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Autore: Progetto Calamaio

Come un’amazzone. Racconto di un incontro al Museo Civico Archeologico di Bologna

Una domenica che non dimenticheremo quella passata con il Progetto Calamaio al Museo Civico Archeologico di Bologna!

L'occasione è stata una formazione co-condotta dai nostri educatori e dal Museo, nata nell’ambito del progetto Cultura Libera Tutti e rivolta ad un pubblico adulto.

A partire da una visita guidata sull’iconografia della ceramica attica abbiamo aperto insieme ai presenti una bellissima discussione sul tema della diversità, soffermandoci sui pregiudizi e sulle credenze che nel corso della storia ne hanno condizionato immagine e rappresentazione.

Ecco il punto di vista di Tatiana Vitali, educatrice e animatrice con disabilità, che insieme alla collega Lucia Cominoli e all'educatrice museale Anna Dore ha partecipato alla conduzione del percorso:

“Entrare nei teatri e nei musei con il progetto Cultura Libera Tutti per me vuol dire sempre avere l’opportunità di conoscere e di farmi conoscere. Essendo ipovedente per esplorare i musei, e il  Civico Archeologico in particolare, ho in genere bisogno di un aiuto in più perché i vasi greci su cui si concentra la prima parte della nostra animazione non sono per me facili da visualizzare.

Vivere l’atmosfera del museo equivale in questo caso per me a immergersi in un’atmosfera apparentemente un po’ scura, perché il legno delle teche e la scarsa illuminazione in principio non aiutano. Ben presto però tutto questo diventa un viaggio nella storia che per me passa soprattutto attraverso il racconto, grazie alle parole della nostra inseparabile guida, Anna Dore, che in questo luogo ci ha insegnato ad orientarci e a interpretare le bellissime opere che qui sono custodite, in particolare le figure ritratte sui vasi dell’Atene del V sec. A.C.

Io non conoscevo il mondo dell’antica Grecia, ma sono curiosa e mi piace imparare cose nuove. Mi piace soprattutto scoprire che in quello che incontro ci possono essere dei legami con quello che sono.

Io sono una persona a cui per esempio piace andare a cavallo e non mi aspettavo di trovare tra quei vasi una cavallerizza diversa da tutto quello che rappresentava il mondo che abbiamo definito scherzosamente “il club degli Ateniesi”: tutti belli, forti, tutti uguali e soprattutto tutti maschi, a cui allora spettava il diritto di occuparsi e discutere di politica, di filosofia o di strategie legate alla guerra e ai combattimenti.

In questo ambiente gli uomini uscivano, si occupavano delle cose del mondo. Le donne stavano nelle case, come serve o ad amministrarne la gestione domestica.

In questo caso invece con le Amazzoni, ecco il nome delle misteriose cavallerizze, tutto veniva ribaltato, le donne avevano scelto di stare fuori da questi schemi, guerriere che abitavano le distese aperte della Scizia, così come, ci ha raccontato Anna Dore, dicono le fonti classiche.

Anch’io, come le Amazzoni, uso il cavallo come spazio di libertà e nello stesso tempo mi sento in sicurezza, con Romina, la mia fedele compagna di avventure, c’è un rapporto di grande fiducia, lei mi aiuta a fare cose che non avrei mai pensato di fare mentre io collaboro alla sua cura, strigliandola, coccolandola e dandole da mangiare le carote di cui va ghiotta e che riesco a tenere in mano, a differenza delle mele.

Mi sono sentita amazzone anche quando, durante l’attività che abbiamo proposto al pubblico dopo la visita, si è attivato un bellissimo confronto sul tema diversità, che mi ha caricato di grande energia. Io e Lucia, la collega che ha condotto l’incontro con me, siamo state fortunate nel trovare davvero un bel gruppo di interlocutori. Mi è capitato persino di scegliere per caso come volontaria una signora australiana che come me aveva delle difficoltà di linguaggio, il che si è subito trasformato in un’occasione di gioco e di conoscenza reciproca.

La cosa che mi ha sorpreso di più è che il pubblico quando ha dovuto stabilire in che cosa io e la nostra compagna improvvisata eravamo diverse non ha parlato della mia disabilità ma di quanto io fossi più chiacchierona!

Da lì è stato facile partire per parlare di specchi, intercultura e i significati nascosti nelle parole deficit e handicap tra domande, battute e curiosità che mi hanno molto divertito".

Un percorso nell’inaspettato, per imparare che anche in ciò che non conosciamo e in chi è diverso da noi, proprio come nel "club degli Ateniesi" erano ritenuti le donne, i barbari e gli anziani, si nascondono spesso cose che ci riguardano da vicino: difficoltà, risorse, dignità e bellezza.

"Chissà, forse  è per questo-conclude Tatiana-che a chi partecipava ai simposi specchiarsi in un kylix colmo d'acqua e vino faceva così paura".

Ecco uno dei tanti segreti racchiusi nei vasi greci… Basta uno sguardo e anche la diversità si trasforma in uno strumento di cultura e di sapere!

 

 

 

 

 

Cultura Libera Tutti al Museo del Patrimonio Industriale

Inevitabile aprirsi alle nozioni di Fisica se ci si reca al Museo del Patrimonio industriale, dove la curiosità finisce col fare da traino centrale per spalancare la propria mente alla conoscenza di mezzi di locomozione semplici, come la bicicletta, o più complessi, come l’automobile. Niente paura però, la Fisica di cui si è parlato, è stata molto basilare e pratica, adatta a studenti di seconda media.

La ruota è alla base della maggior parte dei mezzi di trasporto, per rendere più agevole e meno dispendioso l’utilizzo di qualsivoglia fonte di energia. Chiunque può, infatti, cimentarsi nell’utilizzo di una ruota, scoprendo come essa può restare in equilibrio solo se fatta roteare in avanti con una spinta energica.

Tra le tante ruote presenti nel museo, quella mattina se ne aggiungevano quattro particolari. Infatti alla domanda rivolta agli studenti circa la presenza di ruote nel luogo di incontro tra il gruppo Calamaio, gli operatori del museo e la classe della Scuola Garibaldi di Altedo, scendeva un’attenta e “imbarazzante” osservazione da parte di tutti.

Si trattava della carrozzina dell’animatore con disabilità Mario, che con sfrontata baldanza ne approfittava per fare uno “sfacciato” giretto attorno alla piccola sala, spezzando così qualsiasi primissima forma di imbarazzo. In alcuni ragazzi si accendeva un primo sorriso sincero.

Iniziava, così, quel cambiamento di prospettiva nell’osservazione di tutto ciò che ci circondava. Questo è infatti l’obbiettivo del Percorso “Cultura Libera Tutti”, aprire la mente verso realtà palesi ma non osservate criticamente, perché date inconsapevolmente per scontate. Linguaggi apparentemente lontani e diversi fra loro, come quello della diversità e della scienza, possono coniugarsi alla perfezione, scoprendo così realtà che ci sono sotto al naso e che non guardiamo con occhio più profondo e critico.

Questo aspetto è stato poi analizzato più in profondità nel secondo incontro a scuola ad Altedo, dove i ragazzi hanno avuto modo di sviluppare proprie valutazioni attente e mirate. Il gioco di ruolo è stato il veicolo che ha permesso a tutti di calarsi, in prima persona, in un soggetto in chiara difficoltà di comunicazione. Le strategie messe in atto hanno permesso di vedere ogni cosa da un punto di vista del tutto diverso e alternativo. Era stato il LA per unire le esperienze del primo incontro al museo con quelle in classe. Per superare ogni ostacolo o barriera bisogna innanzitutto calarsi nelle difficoltà (handicap) e ideare e sperimentare soluzioni adatte attraverso il pensiero creativo. La voglia di mettersi in gioco e sperimentarsi è alla base di ogni processo di ricerca di soluzioni sempre più ricche e precise.

Alla prima coppia che si è cimentata nel gioco di ruolo ne sono seguite altre, spinte dalla convinzione di fare meglio, proprio come chi ha inventato la prima ruota è stato poi superato da chi ne ha trovato uno stile e una forma migliori, in un iter evolutivo e migliorativo.

La diversità e l’handicap troveranno soluzioni nuove e sempre più adeguate solo con la messa in gioco, la sperimentazione e l’allenamento. È un percorso infinito e per questo affascinante e coinvolgente.


 

Oltre la copertina – Gli studenti delle Saffi traducono Anna Frank

 

Io amo i beni culturali è un concorso di idee per la valorizzazione i beni culturali rivolto alle Scuole Secondarie di 1° e 2° grado e ai Musei, agli Archivi e, per la prima volta da quest'anno anche alle Biblioteche dell’Emilia-Romagna.

Nell'anno 2016/2017 anche la biblioteca del CDH ha presentato un progetto insieme all'Istituto Comprensivo 11 e, in particolare, alle Scuole Medie Saffi del Quartiere S.Donato e S.Vitale di Bologna.

Il progetto Oltre la copertia. L’accessibilità alla lettura come strumento di comprensione della realtà intende valorizzare la come luogo non solo di fruizione della lettura ma anche di incontro, relazione e creazione di libri.

Attraverso il coinvolgimento degli studenti di alcune scuole dell'IC 11, insieme agli animatori del Progetto Calamaio si prevede la realizzazione di alcuni libri modificati tradotti con il linguaggio in simboli.

Un momento della traduzione
 

I libri  tradotti e altri testi accessibili – libri cioè impaginati e scritti con caratteri che facilitano la lettura a persone con DSA, libri tattili o silent book – saranno il primo nucleo di uno Scaffale dei libri accessibili che verrà realizzato all'interno della scuola e coordinato direttamente dalla Biblioteca del Centro Documentazione Handicap. Sarà così più facile per gli studenti prendere in prestito i libri ma anche prendere confidenza con un luogo spesso per loro inaccessibile perché carico di pregiudizi.

Gli studenti al lavoro
 

Il diario di Anna Frank

Gli studenti delle terze hanno partecipato a un laboratorio settimanale pomeridiano durante il quale  hanno appreso a usare il programma SymWriter e successivamente hanno tradotto, velocemente e con grande competenza, alcune lettere di Anna Frank.

Durante il laboratorio di arte realizzato a scuola sono state anche preparate delle illustrazioni originali che accompagneranno i testi.

 

Il GGG

Gli studenti delle prime e delle seconde, invece, hanno tradotto una sintesi del GGG di Rolad Dahl realizzata dagli studenti della classe V della Scuola Primaria Romagnoli.

Sara spiega come funziona la scrittura in simboli

Il progetto si concluderà a maggio quando verrà inaugurato lo Scaffale dei libri accessibili a scuola e presentato il progetto alla cittadinanza presso Sala Borsa con un evento aperto che vedrà il coinvolgimento di tutti gli studenti che hanno participato alle diverse attività.

 

 

 

Il Progetto Calamaio a Correggio grazie al Trocia Beach

A Correggio, in una tranquilla giornata di novembre, la 3^A della Scuola Primaria S.Francesco d’Assisi era pronta ad incontrare il gruppo Calamaio di Reggio. E Tristano e Stefania arrivati come un tornado in piena estate, hanno coinvolto i bambini e le bambine per diventare insieme protagonisti di un insolito ma gioioso incontro.

Chi sono Tristano e Stefania, vi chiederete voi?

Un «omone alto e di bell’aspetto» e una ragazza «bella, dai capelli mori, gli occhi marroni e il viso sorridente», così come qualcuno li ha definiti.

Una maracas come microfono,

una giacca come astronave e

una valigia di costumi colorati:

con l’aiuto di questi oggetti il gruppo ha iniziato un viaggio nell’universo per scoprire la diversità.

«Ma accidenti! Ci mancano i piloti! Tocca a voi bambini, siete pronti?».

E pronti lo erano davvero.

Sfida dopo sfida, fianco a fianco, eccoli in cabina di pilotaggio in partenza per una nuova avventura alla scoperta del significato di squadra: l'unione fa la forza, soprattutto quando rispetta le differenze!

Provetti meccanici… smonta e rimonta la carrozzina

 

Ma lasciamo ora la parola ai protagonisti che, ancora una volta, sono stati macchiati dall'inchiostro del Calamaio

Scuola Primaria “S. Francesco d’Assisi”

Classe 3^A  A. s. 2016-17

Il Progetto Calamaio

ci ha fatto riflettere su alcuni temi: ci ha macchiato.

Scrivi cos’hai capito, cos’hai imparato nei tre incontri con Tristano e Stefania.

– Non avevo mai avuto a che fare con una persona adulta, disabile e non avevo mai fatto un progetto come questo. Non ero mai salita su una carrozzina, spinta da qualcuno…

– Ho capito che macchiare una persona è una cosa bellissima; e questo lo so perché l’ho provato: macchiando di felicità e di benessere la mia amica, facendola andare sulla carrozzina di Stefania. Ho imparato che anche una persona in carrozzina può fare le cose che facciamo noi!

– Ho imparato che le persone disabili hanno, come noi, bisogno di amore, e forse anche di più…

– Ho capito che le persone in carrozzina, come Stefania, non vanno lasciate da parte; anzi, vanno prese a giocare con noi, perché, se hanno un sorriso e sono simpatiche, non conta se sono in carrozzina. E se qualcuno vuol diventare loro amico, nessuno glielo può impedire! Anche se lo prendono in giro solo perché ha un amico disabile, non conta, perché “Chi trova un amico, trova un tesoro!”.

– Ho imparato cosa vuol dire comunicare bene con le persone: vuol dire spiegare bene le cose, parlando piano.

– Ho capito che c’è da fidarsi degli altri, dare la fiducia. Io mi sono fidata dei miei compagni e ho dato loro la fiducia…

– Ho imparato che le persone in carrozzina possono fare cose che noi non riusciamo a fare; ho capito che la carrozzina era così comoda…!

La carrozzina può essere anche un gioco

– Nel primo incontro ho capito che è importante sapere o conoscere le preferenze degli altri; nel secondo ho capito che, anche se Stefania andava in carrozzina (e subito preferivo non starle vicino, ma poi ho scoperto che è una ragazza piena di talenti), mi ha insegnato che i disabili possono fare tutte le cose che facciamo noi… anche di più! Nel terzo incontro ho capito cosa vuol dire divertirsi insieme: provare la stessa emozione!

– Per essere veri amici bisogna essere altruisti…Anche l’amico più serio deve divertirsi, anche lui…Se fai un litigio, non prendertela.. anzi devi chiacchierare.. ma comunque devi sempre fare pace…Se un amico ti rompe per sbaglio una cosa, devi accettare le sue scuse, perché “Chi trova un amico, trova un tesoro”

– Ho imparato quanto sia importante il sentimento dell’amicizia…quanto è bello avere degli amici vicini, disposti anche ad aiutarmi nei momenti di difficoltà. Questi tre incontri mi sono piaciuti tanto, perché ho imparato cose nuove riguardo alla disabilità, e quanto sia importante aiutare, regalare un sorriso a queste persone.

– Ma le persone in carrozzina non devono essere lasciate da sole! Anzi, dobbiamo aiutarle a vivere e farle stare bene! I disabili non si devono prendere in giro, perché io sono fortunato mentre loro sono un po’ meno fortunati.

– Abbiamo anche imparato che le ragazze e i ragazzi disabili sono proprio speciali!!!

– Ho imparato cosa significa macchiare: significa… Io ti faccio conoscere qualcuno che non conosci…Ti macchio di benessere, di felicità, di allegria e di gioia…e ti faccio stare bene… Donare amore e tempo a una persona meno fortunata di me… Giocare con una persona, fare amicizia con una persona, non lasciare le cose a metà… Fare felici… Macchiare il cuore…Fare del bene alle persone… Invogliare le persone a fare il bene…Fare divertire tutti, stare tutti insieme… Aiutare le altre persone che non ce la fanno… Lasciare un segno d’amore e un gesto di amicizia… Essere una squadra!!!

-Quando Stefania ci ha dato la Macchia, mi sono emozionata! Io ho imparato cosa vuol dire Macchiare: vuol dire Lasciare l’impronta! Tristano e Stefania sono divertenti e io sono una bambina fortunata!

Arrivederci al prossimo anno!

 

L'incontro con la 3^A rientra in una serie di percorsi di animazione realizzati dal Progetto Calamio della Cooperativa Accaparlante, finanziato dal Trocia Beach di Correggio, torneo di beach-volley nato per ricordare Marco Ferrari e per sostenere la realtà di volontariato che lo ha assistito durante la malattia, l’Associazione correggese SIAMO CON TE e da qualche anno anche il Progetto Calamaio per la realizzazione di iniziative educative rivolte all'inclusione scolastica.

Trocia Beach 2016

Un giorno al CDH con i bambini della Scuola Tempesta

Un giorno al CDH è una delle nuove proposte del Progetto Calamaio.

Le classi possono venire in visita alla sede del Centro Documentazione Handicap di Bologna e partecipare a un'animazione condotta dall'équipe di animatori del Progetto.

Questa mattina sono venuti a trovarci i bambini della Scuola Primaria L. Tempesta del Quartiere San Vitale – San Donato di Bologna.

Nel grande salone i bambini sono stati accolti da Tiziana,  Stefania, Sara, Tristano e Roberto.

Tiziana e Sara si presentano
La presentazione, come sempre esuberanteha rotto il ghiaccio e ha permesso a tutti di sentirsi a proprio agio, superando il primo imbarazzo che sempre si prova quando si arriva in un luogo nuovo e si incontrano persone che non si conoscono.

"Che merenda hai portato?"

"Qual è il tuo personaggio di Star Wars preferito?"

"Per che squadra tifi?"

Queste alcune delle domande che i bambini oggi hanno posto a Sara e Tiziana prima di immergersi nel mondo delle storie animate di Libri come ponti.

Al centro dei nostri incontri ci sono infatti sempre i libri, le fiabe e i racconti, ponti che permettono di raggiungerci e arrivare insieme in un luogo fantastico dove tutto è possibile.

Tristano (il lupo) e Tiziana (la pecora) durante la drammatizzazione

Ecco allora che Tristano e Tiziana si sono trasformati in Alberto (il lupo) e Pegra (la pecora), protagonisti della storia In una notte di tempesta.

Dentro una grotta buia, per proteggersi da un temporale, i due animali si conoscono senza però riconoscere le loro differenze. Chiacchierano, si sostengono, si raccontano sogni e desideri. Insomma diventano amici.

Una volta finito il temporale, si salutano e si danno appuntamento per il giorno dopo. Per riconoscersi una frase chiave: In una notte di temporale!

Chissà cosa succederà quando scopriranno di essere così diversi, o, per meglio dire, nemici naturali. La loro amicizia sarà più forte dell'istinto?

Finita la drammatizzazione della storia, cerchiamo di rispondere a questa domanda e cominciamo a ragionare insieme: come il lupo e la pecora, anche a noi capita di conoscere qualcuno che reputiamo diverso. Cosa ci succede? Abbiamo paura oppure siamo incuriositi? 

Stefania conduce il gioco Uguali o Diversi

Stefania, Sara e Tiziana,  per esempio, ci appaiono un po' più diverse.

Eppure… Eppure bastano poche domande e scopriamo che a Stefania piace andare al cinema, a Tiziana nuotare e a Sara danzare. Insomma, sì diverse ma allo stesso tempo uguali!

 

Ti piacerebbe far vivere alla tua classe un’esperienza simile a questa?

Ti interesserebbe scoprire giochi didattici e ausili per il superamento degli handicap?

Pensi che i libri e la lettura siano strumenti di apprendimento e crescita e vorresti far scoprire ai bambini una biblioteca accessibile a tutti?

Contattaci!

Possiamo organizzare visite al CDH, durante le quali l’equipe di animatori del Progetto Calamaio proporrà al gruppo giochi, canzoni, letture e laboratori sui temi scelti insieme.

Per ulteriori info e prenotazioni: Sandra Negri–sandra@accaparlante.it e Roberto Parmeggiani-roberto@accaparlante.it

Benessere in classe e al parco con il Progetto Calamaio e Associazione d’Idee!

Che cosa c'entra la disabilità con la parola benessere? E soprattutto che cosa ha a che fare con il parco di Villa Spada di Bologna?

I bambini e ragazzi delle scuole Avogli, XXI Aprile, Guinizzelli e Bombicci lo hanno scoperto insieme ad Associazione d'Idee e agli educatori e animatori con disabilità del Progetto Calamaio attraverso “Corpo, movimento e relazioni”, un percorso realizzato all'interno del progetto "Le città sane dei bambini e delle bambine" patrocinato dal Comune di Bologna, Dipartimento Benessere di Comunità – Settore Salute, Sport e Città Sana. Il percorso in due tappe ha condotto le classi a esplorare i concetti di corpo e movimento in relazione alla percezione e allo spazio, alla conoscenza dell'altro da sé e al riconoscimento dei propri limiti e risorse.

Tatiana e Tristano a Villa Spada con i bambini delle Scuole Avogli
Ad aiutarli ci hanno pensato Tatiana, Francesca e Andrea, che, affiancati da Tristano, Roberto e Luca, hanno portato l'esperienza di chi con il corpo e il movimento si confronta ogni giorno su quattro ruote, ma anche a cavallo, in piscina e giocando a tennis, dando così spazio a domande, scoperte e curiosità. Ad arricchire la profondità degli incontri gli interventi dell'educatore Giacomo Busi e della psicologa Rosanna De Sanctis di Associazione d'Idee, che con la proposta di un interessante questionario ci hanno fatto riflettere sul tempo che nella vita di tutti i giorni riserviamo al camminare e allo sport, alla natura e agli animali e soprattutto alla condivisione di queste attività.

E così, dopo esserci conosciuti e guardati per bene allo specchio, eccoci pronti a indossare insieme giacche e scarponi per una bella camminata all'aria aperta, immersi nella natura!

Rosanna conclude la camminata al Museo Storico della Tappezzeria
Ascoltare odori e rumori, toccare piante, alberi e perché no il terriccio sotto i piedi, verificare insieme se con la carrozzina è possibile sfidare fango, sassi e salite, che cosa implica la fatica per chi sulla carrozzina viene sballottato e per chi la spinge, fino ad arrivare al Museo della Tapezzeria dove Rosanna e Giacomo ci hanno raccontato qualcosa della storia di questo bellissimo parco, che vorremmo fosse davvero più accessibile a tutti.

Che dire, insieme a voi ci siamo proprio divertiti! Ma per noi c'è ancora di più.

Come le parole di Andrea Mezzetti e Francesca Aggio, alla loro prima esperienza di animatori con disabilità in classe, che così hanno partecipato a questa grande prova, tra paure e imbarazzi e la sorpresa di quanto è bello potersi confrontare e giocare con chi di peli sulla lingua ancora non ne ha! Ecco che cosa ci hanno raccontato:

I bambini si sono relazionati subito bene sia con me che con la carrozzina e non ho percepito momenti di freddezza fra di noi, cosa che all'inizio temevo un po'.

Uno di loro a un certo punto mi ha chiesto: “ma tu hai la colonna vertebrale?” e poi ancora “mangi?”. Lì mi è venuto da ridere e ho capito che le persone a volte pensano che i disabili facciano delle cose diverse dagli altri, che abbiano cioè bisogni diversi. Ho spiegato loro che non è così, che le difficoltà che alcuni di noi hanno non sono per forza tutte, e nel farlo mi sono divertita. Mi ascoltavano attenti. Abbiamo fatto alcuni giochi…Mi ha fatto molto piacere che mi abbiano chiesto se faccio sport e quale, così ho potuto parlare del tennis, che pratico da qualche tempo. Come loro ho avuto modo di esporre qualche mia paura…Per esempio il parco, per loro l'idea della camminata che ci hanno proposto era un grande gioco, per me no, il parco non mi fa sentire indipendente, devo essere sempre guidata da qualcuno, quell'ampiezza di spazio, se sono da sola, mi disorienta e mi spaventa perché non so dove andare. Nonostante ciò ho capito che nel parco mi posso comunque muovere. Mi ha fatto piacere avere la libertà di esporre questa mia paura. Ho imparato che quando fai l'educatore si possono raccontare ai bambini delle cose vere.

Francesca

Francesca, ma tu giochi davvero a tennis?

Prima di entrare in classe mi tremava la gamba, mi succede sempre quando sono agitato. Che c…ci sto a fare qui, mi chiedevo. Sapevo però che non ero da solo e che sarei entrato in classe con Luca per fare lo stesso lavoro insieme. I bambini mi hanno subito chiesto come ero finito sulla carrozzina, una domanda per me molto dolorosa, a cui in genere rispondo male, alzando il medio, dato che non sono nato con una disabilità ma ho avuto un incidente. Non mi sento disabile, non vorrei esserlo, non amo apparire. Ho capito però che le loro domande erano molto sincere, i bambini non volevano offendermi, volevano solo conoscermi e sapere qualcosa in più su di me. E' chiaro che fare delle domande è il primo modo. Ho risposto, “a tono”, mi ha detto Luca, scherzando, spiegando loro con chiarezza quello che mi andava di raccontare. Mi sono trovato bene nel farlo e credo di aver lasciato loro qualcosa, spero. Mi sono anche divertito.

Sul movimento non ho grossi problemi, giro bene con la mia carrozzina elettrica e vado a cavallo. Uscito dalla classe mi sono fumato una sigaretta, in quel momento per me era benessere. All'aria aperta eh!

Andrea

 

 

 

 

 

Trent’anni e non sentirli…E poi?

E poi?

Dopo questo convegno,

dopo queste parole così significative,

dopo questi sguardi emozionati,

dopo tutti questi ricordi,

insomma dopo questi intensi 30 anni di vita,

cosa rimane?

Cosa ci resta ancora da fare dopo le migliaia di chilometri che ci hanno portato ad attraversare l’Italia e non solo per poi indossare un cappello da capotreno o una pelliccia bruna e puf! portare i bambini e i ragazzi nel paese in cui la diversità è anche divertimento… Quanti incontri potremmo ricordare, quanti disegni, quante lettere, quanti abbracci ma anche quante partenze all’alba e ritorni in tarda notte, pranzi o cene in autogrill e quante lacrime ed emozioni e… insomma migliaia di animazioni, frutto di un tempo lento e curato, necessario per condividere le riflessioni, le storie personali, i laboratori che sono alla base del percorso che ogni persona con disabilità ha affrontato e affronta con coraggio e determinazione per poter entrare a scuola come animatore. Quanti laboratori, confronti, programmazioni, cerchi della vita hanno contribuito a formare un gruppo educativo aperto e inclusivo, pronto a valorizzare le singole abilità.

Quali altri personaggi potremmo mai inventare oltre alla Mummia bendata, la Signora dei fiori e il giovane puledro, protagonisti delle storie e delle canzoni che abbiamo scritto e cantato (cantato?) ma anche ballato e diciamocelo, fatto un gran casino, non solo a scuola ma anche in biblioteca, in teatro, in comune, all’università, per strada… sporcare i contesti, rompere gli schemi e offrire nuovi orizzonti, ecco cosa può fare la disabilità.

C’è poi il lunghissimo elenco delle persone che hanno permesso al Progetto Calamaio di affermarsi come uno dei più rivoluzionari percorsi per l’integrazione. Se sono normali non li vogliamo, diciamo spesso. E in effetti se ci pensiamo bene temo proprio che sia così! La normalità non ci interessa, preferiamo la giustizia che non è dare a tutti la stessa cosa ma a ognuno ciò di cui ha bisogno.

Poi ci sono le macchie. Quelle sparse in giro u po’ ovunque e quelle ritrovate sul colletto di una camicia o attaccate alla ruota di una carrozzina, simbolo di incontri che lasciano il segno, di relazioni che modificano la percezione dell’altro, che permettono di superare stereotipi e pregiudizi provocando in tutti quel cambiamento che è alla base di un’inclusione reale.

Ecco dopo tutto questo cosa rimane ancora?

Facce, sogni, idee, desideri, silenzi, pensieri, dolori… insomma rimaniamo noi, creature straordinarie ancora capaci di seguire e lottare per realizzare ciò in cui crediamo, testimoni di questa storia ma anche protagonisti di questo presente

E poi? Poi rimangono

tanti bambini ancora da macchiare

tante insegnanti con cui inventare soluzioni

nuove sfide a cui appassionarsi

animatori da coinvolgere

contesti da modificare

pregiudizi e stereotipi da superare

E rimanete voi con cui condividiamo tutte queste emozioni,

tutta questa felicità

e, speriamo, anche i prossimi 30 anni!

Quindi, non ci resta che dire:

Buon compleanno Calamaio!

 

Il testo che avete appena letto, a cura di Roberto Parmeggiani, sono le parole con cui abbiamo scelto di concludere il nostro convegno "Sostenere il cielo", durante il quale il 3 dicembre 2016, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità abbiamo celebrato i trent'anni del Progetto Calamaio.

L'immagine del disegnatore Attilio Palumbo che abbiamo scelto per rappresentarci è quella che vedete qui sopra, un uccellino a zampette all'aria, un'immagine ma anche un titolo che prendono spunto da una fiaba africana dove un valoroso guerriero masai incontra un uccellino capovolto: all'inizio lo crede morto, poi gli chiede perché sta in quella posizione. L'uccellino risponde "Ho sentito dire che il cielo sta per cadere e io mi sto preparando per sostenerlo!". Il guerriero masai si butta per terra a ridere: "Come puoi sperare di sostenerlo tu con quelle zampette che sembrano degli stecchetti di paglia?". Il passerotto non cambia posizione ma risponde: "Io faccio del mio meglio, e tu cosa fai?".

Una domanda che rivolgiamo anche voi, per proseguire insieme altri trent'anni a favore di una cultura della diversità, dell'inclusione e di pace.

Ma non siete curiosi di sapere quando tutto è cominciato? Ve lo racconta qui il nostro Geranio Claudio Imprudente!