Come un’amazzone. Racconto di un incontro al Museo Civico Archeologico di Bologna
Una domenica che non dimenticheremo quella passata con il Progetto Calamaio al Museo Civico Archeologico di Bologna!
L'occasione è stata una formazione co-condotta dai nostri educatori e dal Museo, nata nell’ambito del progetto Cultura Libera Tutti e rivolta ad un pubblico adulto.
A partire da una visita guidata sull’iconografia della ceramica attica abbiamo aperto insieme ai presenti una bellissima discussione sul tema della diversità, soffermandoci sui pregiudizi e sulle credenze che nel corso della storia ne hanno condizionato immagine e rappresentazione.
Ecco il punto di vista di Tatiana Vitali, educatrice e animatrice con disabilità, che insieme alla collega Lucia Cominoli e all'educatrice museale Anna Dore ha partecipato alla conduzione del percorso:
“Entrare nei teatri e nei musei con il progetto Cultura Libera Tutti per me vuol dire sempre avere l’opportunità di conoscere e di farmi conoscere. Essendo ipovedente per esplorare i musei, e il Civico Archeologico in particolare, ho in genere bisogno di un aiuto in più perché i vasi greci su cui si concentra la prima parte della nostra animazione non sono per me facili da visualizzare.
Vivere l’atmosfera del museo equivale in questo caso per me a immergersi in un’atmosfera apparentemente un po’ scura, perché il legno delle teche e la scarsa illuminazione in principio non aiutano. Ben presto però tutto questo diventa un viaggio nella storia che per me passa soprattutto attraverso il racconto, grazie alle parole della nostra inseparabile guida, Anna Dore, che in questo luogo ci ha insegnato ad orientarci e a interpretare le bellissime opere che qui sono custodite, in particolare le figure ritratte sui vasi dell’Atene del V sec. A.C.
Io non conoscevo il mondo dell’antica Grecia, ma sono curiosa e mi piace imparare cose nuove. Mi piace soprattutto scoprire che in quello che incontro ci possono essere dei legami con quello che sono.
Io sono una persona a cui per esempio piace andare a cavallo e non mi aspettavo di trovare tra quei vasi una cavallerizza diversa da tutto quello che rappresentava il mondo che abbiamo definito scherzosamente “il club degli Ateniesi”: tutti belli, forti, tutti uguali e soprattutto tutti maschi, a cui allora spettava il diritto di occuparsi e discutere di politica, di filosofia o di strategie legate alla guerra e ai combattimenti.
In questo ambiente gli uomini uscivano, si occupavano delle cose del mondo. Le donne stavano nelle case, come serve o ad amministrarne la gestione domestica.
In questo caso invece con le Amazzoni, ecco il nome delle misteriose cavallerizze, tutto veniva ribaltato, le donne avevano scelto di stare fuori da questi schemi, guerriere che abitavano le distese aperte della Scizia, così come, ci ha raccontato Anna Dore, dicono le fonti classiche.
Anch’io, come le Amazzoni, uso il cavallo come spazio di libertà e nello stesso tempo mi sento in sicurezza, con Romina, la mia fedele compagna di avventure, c’è un rapporto di grande fiducia, lei mi aiuta a fare cose che non avrei mai pensato di fare mentre io collaboro alla sua cura, strigliandola, coccolandola e dandole da mangiare le carote di cui va ghiotta e che riesco a tenere in mano, a differenza delle mele.
Mi sono sentita amazzone anche quando, durante l’attività che abbiamo proposto al pubblico dopo la visita, si è attivato un bellissimo confronto sul tema diversità, che mi ha caricato di grande energia. Io e Lucia, la collega che ha condotto l’incontro con me, siamo state fortunate nel trovare davvero un bel gruppo di interlocutori. Mi è capitato persino di scegliere per caso come volontaria una signora australiana che come me aveva delle difficoltà di linguaggio, il che si è subito trasformato in un’occasione di gioco e di conoscenza reciproca.
La cosa che mi ha sorpreso di più è che il pubblico quando ha dovuto stabilire in che cosa io e la nostra compagna improvvisata eravamo diverse non ha parlato della mia disabilità ma di quanto io fossi più chiacchierona!
Da lì è stato facile partire per parlare di specchi, intercultura e i significati nascosti nelle parole deficit e handicap tra domande, battute e curiosità che mi hanno molto divertito".
Un percorso nell’inaspettato, per imparare che anche in ciò che non conosciamo e in chi è diverso da noi, proprio come nel "club degli Ateniesi" erano ritenuti le donne, i barbari e gli anziani, si nascondono spesso cose che ci riguardano da vicino: difficoltà, risorse, dignità e bellezza.
"Chissà, forse è per questo-conclude Tatiana-che a chi partecipava ai simposi specchiarsi in un kylix colmo d'acqua e vino faceva così paura".
Ecco uno dei tanti segreti racchiusi nei vasi greci… Basta uno sguardo e anche la diversità si trasforma in uno strumento di cultura e di sapere!