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Autore: Progetto Calamaio

73° Anniversario della Liberazione

Nel giorno 19 Aprile, presso il CDH in via Pirandello 24, abbiamo affrontato il tema della Liberazione. E’ un tema che ci riguarda tutti e che ogni volta ci tocca nel profondo.

Noi del progetto Calamaio si sono confrontati attraverso la visione di video e la lettura di lettere scritte da ebrei per Mussolini.

Durante la riflessione molti di noi sono rimasti colpiti da una lettera scritta da una madre disperata che chiedeva aiuto a Mussolini. E’ infatti emerso il tema dell’obbedienza e del rispetto che sicuramente ha caratterizzato quell’epoca.

Noi sosteniamo che atteggiamenti e comportamenti di quel periodo erano considerati normalità perché venivano imposti piano piano.

Parliamo sicuramente di un periodo caratterizzato da disperazione in cui le persone fingevano di non capire la gravità di quello che stava succedendo.

Pian piano è come se si fosse creata una “gabbia” fatta apposta per illudere in cui le imposizioni venivano fatte passare come scelte del popolo.

Facendo riferimento ad oggi, ci rendiamo conto che anche nella nostra quotidianità, siamo spesso messi di fronte a situazioni che ci fanno male.  Ancora oggi esistono atteggiamenti di discriminazione, soprattutto verso persone di diverse culture.

L’immigrazione è un tema molto odierno infatti, i Mass Media, ci mettono tutti i giorni davanti a notizie che trattano questo argomento. Quello di cui siamo certi è che oggi possiamo usufruire di mezzi che prima non si avevano.

Anche la scuola e l’istruzione, rispetto al passato, hanno fatto un bel cambiamento in quanto, ad oggi, ognuno è libero di avere una propria opinione.

Siamo certi che oggi è molto più facile confrontarsi ed è anche molto più facile usufruire di mezzi che sono fondamentali per la Libertà di pensiero.

E’ importante far valere il proprio pensiero anche se a volte si può avere paura di sbagliare o di essere giudicati. La paura si deve superare… INSIEME!

IL CDH VISITA LE SCUOLE PRIMARIE DI CREVALCORE

E’ da molto tempo ormai che il Centro Documentazione Handicap di Bologna collabora attraverso varie attività con il comune di Crevalcore. Anni fa, furono presentati e portati a termine percorsi formativi con il centro diurno anziani del paese, presso il Seneca Cafè.

Il progetto è andato avanti ed anche quest’anno, è stato riproposto un percorso attivo di animazione presso la scuola primaria di Crevalcore Gaetano Lodi con la classe 5E, che comprendeva tre incontri, più uno al Seneca Cafè con gli anziani del centro ed i bambini della scuola seguito da una festa, aperta anche ai genitori dei bambini, di chiusura del percorso formativo.

Il primo incontro si è basato sulla presentazione dei partecipanti, compresi gli studenti, e la drammatizzazione della storia di Re 33, accompagnata da musiche apposite legate alla storia.

Il 12 marzo, son andata ad incontrare la classe 5a della scuola Primaria Gaetano Lodi a Crevalcore. Per iniziare ci siamo messi in cerchio, ognuno doveva presentarsi mentre ci si passava un cuscino a forma di corona raccontandoci un loro ricordo divertente. Durante la drammatizzazione i bambini si sono inchinati a me con entusiasmo, dato che avevo il ruolo di Sovrana dei Sovrani, ed erano tutti molto attenti e disponibili a partecipare. Quando Re 33 ha capito che ogni essere è diverso e va trattato secondo le sue caratteristiche, i miei due bambini-ambasciatori sono venuti a raccontarmi tutto quello che aveva fatto il Re. Dopo l’animazione abbiamo fatto il gioco “uguali e diversi” e la cosa che mi ha colpito di più è che appena abbiamo posto la domanda, quasi tutti i bambini hanno risposto che sono uguale a loro, soltanto un bambino ha detto che sono diversa. Dopo questo gioco, la frase “uguale o diversa“, è diventata “uguale E diversa“.

Danae, animatrice del progetto Calamaio

Alla fine dell’incontro i bambini hanno posto molte domande, riflettendo sul significato delle varie attività svolte durante la mattinata. Gli è stato lasciato un compito per l’incontro successivo: fare un disegno ispirato al tempo passato insieme, e rispondere cosa avrebbero fatto se avessero dovuto governare loro con giustizia.

Il 19 marzo siamo tornati a scuola per il secondo incontro. Per prima cosa abbiamo chiesto ai bambini di mostrarci e spiegarci i disegni che avevano realizzato successivamente alle scorse attività. Inoltre, dovevano dirci cosa avrebbero fatto se fossero stati nei panni del re. La maggior parte ha risposto che avrebbero donato i loro bottoni d’oro e i soldi per far costruire case, scuole e trovare un lavoro ai poveri. Successivamente abbiamo svolto con tutta la classe il “gioco di ruolo“, un’attività che prevede due o tre bambini che interagiscono tra loro simulando una disabilità. Alla fine del gioco abbiamo chiesto ai partecipanti come si sono sentiti nel fare questa attività; uno dei bambini mi ha sorpresa perché rispetto agli altri aveva capito il significato del gioco e anche nello spiegarlo è stato molto chiaro. Quindi la morale di questo gioco è che la responsabilità della comunicazione è di entrambe le parti.

Danae

Al termine dell’incontro, la nostra educatrice Emanuela ha allietato l’arrivederci all’incontro successivo, con la sua voce e la sua fantastica chitarra, suonando le canzoni del Calamaio di Re 33.

Il 6 aprile, siamo tornati per il terzo ed ultimo incontro. Emanuela ha domandato a tutti se aiutassero i loro genitori. Anche io ho risposto dicendo che aiuto mio padre a mettere gli ingredienti sulla pizza, mia madre a togliere le ragnatele dal soffitto ed entrambi a scrivere la lista della spesa. Questo è servito per poter introdurre, come prima attività, il gioco “scommessa del 1000 + 1“, ovvero un gioco dove ognuno dice dove dove e quando ha bisogno dell’aiuto di qualcuno; ciò è servito anche per consentire una miglior relazione fra i partecipanti ed aiutarci fra di noi. Un’altra attività proposta nell’ultimo incontro è stato di chiedere ai bambini se sapevano la differenza tra “deficit e handicap“.Qui è sorta una domanda posta a tutti i bambini: <<secondo voi, cosa manca all’animatrice Danae?>>; e c’è stato un bambino che ha risposto, sapendo il mio paese di provenienza, ciò che mi mancava fosse il Brasile; questa cosa mi ha fatto sorridere molto perché ha dimostrato, scherzando, di non avere vergogna e paura della diversità. Come ultima attività di chiusura, abbiamo fatto il gioco dello “smonta e rimonta” in cui i bambini dovevano smontare e successivamente rimontare, nella maniera corretta e nel minor tempo possibile, la mia carrozzella. Ci siamo divertiti molto, siamo stati bene. Durante questi incontri mi sono sentita molto felice ed entusiasta, perché mi sono sentita ascoltata e rispettata da tutti i bambini. E’ un’esperienza che rifarei sicuramente.

Danae

Elisabetta, una tirocinante della Cooperativa Accaparlante, ha partecipato per la prima volta a quest’animazione, lasciandoci delle bellissime riflessioni personali:

La cosa che mi ha colpito di più in assoluto è stato il contenuto dei giochi fatti. I bambini sono stati molto aperti nei confronti degli estranei, si sono dimostrati anche molto affabili e disponibili a giocare. Non c’è stato un muro, mentre è molto facile nella società in cui ci si trova, incontrare bambini che hanno fatica ad interagire con il prossimo. Il loro desiderio era di farsi conoscere. Mi è piaciuto molto come si sono messi in gioco davanti alla persona, aldilà della disabilita o del ruolo dell’educatore. Ho già avuto a che fare con i bambini piccoli (laboratori), ma devo dire che una scuola con questa unità e così genuina mi ha fatto molto bene. I giochi sono stati molto efficaci, anche se in alcune attività io ci arrivavo soltanto dopo le loro spiegazioni. Ho avuto fatica a capire il “gioco di ruolo” perché bisogna provare anche ad immedesimarsi nella persona di fronte, mettersi in discussione, perché è utile per entrambi che interagiscono; quindi niente è mai scontato. Il ruolo dell’animatore è fondamentale perché è necessario vedere una realtà diversa da quella che tu vedi ogni giorno, avere un tramite che ti stimoli, come per esempio  “arriva Danae ed i bambini fin da subito pronte all’interazione anziché avere inibizioni nei confronti della diversità.” Mi ha colpito molto vedere tutte queste persone così diverse, ma nello stesso tempo interessate sullo stesso scopo. E’ un’esperienza che ripeterei all’infinito.

L’intento di questi incontri è stato quello di spiegare la diversità, in questo caso la disabilità, attraverso animazioni, musica ed intrattenimento così da creare una forte relazione tra le persone e un contatto concreto fra tutti i partecipanti.  Anche l’insegnante della classe 5E è rimasta molto entusiasta e il suo intento è quello di portare la classe in visita al CDH per conoscere l’autore della storia di Re 33 (Claudio Imprudente), la biblioteca accessibile dell’associazione e l’ ambiente interno.

E tutti voi, cosa aspettate a venirci a trovare al CDH in via pirandello, 24?

 

“IL COMUNALE VA IN CITTA'”… E PASSA ANCHE PER IL CDH!

Lo scorso venerdì 16 marzo, presso la Cooperativa Accaparlante, la rassegna “Il Comunale in Città” ha portato la musica da camera in un luogo adatto a chi, per motivi economici, di salute o di accessibilità, non può ascoltarla dal vivo nelle sedi “classiche”.

Alcuni concertisti dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna si sono esibiti gratuitamente in un programma per strumenti a fiato composto da tre clarinetti.

Il teatro, inteso come edificio storico, ha una funzione centrale nel tessuto urbano della città e desidera consolidare il suo ruolo come luogo di confronto con la comunità del territorio in cui si trova. Per questo, l’esecuzione solistica dei suoi migliori interpreti, ad organico ridotto, offre l’opportunità di un facile adattamento anche a spazi non solitamente utilizzati per la proposta musicale, valorizzando la bellezza di un repertorio di rara esecuzione ed inserendo un nuovo dialogo con piccole o grandi realtà cittadine.

L’evento ha avuto inizio con la presentazione della rassegna da parte della coordinatrice, una persona squisita e profonda con un evidente amore per la musica nonché pianista, passando poi alla presentazione dei musicisti, dei loro strumenti e i compositori dei brani da loro interpretati: Mozart, Bouffil, Rossini.

Durante l’attesa di passare da un brano all’altro, ci sono state delle domande da parte del pubblico partecipante riguardanti le differenze strutturali dei vari clarinetti. Con molta gentilezza e parsimonia uno dei musicisti ha spiegato le varie particolarità, incrementando, in ognuno dei presenti, interessanti informazioni strumentali e musicali.

E’ stata un’esperienza molto importante, memorabile e costruttiva, soprattutto per i nostri animatori con disabilità che hanno partecipato nell’ascolto della musica da camera:

Il concerto mi ha emozionata, ho scoperto che l’ebano, il legno dei clarinetti, è un legno pesante ed è l’unico che affonda in acqua.
Mi è piaciuto fare delle 
domande ai musicisti perché ero molto curiosa. Fra i tre clarinetti, c’era uno particolarmente diverso dagli altri due, molto più lungo e aveva un’uscita in fondo come una tromba; ho chiesto al clarinettista come mai e mi ha spiegato che, dato ci sono due tasti in fondo da far aprire e chiudere, permette al suono di uscire meglio. Per me era la prima volta che sentivo suonare dei clarinetti dal vivo. All’inizio è stato un po’ fastidioso il suono non essendoci abituata, ma poi mi sono lasciata trasportare ed ho iniziato anche a dondolarmi.

Danae

 

La musica da camera la conosco poco, è stata la prima volta che la sentivo dal vivo. Erano presenti 3 musicisti del Comunale di Bologna a farci un concerto di tre clarinetti. Hanno suonato delle opere di Mozart, Bouffin e di Rossini mentre una pianista, la coordinatrice della rassegna, ci raccontava la storia dei brani e dei compositori. E’ stato molto bello e interessante e ci hanno anche raccontato come si creano gli strumenti provenienti dal legno di ebano. È stata un’esperienza che sarebbe bello ripetere per conoscere sempre meglio questo mondo.

Tatiana

 

Mi è già capitato altre volte di assistere a dei concerti dal vivo, la musica mi piace molto. Quella classica in particolare è per me molto importante e l’esecuzione è stata bellissima. Era il mio primo concerto da camera! I pochi strumenti, tre clarinetti, non mi hanno fatto sentire comunque la mancanza di nessun altro strumento. Il clarinetto era il protagonista. È uno strumento forte, il suono è acuto e nello stesso tempo molto dolce. Ai concerti di teatro a cui ho partecipato non mi sono mai state date spiegazioni, invece in questo caso prima di ogni brano la coordinatrice della rassegna teatrale ci ha di volta in volta presentato gli autori e contestualizzato i brani. L’ho trovata utile e chiara. Preferisco questa modalità di ascolto perché mi permette di apprezzare meglio ciò che sento.
Al termine del concerto abbiamo chiesto il bis ed hanno eseguito una tarantella dal titolo “La danza” di Rossini. È il brano che mi ha colpita di più perché è allegro e mi ha fatta sentire felice.
È stata una bella esperienza.

Sara

 

I musicisti mi sono sembrati bravi… Sono venuti a suonare da noi tre clarinettisti. Uno di loro suonava il clarinetto basso, il cui suono “a mio parere” è stupendo e la struttura è più grande degli altri; mi è piaciuto molto la profondità del suono che emette. Presentava un’altra musicista, (sempre del teatro comunale) che però a differenza degli altri, suona il pianoforte. La sua presentazione consisteva nella presentazione dei clarinettisti, ed anche nella descrizione dei brani interpretati. Hanno suonato opere ormai storiche di Mozart, Bouffin e Rossini.

Sapevo cos’era un concerto da camera ma, ad eccezione forse dell’anno scorso, non avevo mai assistito ad uno. La musica, chiaramente, mi ha rilassato alquanto direi. I musicisti erano vestiti eleganti però io non ho sentito distanze tra loro e me perché dai loro atteggiamenti non si percepiva il suddetto distacco. La musica classica in generale mi è sempre piaciuta, non c’è un brano che mi ha colpito di più perché, a mio parere, erano tutti belli.

Andrea

 

La rassegna “Il Comuname in città” si rivolge a tutte quelle persone che desiderano riscoprire, in un giorno di festa, l’apertura del Foyer storico con la possibilità di una visita al Teatro, l’esecuzione musicale e, in ultimo, una dolce degustazione per chiudere in bellezza.

Per chi fosse interessato a partecipare può consultare il calendario e gli eventi sul sito ufficiale del “Teatro Comunale di Bologna” o chiedere informazioni scrivendo all”email: boxoffice@comunalebologna.it o chiamare infoline: 051529019.

TEATRO, SCUOLE E DIVERSITA’: IL PROGETTO CALAMAIO RACCONTA “BECCO DI RAME”!

Grazie alla preziosa collaborazione con diverse realtà culturali del territorio, nascono idee ed esperienze sempre nuove nella forma, che mantengono però un filo conduttore con i temi a noi cari, fra i tanti:

  • inclusione;
  • accessibilità;
  • relazione con la diversità;
  • necessità di lavorare tutti insieme per una cultura dell’integrazione di tutte le differenze.

Francesca, animatrice con disabilità del Progetto Calamaio, racconta l’incontro con una classe IV del Liceo Da Vinci di Casalecchio di Reno avvenuto all’interno di un percorso di alternanza scuola lavoro in cui sono coinvolti diversi soggetti: oltre che con la scuola, quel giorno abbiamo condiviso l’esperienza con il Teatro Laura Betti di Casalecchio, l’Associazione Altre Velocità e la compagnia teatrale Teatro del Buratto, che ci ha proposto lo spettacolo per bambini “Becco di Rame”.

<< Mercoledì 7 febbraio io, Sandra (coordinatrice del gruppo) e Lorella (altra animatrice con disabilità), ci siamo recate, nel ruolo di animatrici,  a vedere uno spettacolo per bambini che trattava il tema della diversità attraverso la rappresentazione teatrale, tratta da una storia vera, chiamata: “Becco di rame”.

La trama parla di un’oca che non è stata da subito accolta bene nella fattoria, perché era diversa dagli altri animali. Soprattutto le galline la scacciavano via. Col tempo però è stata accettata da tutti, grazie anche all’aiuto dei maiali che l’avevano adottata come una loro figlia. Un giorno nella fattoria arrivò una volpe molto affamata che voleva mangiare gli animali presenti, ma l’oca lottò con la volpe e la scacciò, anche se nel combattimento ci rimise il becco. All’inizio, quando dovette montare il nuovo becco di rame, non lo accettava e non riusciva neanche a mangiare. Se ne vergognava molto! In seguito sia gli altri animali, sia lei, si adeguarono a questa sua nuova caratteristica.

Dopo la rappresentazione, a cui abbiamo assistito insieme a numerosi bambini delle scuole dell’infanzia, abbiamo avuto un incontro con una classe del Liceo Da Vinci di Casalecchio, anche loro spettatori insieme a noi, sul tema della disabilità. Subito vi è stato l’inevitabile momento di difficoltà, che è normale in un primo impatto. Ma col passare del tempo ci siamo conosciuti un po’ e i ragazzi si sono aperti di più verso di noi.

Mi ha colpito molto il loro sguardo di disagio all’inizio, nell’interagire con noi.  Partendo dallo spettacolo, abbiamo parlato un po’ con i ragazzi, abbiamo riflettuto sul tema della diversità e questo ha permesso un contatto e una prima conoscenza, anche se il tempo non era evidentemente sufficiente per instaurare una Relazione che si possa chiamare tale.  Ma siamo stati contenti di come sono andate le cose, perché è stata una bella esperienza e un bell’incontro dove, oltre a riflettere sullo spettacolo, abbiamo potuto conoscerci e abbattere un po’ di barriere >>.

Lo scopo di questa attività era di portare i ragazzi a guardare oltre la disabilità e provare a creare un contatto, un legame, che possa abbattere queste barriere che ci dividono.

Martina, per esempio, studentessa del Liceo Da Vinci di Casalecchio di Reno, è riuscita a recepire  appieno il messaggio. Ci ha anche dedicato un piccolo articolo intitolato “LORELLA E FRANCESCA E LA DIVERSITA’ “, pubblicato sul sito di Casalecchio Teatri 2.0 e che invitiamo tutti a leggere.

<< … trovo molto costruttivo avere il coraggio di ragionare sul valore della diversità… >>

Martina usa il termine “coraggio” e ha ragione… Fare finta che sia facile non ci aiuta… I ragazzi questo coraggio ce l’hanno… Sempre! Hanno bisogno di spazi e tempi accoglienti per fare l’esperienza dell’incontro e farlo diventare crescita per tutti noi.

E voi, avete il “coraggio” di affrontare la diversità?

 

 

PASSANDO PER IL CDH… CHE BELLE ESPERIENZE!

“Che dire… Ho incontrato persone troppo speciali in questo percorso, persone che mi hanno davvero insegnato tanto… Grazie a voi ho scoperto una parte di me  che credevo non avere. Ho capito cosa vuol dire trasformare i propri limiti in punti di forza… Ho imparato cosa significa rispetto per gli altri e cosa significa diversità… Non ho davvero parole per esprimere quanto per me sia stato importante quest’anno e quanto mi avete dato… Oggi sono io che ringrazio voi, educatori, animatori e tutti coloro che mi hanno sempre sostenuto in questo percorso… Mi mancherete tanto… E non smettete mai di fare tutto questo perché è qualcosa di straordinario!”

 Simona, volontaria Servizio Civile Nazionale

Ogni anno, all’interno del “Progetto Calamaio“, ospitiamo molti, moltissimi ragazzi e ragazze volenterosi, come tirocinanti, stagisti, volontari del Servizio Civile Nazionale, volontari del Servizio di Giustizia minorile, ecc., e sono moltissime le emozioni provate da ambo le parti: imbarazzo, tristezza, vergogna, fino ad arrivare a gioia, divertimento e senso d’integrazione. Qui, alcune impressioni di coloro che passano dal “Progetto Calamaio”, che, ogni anno, contribuiscono a portare un consistente cambiamento dell’intero contesto su cui lavoriamo.

“La mia esperienza al progetto Calamaio è stata molto bella, è cominciata il 29 gennaio 2018 e finita il 12 febbraio dello stesso anno. Mi dispiace terminare questa esperienza perché mi ha insegnato molto. Il primo giorno mi sono sentita in imbarazzo, ho visto tutte queste persone con disabilità, persone con tante capacità che magari io non riuscivo a vedere all’apparenza, questo perché non provavo a mettermi nei loro panni. Da questa esperienza ho imparato che anche se queste persone hanno dei deficit, chi più gravi, chi meno, hanno la volontà di andare avanti, come per esempio essere il più autonomi possibili, la forza di imparare cose nuove e la gran voglia di amare. Grazie a questa esperienza ho imparato ad accettare le diversità degli altri, senza giudicare, ad imparare che tutti possono, basta la volontà. L’attività che mi ha più stupito è stato lavorare sul progetto del libro modificato, ovvero rendere libri accessibili a tutte le età e a tutte le diversità.”

Dalila, volontaria Scuole Rubbiani

Con l’aiuto di questi ragazzi  siamo riusciti a fare laboratori culturali sui temi dello svantaggio e della diversità…  Siamo riusciti a favorire una cultura in cui le persone svantaggiate siano “soggetti di diritto”, protagoniste del cambiamento personale e sociale… Abbiamo cercato, e cerchiamo ogni giorno, di dare ad ogni persona svantaggiata la possibilità di una integrazione basata sulla valorizzazione delle sue risorse,  così da far uscire dalla “riserva” persone e temi normalmente relegati in recinti e dar loro un’adeguata visibilità.

 

“Sono Elia, ho 16 anni e frequento il terzo anno dell’Istituto Tec

nico Aereonautico di Forlì. Sono cresciuto in una famiglia normale, mamma, papà e sorella maggiore, una famiglia in cui ci si confronta. Io ho sempre detto quello che pensavo a chiunque, adulti e amici, anche quando non mi era richiesto espressamente. La cosa 

certa è però che comunque le conseguenze le ho sempre pagate in prima persona. Ho deciso di vivere così, dicendo quel che penso, e so che la strada è in salita. A me non è mai stato consentito sbagliare.

Io farò il pilota! Ho deciso! Ho sedici anni, ho sbagliato, ho pagato e sto pagando. 

Il prezzo è stato altissimo, non solo per i tre giorni passati al carcere minorile del Pratello, non solo per i tre mesi di arresti domiciliari, non solo per la sofferenza negli occhi e nel corpo di mia madre, nei silenzi e nei discorsi di mio padre, nella delusione di mia sorella. Mi hanno obbligato a frequentare due giornate formative, fatto scegliere i settori operativi che preferivo, ma nessuna Associazione di Volontariato era disposta ad assum

ermi. Perché? Perché la responsabilità di “gestire” un individuo con delle limitazioni alla libertà come me era troppo impegnativo. Tutte le associazioni, sì tutte, tranne una, voi, la Cooperativa Accaparlante/Centro Documentazione Handicap, dove non ci sono utenti ed educatori, ma compagni e amici. Si è tutti insieme a lavorare in un unico processo, un unico percorso che ci lega, disabili e normodotati. Personalmente, in meno di un mese, ho imparato molto da voi e spero di esser stato d’aiuto…penso proprio di avere un’altra visione delle persone disabili, della diversità in generale, che prima non avevo.

Il pregiudizio è forse la punizione più pesante da sopportare. Questa è un’esperienza dura che mi ha insegnato però i valori veri, so di avere una famiglia alle spalle che merita di essere riconquistata da me! Quando sarò pilota li porterò con me in tutto il mondo!

Gli voglio tanto bene, vi voglio tanto bene!”

Elia, volontario Servizio di Giustizia Minorile

Il “Progetto Calamaio” non si ferma, come sempre aspettiamo di accogliervi numerosi e a braccia aperte!

 

La cultura è di tutti…Contribuiamo a renderla accessibile!

Mostre, concerti, cinema, spettacoli dal vivo, parchi, bar, ristoranti, librerie… A Bologna le occasioni per divertirsi e respirare un po’ di cultura davvero non mancano. Avere accesso a tutti questi luoghi non è un lusso per pochi, tante sono le agevolazioni per gli studenti e non solo per poter usufruire dei piaceri della città.

A volte, tuttavia, certe informazioni non circolano come dovrebbero e tante sono le possibilità che non si conoscono, soprattutto per chi, per difficoltà di vario genere (disabilità, limitata conoscenza della lingua, fragilità sociale, anzianità, ecc.) rischia di rimanere escluso dal godimento di occasioni di creatività, bellezza e conoscenza.

Il Progetto Calamaio non ci ha pensato due volte e subito ha provato a interrogarsi sulle soluzioni possibili.

Lo ha fatto con diversi progetti legati all’accessibilità alla cultura, come Cultura Libera Tutti, alla visione dello spettacolo dal vivo, come La Quinta Parete, ma soprattutto ha iniziato insieme al Comune di Bologna – Settore Marketing Urbano e Turismo, a fare dei sopralluoghi per esplorare e valutare l’accessibilità degli spazi della città.  A seguire ogni visita di mappatura una serie di schede composte secondo precisi criteri, inizialmente impostati con la giornalista con disabilità Valeria Alpi e Massimo Falcone del Centro Informahandicap di S.Lazzaro di Savena (BO).

Abbiamo così cominciato a misurare l’accessibilità dei musei di Bologna, insieme all’istituto dei ciechi “Francesco Cavazza” e alla “Fondazione Gualandi” a favore dei sordi.

I musei che  abbiamo “mappato” fino ad ora sono stati il Museo del patrimonio industriale, museo Morandi, museo della memoria di Ustica, casa Carducci, museo Archeologico, museo civico Medioevale, museo comunale d’arte, Mambo, Museo  Internazionale e Biblioteca della Musica, Bargellini, museo della tappezzeria.

Il progetto ha come finalità il miglioramento dell’accessibilità fisica e culturale dell’offerta turistica cittadina per assicurare a tutti le migliori condizioni di fruizione.

Il principale obiettivo è la costruzione di un sistema informativo unitario e costantemente aggiornato sull’accessibilità di attrazioni turistiche, strutture ricettive e ristoranti per persone con disabilità temporanee o permanenti.

” Il nostro ruolo nelle mappature– ci racconta Andrea Mezzetti, uno degli animatori con disabilità del nostro gruppo- è stato quello di capire, attraverso misurazioni e domande mirate l’accessibilità del luogo/museo anche per i disabili. Il museo che personalmente mi ha colpito di più è stato quello della memoria di Ustica, con quella rovina sotto gli occhi di tutti.

Entrando nel museo, la cosa più evidente, che cattura l’attenzione è appunto quella rovina sotto forma di aereo, inoltre l’autore dell’opera ha voluto colpire i visitatori con  effetti acustici, inerenti alla strage, proponendo ai visitatori i pensieri delle vittime dell’incidente attraverso effetti sonori annessi. Per quanto riguarda l’accessibilità del luogo, a mio parere non c’è neanche da farsi questa domanda, nel senso che, per quello che ho visto io, era totalmente accessibile.

Un altro museo che mi è piaciuto molto è stato quello civico Medioevale, con in mostra quadri, sculture e in particolare ho apprezzato molto gli oggetti dell’epoca come portafogli, orologi ecc.

Nella media i musei di Bologna esaminati sono tutti mediamente accessibili con qualche accorgimento.
Adesso inizieremo a valutare l’accessibilità di pub, ristoranti, hotel, bar ecc. fino ad arrivare al miglioramento di tali condizioni e quindi alla fruibilità completa dell’offerta turistica cittadina”.

Entrare, accedere, conoscere, lasciare delle tracce… Questo è il nostro spirito! E il vostro? Quali sono i vostri luoghi preferiti in città?

Alla Casa della Memoria di Milano il Calamaio presenta il “Diario di Anna Frank” in versione INbook

“Caro diario, spero di confidarti ogni mio pensiero, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che sarai per me un grande aiuto”.

Queste, molti di voi le riconosceranno, sono le parole iniziali del Diario di Anna Frank, uno dei testi simbolo della  Shoah,  che la tredicenne ebrea tedesca Anna, emigrata con la famiglia in Olanda, iniziò a comporre nel 1942. Un testo che a tutti noi del Progetto Calamaio è molto caro, perché scritto da un adolescente qualsiasi, come quelli che di solito incontriamo a scuola, moltissimi dei quali stranieri di seconda generazione . Una storia, la sua, che è anche un esempio di resistenza e di lotta in difesa della libertà, della pace e della diversità intesa come valore e non come un nemico da combattere, come oggi, ancora, alcuni vorrebbero farci credere.

Ecco perché gli educatori e gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio si sono impegnati, per oltre 4 mesi, in un laboratorio di scrittura e traduzione in CAA, che, oltre a essersi rivelato per molti di noi una preziosa occasione di formazione presso l’Ausilioteca di Bologna,  ha reso il Diario accessibile anche ai giovani adulti con disabilità cognitive o linguistiche.

(Casa della Memoria di Milano)

Lo scorso giovedì 25 gennaio, alla Casa della Memoria di Milano, abbiamo così presentato il frutto del nostro lavoro, il primo volume di una nuova collana editoriale, nata dalla collaborazione tra edizioni la meridiana, il Centro Documentazione Handicap e Coop. Accaparlante di Bologna e l’associazione Arca Comunità “l’Arcobaleno” di Granarolo, sotto la supervisione del Centro Studi INBook.

Ma quindi, vi chiederete, che cosa sono gli INbook? Vi è mai capitato di vederne e soprattutto leggerne uno? Gli INbook, o libri in simboli, sono dei “libri su misura”, libri pensati e realizzati attraverso un adattamento e una traduzione in simboli del testo scritto affinché, attraverso il continuo rimando dell’immagine, il lettore possa essere facilitato nella comprensione delle parole.

A Milano abbiamo avuto l’occasione di raccontare il nostro lavoro, di condividere incontri e esperienze e di prepararci insieme alla successiva Giornata della Memoria del 27 gennaio. Tutto è iniziato con l’accoglienza e il saluto tenuto da Maria Fratelli, dirigente della Casa della Memoria di Milano. Insieme a lei il nostro Luca Cenci, educatore del Progetto Calamaio che con gli animatori Danae, Sara, Tiziana e Filippo ha seguito a Bologna il progetto, e che qui lo ha ha presentato, con Luca Errani (responsabile laboratorio CAA Arca Bologna – Comunità L’Arcobaleno), ed Elvira Zaccagnino (direttrice di Edizioni la meridiana).

Silvia D’Ambrosio (Referente nazionale Rete Biblioteche INBook), e Gabriella Marinaccio (Sistema Bibliotecario Milano – Attività e servizi per bambini e ragazzi) hanno invece tracciato un bel quadro di quella che è la complessa rete editoriale del mondo degli INBook con l’idea di trarne qualcosa di nuovo.

E per finire una vera, inaspettata chicca, un video-testimonianza di Moni Ovadia a sostegno del progetto, che ci ha fatto sorridere, riflettere e commuovere richiamandoci all’importanza dei risvolti che anche nell’attualità può avere un lavoro semplice come il nostro.

Lo hanno fatto anche Danae, Sara, Tiziana, Stefania e Filippo, gli animatori con disabilità del Calamaio che con entusiasmo hanno collaborato alla traduzione del Diario di Anna Frank insieme ai ragazzi delle Scuole medie Saffi di Bologna, che hanno partecipato ai nostri laboratori e hanno accompagnato il testo con le loro bellissime illustrazioni.

Gli studenti, molti dei quali stranieri, ci hanno inoltre ospitati nella loro scuola, conducendoci in un percorso a tappe alla mostra documentaria sulla storia di Anna, donata dalla Anne Frank House di Amsterdam.

Il Centro Documentazione Handicap di Bologna è un luogo in cui, le persone con disabilità e non, lavorano insieme per migliorare l’accesso a tutte le occasioni di vita come la scuola, il lavoro e la cultura, promuove il valore sociale delle persone con disabilità.

Così Tiziana, animatrice con disabilità del Calamaio, ci racconta a proposito del suo lavoro di “modificatrice” di libri:” Modificare mi piace moltissimo, mi rilassa enormemente, mi rilassa proprio il cervello! Mi piace perché posso dare il mio contributo e aiutare gli altri. Vorrei modificare tutti i libri del mondo, tutti i libri dell’universo, all’infinito!”

Nella nostra Biblioteca Ragazzi tante le fiabe tradotte in simboli dal Progetto Calamaio e i libri accessibili che potrai consultare…Che cosa aspetti? Ti aspettiamo!

 

LA LETTURA COME STRUMENTO DI COMPRENSIONE DELLA REALTA’

Nel giorno 23 novembre, la Cooperativa Accaparlante era presente al convegno IBC, ovvero “Io amo i Beni Culturali”, presso la Fiera di Bologna in via Aldo Moro, per presentare il progetto svolto lo scorso anno con le scuole “Saffi”. Da oltre trent’anni il Centro Documentazione Handicap tratta temi come la diversità, la disabilità e del contrasto all’emarginazione. Così è nata l’idea di coinvolgere 13 classi di queste scuole, “Don Minzoni”, “Garibaldi” e “Romagnoli”, nel progetto di ampliare, all’interno delle loro biblioteche, l’offerta di libri modificati, ossia testi che, tramite il linguaggio simbolico, facilitano la lettura da parte di chi ha difficoltà nel comprendere i libri tradizionali. Il progetto portato avanti dal CDH insieme alle scuole Saffi consiste nel preparare gli alunni all’uso del programma “SymWriter”, uno dei software specializzati nella traduzione dei testi in sequenze di simboli.

“Lo scorso giovedì con Roberto e Manuela siamo stati al convegno IBC a presentare il progetto svolto lo scorso anno con le scuole “Saffi”. La professoressa Anna Maria Filardi, dopo averci spiegato l’obiettivo del progetto, ci ha mostrato un video di presentazione, dove spiegava le attività svolte nel nostro lavoro con i libri modificati, di cui: “Il diario di Anna Frank” e “Il grande gigante gentile”. Mi sono molto emozionata, c’era tanta gente che era coinvolta e partecipe. Mi sono commossa perché il pubblico ha mostrato molto entusiasmo per quello che abbiamo realizzato in questo progetto. Il risultato più grande è stato vedere lo stupore della gente, il quale non pensava che una biblioteca così piccola come la nostra, potesse fare un lavoro così importante.  Questo mi ha fatto sentire molto orgogliosa di appartenere a questo gruppo. Anche i ringraziamenti istituzionali di Roberto mi sono piaciuti particolarmente che, davanti a tutti, mi ha elogiato per le mie capacità nell’uso del programma.”  

Sara Foschi

Il progetto si è concluso con l’inaugurazione dello “Scaffale dei libri accessibili” all’interno della scuola e con la presentazione dell’iniziativa alla cittadinanza nella biblioteca comunale “Salaborsa”, che ha visto partecipare tutti gli studenti coinvolti.

Un’esperienza nell’esperienza, che si è rivelata utile per superare gli stereotipi legati alla diversità e permette, a chi sconta a sua volta i rischi del pregiudizio sociale, di sentirsi meno escluso.

Ognuno ha saputo apportare il proprio contributo riflettendo sulle capacità possedute, mettendosi in gioco e vincendo le eventuali differenze.

PERFORMING GENDER…CORPO COME STRUMENTO DI CONOSCENZA DI SE’

Lo scorso 9 Novembre, al Centro Documentazione Handicap di Bologna, il Progetto Calamaio ha aperto le porte del laboratorio On the road, dedicato alla conoscenza e consapevolezza corporea, tra limiti, risorse e benessere, al gruppo internazionale di giovani danzatori del progetto PERFORMING GENDER-Dance Makes Differences, un progetto a cura di Gender Bender International Festival.

Cinque coreografi di cinque paesi, provenienti da Italia, Inghilterra, Slovenia, Spagna e Olanda  insieme ad altrettanti dramaturg della danza per oltre 50 danzatori e danzatrici coinvolti,  impegnati per due anni in una ricerca performativa legata al tema del genere e degli orientamenti sessuali, ora protagonisti con noi  di un viaggio alla scoperta di sé. Uno scambio intensissimo che ha profondamente coinvolto dal punto di vista fisico ed emotivo gli animatori con disabilità quanto gli educatori e gli artisti presenti.
 
L’incontro è stata l’occasione per sperimentare alcune delle attività proposte in questi anni dall’équipe del Progetto Calamaio sul tema della consapevolezza corporea e un modo per offrire ai danzatori un confronto con corpi che esulassero dalla loro consueta preparazione atletica e artistica.  Un viaggio alla scoperta del proprio corpo, sui limiti che riconosciamo e non, sul piacere che esso può darci e quello che invece non percepiamo, sulle risorse che abbiamo e quelle ancora sconosciute.

Ecco come Mario Fulgaro, uno dei nostri animatori con disabilità, ci restituisce il valore e l’importanza della creazione di un contesto di fiducia prima di iniziare l’attività, che, scopriremo, sarà condotta da lui e dal resto del gruppo educativo del Calamaio:

“È sempre bello incontrare gente nuova per condividere, tutti insieme, esperienze lavorative e, a più largo spettro, personali. L’originalità e l’ironia sono i principali strumenti per rompere ogni indugio e mettersi in gioco, in modo più amichevole ed intimo possibili. Come avviene nella vita di tutti i giorni, quando persone, sino ad allora sconosciute l’una all’altra, si incontrano, è solito presentarsi.

Una presentazione nominale sarebbe già un primissimo passo in avanti per entrare in diretta comunicazione, ma il tutto rimarrebbe, alla fin fine, ancora per un po’ di tempo relegato alla sfera formale delle consuetudini. Si sente l’urgenza di non perdere del tempo prezioso in sciocche formalità, vissute e rivissute all’infinito. L’obiettivo è creare da subito un clima avvolgente, in grado di fondere le individualità in un unico “corpo”. È giusto, allora, cercare di associare, ad uno stile convenzionale di conoscenza reciproca, un qualcosa di più personale ed inedito, che riesca a centrare l’obiettivo. Così oltre al nome di ognuno, si chiede di presentarsi esplicitando quale sia l’animale più amato. Pretesto, quello dell’animale preferito, solo all’apparenza banale, ma che in realtà aiuta le specificità di ognuno ad essere condivise e ad avvicinarsi per confrontarsi e mettersi già in discussione. Ai soliti animali domestici, quale il gatto o il cane, spicca la preferenza del cavallo, per chi pratica ippoterapia per esempio, anche e soprattutto per diletto. Si inizia a conoscere sé stessi in funzione degli altri. Questa è, infatti, la potenza della conoscenza reciproca.”

Insieme a lui Tiziana Ronchetti, altra animatrice con disabilità, che ora ci conduce all’interno dell’azione a partire dal suo personalissimo vissuto:

Quando sono entrate tutte queste persone nuove a svolgere questo laboratorio con noi, mi sono sentita emozionata. La prima attività è stata svolta dalla Tatiana, io invece ho partecipato guardando dal di fuori i soggetti direttamente coinvolti. Tatiana non solo è stata un’animatrice, ma ha anche educatrice e in questo ruolo l’ho vista molto concentrata. Successivamente siamo passati all’attività dello specchio, dove sono stata io a condurlo ed ho 

provato piacere. Al tempo stesso però, come mia prima attività ero molto concentrata ad aiutare la mia partener con il suo primo contatto su di me, dato che ho visto e sentito che lei inizialmente aveva un po’di timidezza nel toccarmi. Al suo primo impatto, aveva descritto solo la parte superiore del mio corpo. Quando mi ha chiesto se poteva toccarmi anche la parte inferiore del mio corpo, io ho accettato, tanto che ho provato piacere nel farmi toccare. Anche nell’attività del massaggio ho provato molto piacere, sia nel farlo che nel riceverlo. Mi è piaciuto davvero molto quando la mia Partener si è appoggiata interamente con il suo corpo stretto al mio. L’ho abbracciata e lei ha abbracciato me. Per me, questo stretto contatto, è stato come se avessi vissuto più o meno un rapporto sessuale. Ed ecco perché per me questa attività mi ha dato un’emozione fortissima.”

Ad accompagnarla ecco le voci di Stefania Mimmi:

“L’attività che ho svolto è stata a pancia su, le braccia su ed ho fatto finta di guidare. Questa attività l’ho fatta con Tristano e mi sono sentita bene. Una sola differenza, piccola ma molto importante, è stata il rapportarsi con una donna. “Significa avere a che fare con un corpo diverso dal mio, non solo con una persona che ha una forza diversa dalla mia, ma anche con la delicatezza di una persona di sesso femminile, entrando così in contatto sempre più profondo grazie alla sua delicatezza. Ci siamo rispettati entrambe e successivamente siamo arrivati ai saluti finali. Lo specchio è stato per me un ottimo tramite per accorciare le distanze create in un primo contatto visivo, per poi arrivare a sentire la nostra pelle entrare in un contatto fisico superando le barriere iniziali.”        

E di Tatiana Vitali:

“Se sono riuscita a sopravvivere a quest’esperienza così intensa è anche perché, insieme ai miei colleghi, ho partecipato a un percorso di tre anni proprio su questo tema. Credo che, grazie a questo percorso, io sia riuscita ad assumere una maggior consapevolezza del mio corpo, infatti tra di noi educatori e animatori si è creato un clima di fiducia reciproca e io non ho avuto problemi ad accogliere, seminuda, i ballerini. Questa attività noi l’avevamo già vista al Mambo in un video che mostra appunto questa performance.  Durante il laboratorio, si è creato dunque un calore dovuto alle attività stesse e alla complicità che si è creata tra di noi man mano che passava il tempo. Nelle attività della descrizione allo specchio io ho cercato di descrivermi il più vero possibile, mentre i danzatori non hanno parlato della mia disabilità e del fatto che io sono storta, forse non volevano offendermi, ma io so benissimo di avere un corpo storto.

Durante l’attività della danza io ho deciso di staccarmi dalla carrozzina perché volevo essere più libera, quindi ho danzato per terra insieme alla mia partner, una ballerina molto sensibile e delicata. Mi sono lasciata andare e abbiamo pian piano trovato il nostro modo di danzare. Io mi sono sentita coccolata, lei mi muoveva tutto il corpo in modo delicato. Questa è stata un’esperienza indimenticabile, c’è stato molto contatto fisico, se lo dovessi descrivere con un’immagine mi viene in mente una farfalla che vola libera. Durante il laboratorio di danza si è creato un clima di fiducia che ha permesso a tutti noi di arrivare all’ ultima attività del massaggio in modo molto tranquillo e rilassato. I danzatori non hanno avuto difficoltà a farsi massaggiare da me, anzi credo che abbiano provato piacere, e io sono stata contenta di riuscire a trasmetterlo. In conclusione il laboratorio Gender Bender mi ha portato a conoscere ulteriormente il mio corpo e quanto posso fare sentendomi bene.”

E voi, pensate di conoscere perfettamente il vostro corpo? 

 

A SCUOLA NEL MONDO CON LA LEGGE 517…UNA MOSTRA SUI 40 ANNI DELL’INCLUSIONE SCOLASTICA

Bologna 07/11/2017 – Lunedì 9 ottobre è stata inaugurata, presso la sede del Centro Documentazione Handicap, la mostra dedicata ai quarant’anni della legge per l’integrazione e l’inclusione scolastica, la legge 517, che eliminò le classi differenziali dal sistema scolastico italiano.

Con l’aiuto dei nostri educatori ed animatori, siamo riusciti a far rivivere questo corso del tempo, dal 1977 al 2017, attraverso un percorso suddiviso in decenni, tra libri, oggetti, parole e, ad ogni periodo, corrisponde un’installazione. In ogni installazione sono collocati libri significativi, stralci di testi, percorsi bibliografici, fotografie e oggetti che ricordano quella decade.

La primavera segna

 l’inizio delle lotte per la nascita della legge sull’integrazione e l’inclusione scolastica; l’estate corrisponde ad un momento di “raccolta dei frutti”, dei fervori degli anni precedenti; l’autunno è la stagione della stabilità delle “conquiste” della legge; l’inverno in cui tutto sembra più statico, ma altro non è che terreno fertile per nuovi progetti e nuove primavere.

 

Una delle nostre animatrici, Francesca, ci lascia una sua riflessione riguardante la mostra: <<Durante un laboratorio, ci hanno divisi in gruppi e ci hanno distribuito dei fogli su cui erano scritte delle parole, come: vicinanza, rottura, recuperabilità, obbligo, diritto che corrispondono al primo decennio. In seguito, abbiamo selezionato degli oggetti che secondo noi si legavano alle parole. La seconda sala corrisponde alla stagione dell’estate dove con nuove parole e oggetti è stato allestito il secondo decennio dal 1987-1996. Le parole scelte sono state: tecnologia, insegnante di sostegno, comunicazione, supporto, noi le abbiamo attribuite agli oggetti: lavagnetta, radio, valigia. Nella sala del terzo decennio (1997-2006) le parole individuate sono: abilità, curiosità, unicità, altre professioni. Secondo me questa legge è stata molto importante sia dal punto di vista professionale e che personale e grazie a tutto ciò, oggi sono più capace di conquistarmi le cose, ho più fiducia in me stessa e soprattutto anche nelle altre persone>>.

Un altro importante pensiero ce lo lascia la nostra animatrice Sara: <<Per i 40 anni sulla legge per l’inclusione scolastica, mi ha colpito molto il video iniziale della mostra. La mostra del progetto Calamaio parla di inclusione e integrazione scolastica e del lungo percorso che è avvenuto dal 1977 fino a oggi. Angelo Errani, che collabora con il nostro progetto, ci ha detto che nella vita bisogna sempre lottare per andare avanti. Nell’ultima sala c’erano le nostre interviste video e in particolare mi è piaciuta l’intervista di Diego Centinaro perché è molto bella e significativa per tutti noi>>.

Anche il nostro animatore Mario ci ha lasciato una bellissima riflessione avendo avuto un ruolo attivo ne

lla mostra: <<Quando si decide di intraprendere un lungo ed impegnativo viaggio, si ha sempre da fare i conti con le proprie potenzialità da spendere, fissando, a grandi linee, gli obiettivi da raggiungere. La grande voglia di cambiamento, per migliorarsi e perfezionare ciò che è ininterrottamente perfettibile, funge da sprono ad andare avanti senza alcun indugio. Si rigonfia il petto di coraggio e fiducia, non c’è niente da temere ma tutto da scoprire ed abbracciare. Il ticket di partenza per il nostro itinerario cade, metaforicamente, in una primavera rigogliosa di aspettative. Viene accantonata l’idea di dividere gli studenti con disabilità, i protagonisti del viaggio, in “classi differenziali”, per cominciare a parlare di integrazione trasversale. La legge del 1977, infatti, segna uno spartiacque nel continuum legislativo, avviato con la riforma Gentile del ’23 e integrato nel corso degli anni da altri provvedimenti. Si inizia a comprendere che ogni importante tappa rappresenta, al contempo, un punto d’arrivo e un nuovo punto di partenza, in vista di un futuro sempre più accogliente nei confronti delle istanze della società. Altre stagioni, infatti, avrebbero segnato, da lì in poi, il cammino da percorrere, lastricandolo di successi e di fasi riflessive. Oggi si festeggiano i quarant’anni dalla legge 517/1977 ed è tempo di fare un punto chiarificatore sui buoni risultati ottenuti, non perdendo mai di vista gli obiettivi ancora da raggiungere.>>

La mostra è stata organizzata nel contesto della seconda edizione del Festival “Specialmente in Biblioteca”, la rassegna di eventi e iniziative per fare conoscere le Biblioteche specializzate di Bologna. Si tratta di un progetto nato due anni fa, dall’incontro di dieci biblioteche bolognesi, con l’intenzione di lavorare insieme ed elaborare e promuovere progetti comuni di promozione e comunicazione.

La mostra, che resterà aperta fino al 3 dicembre, vuole quindi raccontare, far capire e portare avanti la storia di questo percorso di inclusione scolastica che dura ormai da 40 anni.