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Trent’anni e non sentirli…E poi?

| Progetto Calamaio |
Trent’anni e non sentirli…E poi?

E poi?

Dopo questo convegno,

dopo queste parole così significative,

dopo questi sguardi emozionati,

dopo tutti questi ricordi,

insomma dopo questi intensi 30 anni di vita,

cosa rimane?

Cosa ci resta ancora da fare dopo le migliaia di chilometri che ci hanno portato ad attraversare l’Italia e non solo per poi indossare un cappello da capotreno o una pelliccia bruna e puf! portare i bambini e i ragazzi nel paese in cui la diversità è anche divertimento… Quanti incontri potremmo ricordare, quanti disegni, quante lettere, quanti abbracci ma anche quante partenze all’alba e ritorni in tarda notte, pranzi o cene in autogrill e quante lacrime ed emozioni e… insomma migliaia di animazioni, frutto di un tempo lento e curato, necessario per condividere le riflessioni, le storie personali, i laboratori che sono alla base del percorso che ogni persona con disabilità ha affrontato e affronta con coraggio e determinazione per poter entrare a scuola come animatore. Quanti laboratori, confronti, programmazioni, cerchi della vita hanno contribuito a formare un gruppo educativo aperto e inclusivo, pronto a valorizzare le singole abilità.

Quali altri personaggi potremmo mai inventare oltre alla Mummia bendata, la Signora dei fiori e il giovane puledro, protagonisti delle storie e delle canzoni che abbiamo scritto e cantato (cantato?) ma anche ballato e diciamocelo, fatto un gran casino, non solo a scuola ma anche in biblioteca, in teatro, in comune, all’università, per strada… sporcare i contesti, rompere gli schemi e offrire nuovi orizzonti, ecco cosa può fare la disabilità.

C’è poi il lunghissimo elenco delle persone che hanno permesso al Progetto Calamaio di affermarsi come uno dei più rivoluzionari percorsi per l’integrazione. Se sono normali non li vogliamo, diciamo spesso. E in effetti se ci pensiamo bene temo proprio che sia così! La normalità non ci interessa, preferiamo la giustizia che non è dare a tutti la stessa cosa ma a ognuno ciò di cui ha bisogno.

Poi ci sono le macchie. Quelle sparse in giro u po’ ovunque e quelle ritrovate sul colletto di una camicia o attaccate alla ruota di una carrozzina, simbolo di incontri che lasciano il segno, di relazioni che modificano la percezione dell’altro, che permettono di superare stereotipi e pregiudizi provocando in tutti quel cambiamento che è alla base di un’inclusione reale.

Ecco dopo tutto questo cosa rimane ancora?

Facce, sogni, idee, desideri, silenzi, pensieri, dolori… insomma rimaniamo noi, creature straordinarie ancora capaci di seguire e lottare per realizzare ciò in cui crediamo, testimoni di questa storia ma anche protagonisti di questo presente

E poi? Poi rimangono

tanti bambini ancora da macchiare

tante insegnanti con cui inventare soluzioni

nuove sfide a cui appassionarsi

animatori da coinvolgere

contesti da modificare

pregiudizi e stereotipi da superare

E rimanete voi con cui condividiamo tutte queste emozioni,

tutta questa felicità

e, speriamo, anche i prossimi 30 anni!

Quindi, non ci resta che dire:

Buon compleanno Calamaio!

 

Il testo che avete appena letto, a cura di Roberto Parmeggiani, sono le parole con cui abbiamo scelto di concludere il nostro convegno "Sostenere il cielo", durante il quale il 3 dicembre 2016, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità abbiamo celebrato i trent'anni del Progetto Calamaio.

L'immagine del disegnatore Attilio Palumbo che abbiamo scelto per rappresentarci è quella che vedete qui sopra, un uccellino a zampette all'aria, un'immagine ma anche un titolo che prendono spunto da una fiaba africana dove un valoroso guerriero masai incontra un uccellino capovolto: all'inizio lo crede morto, poi gli chiede perché sta in quella posizione. L'uccellino risponde "Ho sentito dire che il cielo sta per cadere e io mi sto preparando per sostenerlo!". Il guerriero masai si butta per terra a ridere: "Come puoi sperare di sostenerlo tu con quelle zampette che sembrano degli stecchetti di paglia?". Il passerotto non cambia posizione ma risponde: "Io faccio del mio meglio, e tu cosa fai?".

Una domanda che rivolgiamo anche voi, per proseguire insieme altri trent'anni a favore di una cultura della diversità, dell'inclusione e di pace.

Ma non siete curiosi di sapere quando tutto è cominciato? Ve lo racconta qui il nostro Geranio Claudio Imprudente!

 

 


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