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Nella scuola di Vsesvit

Ucraina e CDH. “La Luna di Kiev”, la poesia di Rodari tradotta in simboli che abbiamo condiviso con voi la scorsa settimana su Fb, è solo la punta di un iceberg dello stretto rapporto che in questi anni ci ha legato al paese al centro di uno dei conflitti più dolorosi della storia recente.

Grazie al lavoro del Professor Dimitris Argiropoulos dell’Università di Parma, tante infatti sono state le occasioni di scambio di buone pratiche che ci hanno messo a confronto con docenti universitari, educatori e operatori da lì giunti in Italia per acquisire nuove competenze sul lavoro con le persone con disabilità e la didattica inclusiva.

Ma c’è di più, in Ucraina, nel 2017, ci siamo anche andati.

Sandra Negri, coordinatrice del Progetto Calamaio, ricorda con grandissimo affetto l’accoglienza ricevuta presso la Scuola Vsesvit e l’Università Ivan Franko di Zhytomir.

Allora il paese era alle prese con una nuova legge sull’inclusione scolastica, una legge voluta e attesa che stava finalmente permettendo ai bambini con disabilità di accedere alla scuola pubblica.

Il Professor Dimitris e l’Associazione Iscos Emilia- Romagna Onlus ci hanno dato la possibilità di dedicare agli insegnanti presenti un ciclo seminariale sul tema, nell’ambito del progetto “Strutturare l’inclusione scolastica e socio-sanitaria della disabilità nella Regione di Zhytomir”.

Insieme a noi c’era anche Mario Paolini

Parlare di avanguardie educative sembra ora un’utopia un po’ naif eppure era l’altro ieri.

In questo conflitto così duro e per tutti destabilizzante ci chiediamo se è davvero possibile arrestare con la forza una crescita in atto, un’evoluzione, un cambiamento culturale che ha già attecchito.

Crediamo di no. La violenza può congelare, può rallentare, piegare emotivamente e moralmente ma non potrà mai uccidere il desiderio di un’alternativa di libertà che è già reale, perché questa sarà difesa, urlata e tramandata, nonostante le macerie e gli atti di distruzione a cui stiamo assistendo.

Amiche e amici, insegnanti, bambine e bambini, educatori, persone con disabilità, cittadini ucraini, siamo con voi.

Associazione Centro Documentazione Handicap e Coop. Accaparlante

L’arte è in tavola!

Che cosa unisce arte e cibo? A rispondere ci hanno pensato Rossella, Elie e Manu, animatori ed educatori del Progetto Calamaio, che da bravi appassionati di entrambi gli ambiti si sono trasformati in veri Arcimboldi, dedicando ai colleghi un laboratorio sul tema. Qui Rossella ci racconta per filo e per segno come è andata, dando così il via a una rubrica tutta sua!

La mia passione e il desiderio di fare conoscere l’arte ai miei colleghi mi hanno spinto l’anno scorso a ideare una mia “rubrica d’arte”, che di tanto in tanto presento all’interno del gruppo Calamaio. Lo scorso anno era basata sulla vita di alcuni artisti, quest’anno ho avuto la brillante idea di unire l’arte a un “qualcosa”. Pensando a quel “qualcosa” insieme a Manu, ci è venuto in mente di unire l’arte al cibo. Prima di tutto perché all’interno del nostro gruppo ci sono molti appassionati di cucina a cui piace molto mangiare, in secondo luogo perché l’arte e il cibo sono legati da tempo immemore. Da quando l’uomo ha cominciato a sentire il bisogno di rappresentare la propria vita, inevitabilmente il cibo ne ha fatto parte. Dalle scene di caccia dei graffiti preistorici e dei geroglifici egizi, alle opere più venerate del Rinascimento, fino a quelle più moderne della pop e della eat art.

Ho iniziato a fare delle ricerche approfondite e ho scelto degli artisti partendo dal 1500 ad oggi che hanno rappresentato il cibo nella propria arte. Insieme a Elie, un tirocinante, abbiamo creato un powerpoint con artisti e opere del calibro di Arcimboldo, Van Gogh, Paul Gaugin, Pablo Picasso, Matisse, Frida Kahlo, Andy Wharol, Vanessa Beecrooft e Will Cotton.

È stato interessante scoprire come nel corso degli anni il modo di rappresentare l’arte è cambiato, dalle nature morte di Van Gogh, Gaugin, Matisse, passando per L’ultima cena di Frida Kahlo, una rivisitazione particolare e inusuale della rappresentatissima Ultima Cena, capolavoro di Leonardo, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove gli artisti rappresentano nelle loro opere, delle vere e proprie performances, come ad esempio le opere di Will Cotton che presentano scenari costituiti interamente da pasticcini, caramelle, zucchero filato e gelati.

(cit.)“Questi dipinti riguardano un luogo molto specifico”, dice Cotton, “È un’utopia in cui ogni desiderio è soddisfatto tutto il tempo, il che significa in definitiva che non ci può essere desiderio, come non c’è desiderio senza mancanza”.

Abbiamo scoperto anche delle interessanti curiosità, come ad esempio sotto l’opera di Van Gogh Natura morta con frutta e castagne 1886,è nascosta un’altra opera La donna con sciarpa, perché Van Gogh spesso riutilizzava delle tele già dipinte. Oppure, avreste mai pensato che un’opera di Picasso è stata venduta a New York alla modica somma di 4.226.500 dollari? Ebbene sì è l’opera  Corbeille de fruits et bouteille, un’opera datata 29 dicembre 1937 realizzata a Parigi.

Dopo la presentazione abbiamo pensato a un laboratorio sull’arte e il cibo molto singolare, ogni partecipante aveva la possibilità di creare la sua opera d’arte, avendo come tavolozza di colori, i colori di frutta e verdura: banane, kiwi, mandarini, pomodori, carote, insalata, olive… Abbiamo dato ampio spazio alla nostra fantasia e sono venuti fuori dei veri capolavori. Ognuno poi ha dato un nome alla sua opera.

Il cibo crea aggregazione e unisce la gente in un modo piacevole e ha la capacità di evocare qualcosa negli occhi dell’osservatore.

E ora se avete voglia create anche voi la vostra opera d’arte e dategli un nome…Poi inviateci le foto a calamaio@accaparlante.it , potremmo così organizzare una vera e propria mostra con i vostri capolavori!

Grazie a tutti e alla prossima rubrica!

Rossella Placuzzi

Emanuela Marasca

Elie Smaily

DAIMON OF LOVE

Immaginate di fare un salto indietro nel tempo, catapultandovi, magari, all’epoca dell’Antica Grecia, quella di Platone!

E ora pensate un po’ a come potreste sentirvi, se vi trovaste di soppiatto nel bel mezzo di un “simposio”, quel banchetto dove filosofi e pensatori erano impegnati a discorrere del sentimento più controverso e ricercato al mondo… Parliamo ovviamente dell’Amore!

Sarebbe davvero curioso e alquanto improbabile, starete pensando, eppure c’è chi ha avuto modo di provare un’esperienza paradossalmente simile!

Ed è proprio a tal proposito che alcuni animatori del Progetto Calamaio potrebbero raccontarcene delle belle!

Tatiana Vitali, Diego Centinaro, Andrea Mezzetti e Camilo De La Cruz, infatti, ormai da diversi mesi partecipano al percorso interdisciplinare di formazione teatrale e musicale, I Fiori Blu: musicateatro – sesta edizione, curato da Gruppo Elettrogeno Teatro, un progetto rivolto a persone che accedono alle misure alternative alla detenzione, a operatori sociali, persone di diversa età e provenienza, persone con disabilità, studenti e performers.

Così, nel corso di questa esperienza laboratoriale, all’interno di una vera e propria comunità artistica, i nostri pezzi da novanta hanno contribuito alla realizzazione di un bellissimo monologo a più voci, Daimon of love –  andato in onda su Radio Oltre lo scorso 21 Dicembre come restituzione del lavoro realizzato da “I Fiori Blu” – che si ispira proprio al Il Simposio di Platone.

In questa produzione corale ciascun partecipante ha avuto modo di esprimere e interpretare la sua idea di amore, talvolta con ironia, talvolta cantando, talvolta a partire da citazioni, proverbi e luoghi comuni che appartengono sì alla cultura popolare, ma che finiscono poi col riflettersi inevitabilmente nelle vite di ognuno, rafforzando le proprie credenze o addirittura maturandone di nuove.

Ma ora leggete cosa scrivono di questo percorso i nostri “simposiani”:

“Da quest’anno faccio parte della compagnia dei Fiori Blu. All’inizio del laboratorio ci siamo veramente ritrovati come se io fossi sempre stata con loro.

Stiamo imparando a muoverci e a tenere dialoghi e mi piace veramente molto.

Alle volte basta una battuta per darti la carica, nel senso che magari senti un attore che fa una battuta e magari il gruppo senza saperlo ci va dietro e regge il gioco. Piano piano stiamo imparando a staccarci dalla carrozzina perché il Simposio nasce come una cena dove tutti i filosofi erano coricati per terra.

La diretta radiofonica è stata un’anteprima di quello che faremo prossimamente dal vivo. Prepararsi è stato bello: avevamo il nostro copione e per il giorno della restituzione abbiamo imparato a memoria le nostre parti, è stato bellissimo farlo perché ho sentito il supporto di tutti”.

Tatiana Vitali, animatrice del Progetto Calamaio.

“Far parte del gruppo I Fiori Blu significa molto per me perché è un posto dove sono riuscito a trovare la mia dimensione, infatti, la mia passione più grande è la musica, in particolare, il canto. Questo è un ambito dove tiro fuori il meglio di me stesso: riesco a far uscire la mia creatività attraverso la voce e a interpretare al meglio come mi sento. Ma non è solo questo: quando sono nel gruppo mi sento in famiglia. Questa esperienza mi ha arricchito molto perché imparo sempre cose nuove, per esempio, “stare a ritmo” di musica e a seguire le indicazioni del maestro, inoltre, a stare con persone competenti nel canto mi sento stimolato, acquisisco varie conoscenze e competenze.

Ascoltarmi in radio è stato davvero strano, perché mi sentivo un’altra persona però mi sono sentito soddisfatto di come il nostro lavoro è riuscito. Ho trovato che la parte musicale del progetto si sia ben integrata con quella teatrale. È stato davvero interessante. E tutti sono stati davvero bravi. Sono fiero di far parte di questo gruppo “allargato”.

Camilo De la Cruz, animatore del Progetto Calamaio

“Affrontare il tema dell’amore nel percorso è stato molto bello e forte perché di solito faccio molta fatica a parlarne. In questo caso è stato diverso, è stato più semplice perché ciascuno ha espresso la sua idea di amore, e quando io ho detto la mia nessuno mi ha giudicato, mi sono sentito compreso da tutti.

Nella realizzazione del copione per la restituzione radiofonica ho dato il mio contributo, ho dato tutto me stesso e tutto il mio cuore, anche se spesso dico che per me l’amore è difficile. Ascoltarmi mi ha fatto un certo effetto perché non ho mai preso parte ad una trasmissione alla radio. È stato stimolante fare un’esperienza del tutto nuova”.

Diego Centinaro, animatore del Progetto Calamaio.

Potere dell’Amore, potere del Teatro.

A presto con le prossime novità!

USCITA DEL CALAMAIO A FOTONDUSTRIA 2021 “Food”

“Fotoindustria” è una Biennale di fotografia organizzata dalla fondazione MAST di Bologna: ogni due anni viene presentato un tema che caratterizza le esposizioni (quest’anno “Food”) diffuse per la città e il gruppo Calamaio non ha perso l’opportunità di prendere parte a questo evento!

Nella giornata del 17 novembre, alcuni di noi si sono recati alle esposizioni situate al MAMBO e a Palazzo Fava per approfondire i temi della mostra, ma con l’approccio critico che da sempre contraddistingue le nostre uscite.

All’interno di una visita a noi interessa non solo darci la possibilità di scoprire nuovi saperi, ma anche quella di testare l’effettiva accessibilità di un evento e sperimentare le nostre autonomie.

Abbiamo visitato le sedi dedicate alle mostre “Laboratory of Forms” di Jan Groover, “Favignana” di Herbert List e “Factory of Original Desires” di Bernard Plossu.

Erano tre mostre che trattavano il contenuto da vari punti di vista, in particolare Jan Groover si soffermava sulla natura morta, Herbert List sull’industria negli anni Cinquanta, mentre Bernard Plossu sul confronto fra il cibo e i paesaggi incontrati nei suoi viaggi.

Siamo stati attirati dall’argomento della Biennale, in quanto riteniamo che il cibo possa essere un soggetto interessante da discutere dal lato artistico, ma ci siamo scontrati con molte difficoltà.

Abbiamo organizzato questa uscita informandoci in anticipo su quali potessero essere i luoghi effettivamente accessibili, pur non essendo chiaramente esplicitato sul sito dedicato. Selezionando accuratamente, siamo riusciti a ritenere adeguati cinque eventi fra gli undici presentati.

Per quanto riguarda l’esposizione al MAMBO abbiamo riscontrato dei limiti dal punto di vista strutturale: la posizione delle cornici era troppo alta per chi le guardava dalla carrozzina, per alcuni di noi le teche con le fotografie erano irraggiungibili per la loro altezza, le luci non consentivano una visione chiara, le porte di ingresso non essendo automatiche non ci consentivano l’ingresso in autonomia.

Anche dal punto di vista dei contenuti, non mancano i problemi di accessibilità: i sottotitoli erano troppo veloci nei video, le didascalie non erano possibili da leggere.

Parlando delle mostre a Palazzo Fava, l’entrata ha presentato degli ostacoli, come l’accesso all’ascensore limitato dai frigoriferi della pasticceria dalla quale si entra, oltre al fatto che l’ascensore fosse molto piccolo e molto veloce nell’apertura e nella chiusura delle porte. Le fotografie erano allestite in maniera non del tutto accessibile a causa della loro disposizione in entrambe le esibizioni.

Per concludere la nostra uscita in bellezza abbiamo fatto ritorno verso Via Don Minzoni per un pranzo tra colleghi all’” Ex Forno MAMbo”. Carbonara ottima e servizio cordiale, anche se dal punto di vista dell’accessibilità ci sarebbe da migliorare: purtroppo non sono presenti servizi igienici attrezzati e i tavoli non consentono alle carrozzine di infilarsi agevolmente in alcuni punti.

UNA PILA DI STORIE

Nel libro “IL PILASTRO, storia di una periferia nella Bologna nel dopoguerra”, Giovanni Cristina scrive: “Il Villaggio del Pilastro è un complesso di edilizia pubblica sorto negli anni ’60 all’estrema periferia nord-orientale di Bologna. Probabilmente noto al pubblico per essere stato accostato a episodi di criminalità, il Pilastro è stato rappresentato, spesso in maniera stereotipata, come un quartiere degradato, “meridionale” e pericoloso”. Rispetto agli anni ’60 sicuramente questo quartiere è molto cambiato, nonostante ciò, non nascondiamo che la prima volta che abbiamo visto lo spazio che ci avevano assegnato da Acer in via d’annunzio 19/a, a primo impatto abbiamo pensato: “Ma dove siamo capitati!?”. Questo era il 2018. Ora siamo nel 2021 e questo “dove siamo capitati”, letto inizialmente in modo negativo, per noi si è trasformato in un’occasione per rivalutare la PILA, così battezzata dal nostro gruppo, e la zona in cui si trova. Noi siamo il Gruppo Calamaio, formato da educatori e animatori con disabilità che lavora con le scuole di ogni ordine e grado, per sensibilizzare bambini, ragazzi e adulti al tema della disabilità, diversità e inclusione. I nostri incontri sono caratterizzati da grande entusiasmo e carica. Da qui nasce il nome LA PILA, intesa come una batteria carica e per noi quel luogo era pieno di energia da sfruttare. Per questo nel 2019 ci siamo insediati stabilmente e abbiamo iniziato a vivere quel luogo abitato da culture diverse. “LA PILA, una carica di diversità”, questo il nome completo di questo progetto, si pone l’obiettivo di avere uno spazio inclusivo e di condivisione sociale e culture con il territorio. Rivolto a bambini, adolescenti, adulti e anziani. Uno spazio si inclusivo e aperto, perché chiunque poteva e può entrare, incuriositi dalla nostra presenza e di quei personaggi diversi, per scambiare due chiacchiere, giocare, raccontare e ascoltare. Proprio da queste chiacchiere e interazioni sono nate idee per far si che questa “PILA” non smettesse mai di essere carica.

Purtroppo, a causa della pandemia, la nostra presenza alla PILA è stata interrotta a malincuore.

Nel mese di settembre 2020 abbiamo ricominciato a rivivere lo spazio, con un piccolo gruppo di educatori e animatori con disabilità, svolgendo laboratori di giardinaggio e relazione con cittadini, proponendo giochi e caffè (a volte salato!). Con l’arrivo dell’estate, con la fine della scuola e l’inizio dei campi estivi siamo riusciti a diventare un punto di incontro per i bambini e le loro mamme dei palazzi limitrofi, riuscendo a instaurare una relazione di scambio sociale e culturale. Da questi incontri è nata l’idea di provare a partecipare al Bando Bologna Estate 2021, con il desiderio di incontrare più bambini possibili. Il progetto “Una Pila di Gazebo” si è svolto nei pressi della Pila, nel parco Piazza Lipparini, con cadenza settimanale alternando varie attività come animazioni condotte dai nostri educatori e animatori con disabilità del Progetto Calamaio, incontri di rugby con l’associazione i “Cinghiali” e percorsi tematici sul territorio in collaborazione con le case di quartiere. Una volta al mese “Storie Per Tutti”, un progetto del Centro Documentazione Handicap, ha proposto letture accessibili per le famiglie e per i bambini di tutte le età. Collaborando insieme ai centri estivi delle cooperative “Quadrifoglio” e “Il Circolo La Fattoria” siamo riusciti ad accogliere un grande numero di bambini. Ricominciare a fare le attività del Calamaio per questi giovani protagonisti è stata per noi una grande soddisfazione dopo questi anni di pandemia e assenza dalle scuole.

Nel 2020 è nata una collaborazione con i ragazzi di Luna APS, grazie ai quali proponiamo attività di tempo libero rivolte a ragazzi e adulti con disabilità. Abbiamo proposto diversi laboratori: “Luna Sfuocata”, incentrato sulla fotografia; “Luna Tattoo”, laboratori di disegno con la presenza di tatuatori professionisti e il mitico “Luna Spritz”, aperitivi a base di Spritz, musica e balli aperti alla comunità. Queste attività hanno portato ulteriore vita alla zona nei pressi della Pila, riuscendo anche in questi casi a interagire con i bambini e le loro famiglie, creando una piacevole atmosfera di gioco e scambio reciproco.

Il Centro Documentazione Handicap e la Pila ovviamente non si fermano qui e continueranno a essere presenti sul territorio Pilastro portando quello che sanno fare meglio: inclusione giocando e divertendosi!

Seguite le pagine “Associazione Centro Documentazione Handicap“, “Tutti Alla Pila” e “Luna APS” per restare aggiornati e non perdere le nostre attività.

Indi Mates – Coinquiline per scelta

Giovedì 21 ottobre abbiamo avuto il piacere di incontrare Elena Rasia e Margherita Pisani, le protagoniste del progetto Indi Mates, un’esperienza di vita indipendente nella città di Bologna nata da un annuncio Facebook nel quale Elena ricercava una persona con cui andare a convivere. La particolarità che rende questa storia diversa dalle altre è che Elena è una ragazza in carrozzina che viveva in una frazione di Marzabotto, quindi lontana dal centro e dalla vita che sognava, limitata nella libertà di scelta a causa delle difficoltà di movimento che comporta vivere in una zona di montagna, diventando “vittima” dell’organizzazione dei genitori.

Questa esperienza nasce da qui, da un’esigenza che conosciamo molto bene, la voglia di uscire di casa e di essere indipendenti. Indi Mates infatti è un progetto di convivenza, Elena non cercava un’amica ma una coinquilina che potesse aiutarla in orari prestabiliti in cambio di alloggio; infatti questa situazione è anche a vantaggio di Margherita, la quale non paga l’affitto, andando così incontro anche alle sue esigenze risolvendo uno dei grandi problemi della città metropolitana di Bologna, la ricerca di una casa.

Ovviamente non è tutto rose e fiori e anche in casa Indie Mates si litiga e si discute. Le ragazze ribadiscono l’importanza del rispetto degli spazi e del saper riuscire a capire quando è il caso di disturbare o meno l’altra persona. Un incontro di grande intensità che ha portato i nostri animatori a diversi dubbi e riflessioni sull’argomento:

“L’incontro con Elena e Margherita è stato parecchio interessante e mi ha colpito molto la determinazione di Elena, una spinta a fare di più. Però ovviamente ogni situazione è soggettiva e avrà bisogno un percorso diverso: per esempio ora non posso permettermi di pagare un affitto… figuriamoci due! Come fare? prima il lavoro e poi la casa, penserò a come risolvere tutto passo dopo passo”

CAMILO DE LA CRUZ, animatore del Gruppo Calamaio

“È stato molto stimolante perché mi ha dato molti spunti interessanti e mi ha fatto conoscere un modo per riuscire a cercare una casa e vivere da sola. Penso che sia un’esperienza fantastica e che Elena sia una persona molto forte e coraggiosa, determinata a raggiungere i suoi obiettivi. Personalmente mi frena la paura del nuovo, sono sempre stata abituata a essere assistita dai miei genitori e non ho mai fatto un esperienza fuori casa, ma sto cominciando ad incuriosirmi sempre di più..”

FRANCESCA AGGIO, animatrice del Gruppo Calamaio

IL PARTITO DEGLI SCOMODI

Due settimane fa, in vista delle elezioni comunali di Bologna, abbiamo organizzato una giornata dedicata alla conoscenza e alla scoperta dei partiti e delle diverse coalizioni in gioco incontrando esponenti di diverse fazioni e capendo quali fossero le modalità di voto. Abbiamo parlato del ruolo del Sindaco e dei suoi consiglieri, dell’importanza che hanno sulle scelte e i cambiamenti di una città e quindi di quanto rilevante sia votare. Tra le chiacchiere sono poi uscite fuori le nostre esigenze, quello che per noi sarebbe importante fare per rendere la città come la vogliamo noi… nasce cosi:

IL PARTITO DEGLI SCOMODI

Scarica il file e fai conoscere il PARTITO DEGLI SCOMODI! Cerchiamo gente nuova che si unisca alla nostra battaglia, siete tutti e tutte benvenuti/e!

Gita al MAST

Il gruppo Calamaio ha pensato di organizzare diverse uscite sul territorio di Bologna nel mese di luglio. Una fra queste, è stata la visita alla Fondazione MAST che ospita la prima mostra antologica dell’artista Richard Mosse, curata da Urs Stahel.
Ecco la testimonianza di Tatiana Vitali, una delle nostre fantastiche animatrici.

Mercoledì 7 Luglio una parte del gruppo Calamaio è andata a vedere la  mostra di Richard Mosse, una mostra fotografica e di video.
Le foto sono meravigliose e allo stesso tempo commoventi perché l’artista già nella prima sala racconta di luoghi poveri del mondo e della guerra. Inoltre ci fa scoprire come si vive in Congo attraverso una pellicola ad infrarossi che trasforma tutto nelle tonalità del rosa, i colori sono talmente rilassanti che se non c’è qualcuno a raccontarti le fotografie non si riesce a capire cosa c’è dietro

Subito dopo si entra in un’altra sala nella quale si cambia immediatamente atmosfera e colore, l’artista in questo caso ci racconta della migrazione. In una lunghissima fotografia in bianco e nero, intitolata “Skaramagas”, da una parte si vede la città con le sue luci e dall’altra le persone nei campi profughi. Solo dopo abbiamo scoperto che la foto è composta da una serie di scatti e questo mi ha meravigliata perché all’inizio sembrava una foto unica.

Anche le ultime fotografie che parlano dell’ambiente mi sono piaciute molto, come quella del lago pieno di coccodrilli e della trivella. Sono fotografie piene di dettagli, se non ti avvicini o se non hai una guida è difficile notarli invece è bellissimo quando li scopri.

Ho notato che vicino le foto non ci sono didascalie, ma forse è stata una scelta dell’artista per farci entrare di più nel racconto.

La foto che mi sono portata a casa è quella del Congo perché racconta come si vive in quel luogo usando degli effetti che fanno diventare i colori leggeri e magici.

I video, invece, sono stati molto forti, per fortuna non ero da sola. In uno dei video che raccontava delle migrazione ho visto una scena con del fuoco ed è stato impegnativo guardarlo perché oltre alle scene anche i suoni erano molto forti, non come rumore ma come significato, ad esempio ho sentito il rumore di una pistola.

Il mio pensiero è che la mostra vada vista perché ti fa pensare e ti fa conoscere delle cose che in tv o nei giornali non sempre vengono raccontate in modo reale. Inoltre essendo delle fotografie artistiche aiutano ad entrare in un altro mondo e a porti delle domande.

Al Museo della Musica

Agosto, tempo di ristoro e di un po’ di meritato relax, anche per chi come noi sta continuando a lavorare, cercando di bilanciare il consueto impegno a favore dell’inclusione con attività più distensive e piacevoli per alimentare il proprio benessere, già messo a dura prova dal periodo di quarantena.

A volte poi, le cose più belle stanno a un tiro di schioppo, proprio come le bellezze del patrimonio artistico delle nostre città. Quale migliore occasione allora, proprio ora che siamo ancora limitati negli spostamenti, per riscoprire le meraviglie che abbiamo accanto?

Nel nostro caso ci hanno pensato Andrea, Camilo, Marco e Diego, animatori con disabilità ed educatori del Progetto Calamaio che si sono diretti al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, questa volta non in veste di mappatori (anche se un’occhiata all’accessibilità ci scappa sempre) ma di semplici visitatori.

Un vero e proprio mondo è quello che si è aperto davanti a loro, fatto di strumenti musicali, modellini, ritratti, manoscritti e storia, di cui ogni stanza del museo custodisce il segreto, mentre alla biblioteca continuano a rivolgersi studiosi e musicisti di tutto il mondo. Merito del patrimonio di opere teoriche e letterarie, composizioni destinate a servire nella pratica dell’arte e una collezione di libretti d’opera di tutto rispetto, magistralmente ordinati nel catalogo di Gaetano Gaspari, bibliotecario del Liceo Musicale (di cui fu allievo anche Rossini) dal 1855 al 1881, ora consultabile anche online.

Andrea ci ha racconta come è andata con alcune, rapide, impressioni a caldo:

Inizio partendo dal fatto che l’edificio, che si chiama Palazzo Sanguinetti, è stato riaperto al pubblico dopo un lungo restauro che ne ha fatto il fiore all’occhiello di epoca napoleonica, possiamo quindi capire che è un edificio particolare, situato in via Strada Maggiore. La biblioteca della musica di Bologna, molto interessante, affascinante, e direi quasi, forse anche senza il quasi, didattica, chiaramente sull’ambito musicale in quanto pieno di strumenti musicali, documenti ed anche qualche dipinto, cioè parecchi dipinti rappresentanti i volti di artisti vari.

A farci conoscere e scoprire le stanze è stata Linda, educatrice museale che ci ha spiegato, mostrato e descritto alcune opere che offriva il museo. Tra i tanti oggetti interessanti che ci ha mostrato, ricordo bene del flauto più piccolo del mondo e un modellino rappresentante il teatro comunale di Bologna, con annessa spiegazione dell’utilizzo dell’epoca.

Oltretutto è un museo da me già visitato, in passato, per mappatura, con i miei colleghi Emanuela e Massimo. Per quanto riguarda l’accessibilità del museo, io, sinceramente, e credo tutto il gruppo, non abbiamo avuto problemi, è presente l’ascensore, un po’ strettino per la mia carrozza, però alla fine ce l’ho fatta, e così gli altri del mio gruppo”.

Che dire, non ci resta che cominciare a guardarsi intorno… Nel frattempo qui ci chiediamo: chi di voi, con o senza disabilità, riuscirà quest’anno ad andare in vacanza? Quali destinazioni avete scelto? Cosa è cambiato nella vostra organizzazione? Quali difficoltà e sorprese avete incontrato?

Raccontatecelo scrivendo a calamaio@accaparlante.it, proveremo a raccogliere i vostri “diari di viaggio d’emergenza”!

Andrea Mezzetti e Progetto Calamaio

Grazie, Maestro!

Lo scorso 6 luglio se ne è andato un grande artista italiano del Novecento: il compositore, musicista, direttore d’orchestra e arrangiatore Ennio Morricone.

Noto al grande pubblico per le colonne sonore di film che hanno fatto la storia del cinema del nostro paese, nel 2007 ricevette un Oscar alla carriera, e nel 2016 lo vinse per la colonna sonora di The Hateful Eight di Tarantino.

Tra le sue collaborazioni più famose ricordiamo C’era una volta il West (1968) di Leone, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Petri, Sacco e Vanzetti di Montaldo, Il buono, il brutto, il cattivo (1966) e Per un pugno di dollari (1964), sempre di Leone, Teorema (1968) di Pasolini, C’era una volta in America (1984), ancora di Leone, Nuovo cinema paradiso (1989) e La leggenda del pianista sull’oceano (1998) di Tornatore, solo per citarne alcune.

A rendergli omaggio ci pensa ora il nostro Mario Fulgaro, poeta, formatore e animatore con disabilità del Progetto Calamaio, che con il suo sguardo, come sempre profondo e intelligente, ci spiega perché il Maestro è entrato nel cuore di tanti:

“L’arte figurativa suscita grande emozione se riesce a trasmettere intrinseche suggestioni. Se a questa, poi, si aggiungono altre tecniche di “animazione”, nasce un collage in grado di imprimere maggiormente, nello spettatore, tutto il valore che si vuole esprimere. Sempre più spesso, infatti, si cerca di associare più forme d’arte, per risaltare il significato più profondo dell’opera esposta. Così, la cinematografia unisce in sé più stili, più immagini, più incanti. L’arte musicale è quella che, per antonomasia, riesce, più di tutte, ad avere un canale più diretto con le corde dell’anima.

Un’immagine, una sequenza di immagini, un ventaglio di immagini in movimento, smorfie ed espressioni visive hanno un carico emotivo di eccezionale valenza e di sorprendente significato. Tutto è da custodire nei cassetti più gelosi della memoria, nulla va perso perché impresso, indelebilmente, nel proprio animo. È lì che l’arte musicale di Ennio Morricone opera, lasciando ricordi emotivi di altissimo spessore.

Tutto viene esaltato all’ennesima potenza, divenendo legame indissolubile tra arte visiva, arte fotografica, arte espressiva, arte emotiva e l’arte più intima e nascosta tra le sensibilità vibranti della psiche umana. Ennio Morricone è riuscito a coniugare la sua nobile arte con quella altrui, esaltando il tutto in un sodalizio perfetto”.

Mario Fulgaro