calamaio

Estate, si sa, significa mare, spiaggia e divertimento. E chi resta a casa? Niente paura. L’inchiostro del Calamaio non va in vacanza. Anzi, si popola di creature straordinarie pronte a farvi trascorrere dei momenti indimenticabili. Da quest’anno, infatti, le attività del gruppo si sono arricchite di una nuova proposta: giochi di riscaldamento e di ruolo, letture animate, laboratori e canzoni rivolte ai bambini dei centri estivi di Bologna e provincia. Le attività, adattate a seconda dell’età dei partecipanti, vi permetteranno di trascorrere una giornata al CDH, per sperimentare una realtà diversa dal solito. Gli educatori e gli animatori disabili vi faranno conoscere storie divertenti, cantare seguendo il ritmo della chitarra e macchiare di tutti i colori dell’arcobaleno. Insomma, scoprirete cos’è la diversità!

Il progetto ha preso ufficialmente il via lo scorso martedì, quando gli spazi del Centro sono stati “esplorati e conquistati” da un gruppo di 52 bambini del centro estivo della Montagnola di Bologna. Bip-Bop, smonta e rimonta la carrozzina, gimcana a quattro ruote e tanto altro ancora hanno impegnato i nostri giovani “viaggiatori” alla scoperta della disabilità. Andrea, un animatore con deficit motorio, li ha subito accolti con una domanda: «voi lo sapete come mai la nostra Cooperativa si chiama Accaparlante? Perché l’H è una lettera muta!». E voi sapreste rispondere? Venite a conoscerci, non ve ne pentirete!

Il grande gioco inclusivo

Lo scorso week end abbiamo partecipato ad un evento molto speciale, dedicato alle persone, alle comunità e agli spazi locali: la Biennale di Prossimità. Con altre realtà provenienti da tutta Italia, siamo stati protagonisti della tre giorni bolognese, che quest’anno ha festeggiato la seconda edizione. Si è parlato di cittadinanza attiva, disabilità, aggregazione, imprenditorialità sociale e tanto altro. Venerdì pomeriggio e sabato mattina i nostri colleghi Luca e Giovanna hanno rappresentato l’associazione ai tavoli di discussione organizzati all’Urban Center in Sala Borsa. Sabato pomeriggio, invece, un gruppo di educatori, animatori con disabilità e volontari ha organizzato un grande gioco al Portico dei Servi, con l’obiettivo di coinvolgere quante più persone possibili in un’esperienza inclusiva. Come ci siamo riusciti? Parola d’ordine: niente regole, o meglio regole “work in progress”.

L’attività che abbiamo proposto a tutti i partecipanti è stata quella della palla-strada. Le due squadre, improvvisate tra i passanti, avevano a disposizione una palla per fare goal nella porta avversaria. Fin qui tutto normale, direte voi. Ma con noi niente è mai come sembra. Nel corso della partita, infatti, Tristano, il conduttore del gioco, si è divertito a mescolare un po’ le carte, inventando nuove regole in base al contesto. La nostra Stefania Mimmi, per esempio, capitanata da Giulia, è stata subito reclutata come portiere. Riuscite ad immaginarvi un lancio ad effetto che passi attraverso le ruote di una carrozzina?

L’obiettivo del gioco era proprio questo: coinvolgere e divertire tutti in modo attivo, valorizzando le qualità positive di ognuno. L’avrete capito, ormai, la nostra specialità è proprio questa: mischiarci, macchiare e scambiarci i ruoli l’uno con l’altro. Vi abbiamo incuriosito ma non siete riusciti a partecipare? Vi aspettiamo tra due anni alla prossima edizione della Biennale di Prossimità, per un’esperienza sempre più inclusiva! Da provare!

Vi lasciamo con una poesia nata dalle parole dei protagonisti stessi dell’evento, mentre riflettevano sul tema della disabilità e sulle sue connessioni con l’idea di prossimità.

«L’eccitazione del Possibile
Ogni cautela è lasciata
Qui si osa
l’eccitazione del Possibile
La Parola si affida al Simbolo
che supera l’Ostacolo
Il salto con l'asta
Il volo di maggio
che fa volare
i petali di rosa
dimenticato sull’asfalto
Aspettami
anzi vieni qui
Il Segreto del Tempo
ci sta chiamando»

Laura Coghi

Quando il bene entra in gioco…

Quest’anno, come di consueto, la grande famiglia del Calamaio si è arricchito di tante nuove collaborazioni. Nel corso dei mesi, ha potuto contare sul contributo di volontari, stagisti e giovani educatori desiderosi di partecipare alle attività del gruppo. Al termine del suo percorso Silvia, una giovane studentessa di pedagogia, ha deciso di congedarsi con una riflessione dedicata a tutti coloro che l’hanno accolta, accompagnata e sostenuta in quest’esperienza. Preparate il fazzoletto, perché – diciamo la verità – a noi una lacrimuccia l’ha fatta scendere. 

«L’altro giorno stavo riflettendo sulla parola BELLEZZA e mentre ripetutamente la recitavo nella mia testa, mi accorsi che stavo pensando a voi. Etimologicamente parlando la parola bellezza significa: qualità di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima, è da questo che si genera connessione tra l’idea di bello e quella di bene. Ecco, sta tutto lì…lì in quella connessione fra bello e bene. Non è forse vero che se proviamo del bene nei confronti di una persona a noi cara, automaticamente ai nostri occhi risulta bella? Mi viene da pensare a una mamma e un papà con il proprio bambino, a due ragazzi che si amano, a due genitori, agli amici. Quando il bene entra in gioco e sprigiona la sua forza è in grado di valicare ogni ostacolo, anche quello fisico. Ebbene eccomi qui che scrivo a voi per ringraziarvi di tutto, perché quel bene di cui parlavo prima è subito entrato in azione e ha distrutto piano piano tutte quelle barriere che ci impediscono di vedere l’altro da un’altra prospettiva. Quel paio di occhiali che indossavo ad una sola gradazione, piano piano hanno iniziato ad andare oltre, per prima cosa cambiando montatura, poi provando lenti differenti, infine sono andati in profondità, valicando le cornici del superfluo e del superficiale ed è proprio in questa profondità che ho scoperto voi: una grande equipe che mi ha accompagnata, che ha lasciato un segno, posizionandosi nel mio cuore nella sezione “ricordi più intimi e preziosi”.
Grazie perché ognuno di voi è stato importante in questo mio percorso e mi avete insegnato tanto, molto più di tutti i libri letti e studiati finora. Volevo lasciarvi con queste righe scritte da un professore…righe illuminanti, che ho sempre riletto nei momenti difficili perché danno forza e speranza a tutti gli educatori un po’ addormentati o frustrati, a coloro che hanno perso la voglia di lottare e di mettersi in gioco, a chi si è fermato anche solo per un po' e a chi per sempre.
L’ “educatore dell'oltre” è in grado di coltivare il senso della propria “eccezionalità” e “irripetibilità”, evitando che esse vadano a discapito dei sentimenti e dei vissuti di eccezionalità e irripetibilità dei soggetti ai quali si rivolge. Egli sa cogliere il valore della propria differenza, senza spezzare i legami con il contesto sociale, consapevole che la persona può essere rispettata solo se, all’interno delle organizzazioni e dei contesti di cura, vige anche una cultura del rispetto reciproco che consenta agli operatori di concentrarsi realmente sui loro interlocutori, anziché piegarsi su di sé. L'educatore dell'oltre è “incompiuto e connesso con il mondo”, sa mettersi in ascolto più che fungere da modello e, quand'anche i suoi modelli vengano veicolati e proposti con forza, egli sa che devono poter essere rifiutati. L’educatore dell'oltre educa e vive con lo sguardo rivolto oltre questi ripari, perché l'educazione sia anche rifugio, non solo rifugio, anche dipendenza, non solo dipendenza, anche errore, non solo errore: apertura a un mondo, nel quale la paradossalità possa essere sciolta, perché esso offre, finalmente, più di una via d'uscita.

Un abbraccio a tutti voi animatori…unici e irripetibili. Vi voglio bene».

Silvia