Skip to main content

Parlando di “Amuri”

Andrea Mezzetti, Tatiana Vitali, Camilo De La Cruz e Diego Centinaro, animatori con disabilità del Progetto Calamaio raccontano, insieme ad Alvise De Fraja, volontario del Servizio Civile Universale, la loro prima esperienza d’attori durante lo spettacolo “Amuri” di Gruppo Elettrogeno Teatro, in scena lo scorso 13 e 14 giugno all’Arena Orfeonica di Bologna.

Che quartetto esplosivo che abbiamo visto in scena all’Arena Orfeonica! Come è stato lasciare i panni dell’animatore per entrare in quelli dell’attore, nel caso di Andrea, Tatiana e Diego, e del cantante e musicista, nel caso di Camilo?

Diego: Io bene, mi sono trovato bene. Perché ero quello che facevo le cose, ero più al centro dell’azione. E poi mi è piaciuto molto quello che ho fatto perché ero in piedi.

Andrea: È stato bello e affascinante e si spera con buoni risultati. La differenza principale è che in questa occasione del teatro eravamo al centro dell’attenzione, mentre a lavoro la figura dell’educatore, anche nelle animazioni, è molto presente.

Tatiana: Il mio lavoro mi vede nei panni di un’animatrice, in cui generalmente si opera con i bambini  nelle scuole avendo già una traccia prestabilita e seguita da diverse attività di gioco o di dialogo. L’ attore invece nello spettacolo deve entrare nel personaggio che rappresenta anche attraverso le emozioni e io ho potuto scegliere cosa e come poter far trasparire una parte di me stessa recitando la parte assegnatami. Io ho conosciuto Gruppo Elettrogeno Teatro nel 2019. Fin dall’inizio, frequentando e facendo laboratori, negli anni ho capito che quel contesto era il mio spazio di libertà e quest’anno abbiamo potuto fare lo spettacolo “Amuri” in presenza, ed è stato molto bello, sia fare il laboratorio sia la preparazione dello spettacolo stesso. Noi come attori lavorando insieme ci siamo molto aperti e ci siamo conosciuti a livello profondo, ci siamo sentiti liberi di esprimere i nostri pensieri e non giudicati, potevamo dire tutto quello che volevamo e la regista Martina Palmieri è molto brava e sensibile. Io mi sento un’attrice, è stato molto bello preparare lo spettacolo e il risultato finale ha avuto un grande successo. Per la mia partecipazione ho avuto un ottimo feedback dalla regista e dal gruppo stesso e anche da parte del pubblico. Il gruppo Elettrogeno insieme alla regista mi vogliono come io voglio loro perché stiamo molto bene insieme. Io da loro non sono considerata una persona con disabilità, ma infatti all’interno del gruppo non si parla mai di disabilità, sono una persona e considerata un’attrice. Questo mi fa stare bene.

“Amuri” è il titolo dello spettacolo che vi ha visti protagonisti, è una parola presa a prestito dal dialetto siciliano e indica la pluralità, le tante sfumature dell’amore. Ma che cos’è per voi l’Amore?

Andrea: per me è semplicemente una cazzata che non esiste…. No, diciamo che è un argomento molto lungo per trattarlo in un solo articolo.

Camilo: L’amore però esiste anche per l’amicizia, l’amore per me è il rispetto. Nel nostro spettacolo l’amore è proprio l’amore che c’è sempre, ovunque in qualsiasi momento. Però secondo me l’amore è rispetto, soprattutto rispetto per sé stessi, se non ce l’hai non puoi esprimerlo per gli altri. Poi ovviamente ognuno interpreta a modo suo la parola amore.

Andrea: Effettivamente Cami ha ragione, perché è vero che dipende dal punto di vista di una persona, di come lo interpreta.

Diego: Per me l’amore è difficile.

Andrea: Ma difficile da comprendere?

Diego: È difficile perché ci vuole molto impegno da parte delle persone che sono innamorate. È anche avere la voglia di stare insieme.

Camilo: È impegno soprattutto da parte tua perché parte da te, prima è un impegno nei propri confronti nel rispettare prima se stessi. Come nella vita non siamo sempre tutti d’accordo, nel senso che non possiamo essere d’accordo con tutti: il punto allora è come dobbiamo sempre cercare di adeguarci alle situazioni e allora entra in gioco il rispetto per sé stessi e per gli altri.

Diego: Io comunque ho bisogno di qualcuno che mi segua.

Camilo: Io non so se c’è bisogno di qualcuno che ti segua, perché di amare siamo capaci tutti. A livello di affettività credo che tu sia in grado di farlo capire all’altra persona. Su questo siamo abbastanza autonomi. Non parlo tanto del “fare l’amore”, anche semplicemente dell’affetto, dell’amicizia. Ognuno di noi ha il proprio modo.

Alvise: Si potrebbe dire che siamo uguali perché tutti sono capaci di amare, ma siamo diversi perché ognuno lo fa a modo suo.

Diego: L’amore secondo me sono due cose: l’amore fra due persone e l’amore verso sé stessi, prendersi cura di sé e poi c’è anche la cura degli altri per me.

Tatiana: L’amore per me ha tante sfaccettature, infatti come si è visto nello spettacolo non esiste un solo tipo di amore e secondo noi come persone e poi attori bisognerebbe essere aperti a ogni tipo di amore, perché nel mondo ci sono molti tipi di amore.

Lo spettacolo è il risultato di un lungo percorso laboratoriale di musica e teatro in cui vi siete confrontati con voi stessi e con altre persone, non necessariamente educatori, e con dei professionisti del settore. È stato difficile affrontare certi nodi personali? In questo senso che cosa ha rappresentato l’incontro con il resto del gruppo?

Andrea: per me non è stato difficile per niente, anzi è stato molto bello, ecco. Perché le persone del GET mi sono sembrate abbastanza, diciamo, cordiali, abbastanza gentili, sono state in grado di metterci a nostro agio e anche se ho dovuto affrontare nodi personali non ci ho fatto troppo caso perché non mi è sembrata l’occasione.

Diego: A me è piaciuto molto perché loro avevano molta competenza nel trattare con persone con disabilità e questa cosa qui a me piace molto. 

Camilo: La difficoltà c’è stata sempre, ovviamente sono dovuto andare avanti e adeguarmi alle situazioni; quindi, mi sentivo dover reagire al lato positivo, diciamo che all’interno del gruppo mi è piaciuto perché ho imparato delle cose nuove.

Tatiana: Per me non è stato difficile, è stato un modo di mettermi in gioco ed entrare in contatto con il mio personaggio. Il percorso laboratoriale è stato molto divertente e liberatorio dai vincoli familiari perché mi sono sentita completamente autonoma. Avendo io difficoltà di linguaggio, tutti gli attori e la regista mi hanno dimostrato che mettendosi in ascolto e rispettando i miei tempi mi capiscono senza nessun problema, questo per me è stato un ostacolo superato con mia soddisfazione.

Qual è il vostro momento preferito dello spettacolo?

Andrea: Direi la fine, perché vuol dire che me la son cavata e che non ho fatto danni. Mi è piaciuta molto la scena con me e Mariolina perché in scena siamo solo io e lei e diciamo che c’è abbastanza attaccamento dal punto di vista fisico, siamo molto vicini e questo mi ha suscitato, diciamo, “benessere”.

Diego: Quello che ho fatto io, perché ero il protagonista. Mi è piaciuto molto quando mi hanno alzato su e poi anche la musica che cantava Camilo perché lui è molto bravo. E mi è piaciuto molto anche quando ho allungato il braccio e ho preso per mano un’altra attrice e l’ho portata vicino a me e poi l’ho accarezzata. Questo momento mi è piaciuto perché è stato molto forte per il pubblico.

Camilo: Io personalmente volevo far arrivare a loro le mie emozioni, non abbiamo fatto uno spettacolo solo per farlo ma invece l’abbiamo fatto per mandare un messaggio significativo e anche l’abbiamo fatto per far divertire il pubblico e per fargli capire che nonostante la nostra disabilità nessuno può impedire di fare o inventare ciò che vogliamo e che anche noi abbiamo dei talenti.

Tatiana: È stato tutto molto bello, io ho due momenti preferiti dello spettacolo: il primo è stato quello della mia prima scena in cui io volevo entrare all’interno del Simposio ma essendo donna e disabile secondo le regole di quel periodo non ero degna di far parte del simposio stesso e il mio partner mi voleva mettere fuori, io non ho rinunciato e ho spinto a terra tutti i partecipanti a quella scena.  Il secondo momento preferito è stato quello dell’atto finale, dove tutti abbiamo ballato davanti al pubblico, lo stesso pubblico alla fine è entrato nello spettacolo ballando con noi, è  stata un’esperienza che mi rimarrà dentro per sempre nel cuore.

Che cosa volevate suscitare nel pubblico presente?

Andrea: Posso fare una battuta? Vomito, tanto vomito! ma parlando sul serio, che tutto questo vale per ogni persona.

Diego: Che anche le persone con disabilità possono amare.

Camilo: Io personalmente volevo far arrivare a loro le mie emozioni, non abbiamo fatto uno spettacolo solo per farlo ma invece l’abbiamo fatto per mandare un messaggio significativo e anche l’abbiamo fatto per far divertire il pubblico e per farlo capire che nonostante la nostra disabilità nessuno può impedire di fare o inventare ciò che vogliamo, e per farlo anche capire che anche noi abbiamo dei talenti.

Tatiana: Il gruppo è formato da tante di persone ognuno con la propria peculiarità e caratteristica e attraverso lo spettacolo volevamo far riflettere e far comprendere alle persone che l’amore non è mai unico ma esistono una pluralità di amori che vanno accolti e rispettati, allo stesso tempo fare divertire il pubblico.

Lo rifareste?

Andrea: probabile!

Diego: Sì!

Camilo: Sì lo rifarei molto volentieri perché mi sono divertito e mi sono sentito libero e soprattutto era una bellissima esperienza.

Tatiana: Sì, lo rifarei molto volentieri, e penso sia stato per me l’inizio di una lunga serie.

Grazie alla regista Martina Palmieri, all’educatrice del Progetto Calamaio Barbara Rodi, che ha seguito e partecipato all’intero percorso, e a tutto Gruppo Elettrogeno Teatro per la bellissima esperienza!

Omaggio ad Andrea Canevaro

Claudio Imprudente, giornalista, scrittore ed educatore, Presidente Onorario del Centro Documentazione Handicap di Bologna, ricorda qui l’amico Andrea Canevaro, Professore Emerito in Pedagogia Speciale, scomparso a Ravenna lo scorso 26 maggio. Insieme ad Andrea, Claudio ha contribuito a fondare il CDH e ha combattuto molte battaglie a favore dell’inclusione, dentro e furori dalla scuola, e da lui ha ricevuto, nel 2011, a Rimini, la Laurea Honoris Causa in Scienze della Formazione e della Cooperazione.

“Andrea […] occhi di bosco, contadino del regno” è un motivetto che mi viene da cantare in questi giorni per ricordare con le parole di Fabrizio De Andrè il mio amico Andrea Canevaro che ci ha lasciato questo 26 maggio.

“Occhi di bosco” mi riporta alla memoria una delle sue pubblicazioni: I bambini che si perdono nel bosco – identità e linguaggi nell’infanzia (La nuova Italia, 1999). Questo libro, insieme a molti altri, testimoniano l’impegno di Andrea nei confronti dei temi della pedagogia e dell’inclusione. Come ho avuto modo di ricordare il giorno 8 giugno 2022 in un memoriale a lui dedicato presso l’università di Bologna, la sua impronta nel mondo dell’educazione è stata essenziale e ci ha lasciato molto ancora su cui riflettere. In quell’occasione ho messo in luce anche lo speciale rapporto che condividevamo nel nome di un’educazione libera da pietismo e colma di inclusione; tutti e due, infatti, abbiamo basato la nostra collaborazione su questo tipo di approccio, tramutatosi poi in una vera e propria “cultura”.

La stessa parola “cultura” deriva dal verbo latino còlere e rimanda al mondo dei campi, come viene spiegato dalla versione online dell’Enciclopedia Treccani, nella quale troviamo anche un parallelismo fra la costanza richiesta dall’agricoltura e quella dell’istruzione attraverso le varie discipline del sapere. Da qui anche l’espressione “contadino del regno” mi fa pensare a chi, come Andrea, coltiva con pazienza il sapere umano, in modo che sia a disposizione di più persone possibili. L’idea di un’educazione a misura di ciascuno è sempre stata cruciale per la sua carriera, ribadendo sempre la forza che essa può avere nelle mani di ciascuno.

L’ambito dei contadini, inoltre, mi riporta anche ad un universo umile e concreto, del quale lo stesso Andrea Canevaro faceva parte. Durante il suo ricordo nelle sale dell’Alma Mater Studiorum è stato detto più volte come non si identificasse con il nome di “professore”, ma rimanesse fedele a sé stesso.

In ultimo, mi preme ricordare l’atto rivoluzionario che più di ogni cosa sancì il nostro impegno reciproco nel mondo dell’educazione, ovvero il conferimento della mia laurea honoris causa in Scienze della Formazione e della Cooperazione a Rimini nel 2011. In questo gesto si espresse con forza la volontà di non vedere mai più la disabilità con compassione, ma come una caratteristica personale che in alcun modo deve pregiudicare il singolo all’accesso alla cultura. Questo titolo accademico non doveva dunque essere considerato “un’opera buona”, ma un invito al mondo universitario a guardare oltre le apparenze.

La sua passione ha contribuito a creare il Centro Documentazione Handicap, attorno al quale ruotano ogni anno moltissime persone che si occupano dei temi dell’inclusione e della Pedagogia Speciale.

Sarebbe irrispettoso nei confronti di Andrea dedicargli un pensiero retorico e rifarsi a tradizionali formule di commiato: in lui c’era una volontà di cambiamento del suo ambito così forte che qualsiasi frase fatta non gli renderebbe giustizia. È bello per questo sapere che con la memoria dei suoi gesti e dei suoi studi, continuerà a rivoluzionare altre menti che vorranno condividere il suo approccio.

Che dire…grazie Andrea di tutto e buon volo!

Il mio primo libro

Ecco che cosa si nasconde dietro alle bellissime illustrazioni del libro Il mio Afghanistan di Gholam Najafi, la nostra ultima pubblicazione per la collana in CAA Parimenti di Edizioni la meridiana, presentata lo scorso 30 aprile alla Fiera “Fa’ la cosa giusta” di Milano. Ce ne parla l’autore, Camilo De la Cruz!

Caro Camilo, la tua passione per il disegno non è certo una novità, ma è la prima volta che le tue
illustrazioni vengono pubblicate su un libro. Come ci si sente? Cosa hai pensato quando lo hai ricevuto?

Ammetto che inizialmente ero preoccupato, perché era la prima volta che ricevevo un incarico del genere.
Alla fine, però, mi sono ritenuto soddisfatto del lavoro che ho fatto, ho molto apprezzato il mio risultato
finale.

Nonostante tu abbia una disabilità motoria e sia fortemente condizionato nell’uso delle mani riesci
comunque a realizzare disegni complessi e ricchi di particolari. Come fai?

Ho studiato al Liceo Artistico e successivamente per un breve periodo all’Accademia delle Belle Arti, quindi
ho sempre avuto interesse ad approfondire il disegno. Ho avuto anche tanta passione per l’arte fin da
quando sono piccolo, assieme a tanto esercizio. Inizialmente disegnavo e scrivevo con i piedi, l’unica parte del mio corpo che riuscivo a muovere in modo completo. A seguito di due interventi che ho subìto, ho dovuto smettere di usare i piedi e ho iniziato ad usare le mani. Molti anni dopo l’intervento ai piedi ho iniziato anche a disegnare con la bocca.

In che modo le parole di Gholam Najafi ti sono state di ispirazione, viceversa, come hai adattato il tuo
stile e le tue immagini al suo racconto?

Ho provato molta empatia con la storia di Gholam Najafi: condividiamo una forte determinazione a
cambiare la nostra vita. Intendo dire che entrambi abbiamo adeguato le nostre capacità ai nostri bisogni,
usando tutta la nostra volontà.
Si capiscono le caratteristiche di Najafi dalla sua scrittura, mentre penso che si capisca molto di me dal mio
modo di disegnare.


Oltre che un appassionato di arte e canto, Camilo è anche un educatore. Come reagiscono le bambine e i
bambini che incontri a scuola quando ti vedono disegnare? Che cosa cerchi di restituire e trasmettere
loro?

Il disegno e l’arte sono universali: sono un metodo comunicativo per bambini e adulti. Io per avvicinarmi ai
bimbi uso il disegno, infatti ci scambiamo dei punti di vista su quello che rappresentiamo durante gli
incontri. Mi dà tanta soddisfazione vedere la loro meraviglia quando disegno: spesso infatti pensano che io
non sappia disegnare, ma poi si ricredono. Mi preme molto mostrare loro come il disegno sia per me uno
sfogo creativo.

I libri di Parimenti sono frutto del lavoro congiunto tra Edizioni la meridiana e un gruppo integrato di educatori e animatori con disabilità che partecipa al laboratorio permanente di traduzione in simboli “Librarsi” a cura del Progetto Calamaio.

Prove di scherma a Exposanità

Lo scorso venerdì 13 maggio il Calamaio, con una bella delegazione formata da Gloria, Tristano, Tiziana, Marika, Emanuela e Camilo, si è lanciato nell’esplorazione della ventiduesima edizione di Exposanità, la mostra internazionale al servizio della sanità e dell’assistenza.

Qui la nostra Rossella Placuzzi, animatrice con disabilità e spadaccina provetta, si è cimentata come di consueto nel suo sport preferito, la scherma in carrozzina, passione che ha voluto condividere con i colleghi, invitandoli a provare tutta l’attrezzatura e a mettersi in gioco insieme a lei e all’Associazione Zinella Scherma di San Lazzaro di Savena (BO)

Ecco qui qualche scatto della giornata e gli sguardi di Rossella e Camilo.

“Sono andata in fiera con mio papà, ero contenta perché sapevo che sarebbero venuti a vedermi i miei colleghi- racconta Rossella -mi sono divertita tantissimo perché ho fatto provare loro la scherma. Gloria non l’aveva mai provata, Camilo è venuto a vedermi ed ero molto felice, mi sono anche emozionata.

A mia volta ho provato il ping-pong, è stato bello perché dovevo colpire la pallina con una racchetta, poi ho visto altri sport come l’arrampicata le bocce, le carabine la pesca, il ballo in carrozzina e una ragazza con un esoscheletro necessario per deambulare. Inoltre, ho visto un bambino che faceva handbike che è una bicicletta che si usa da sdraiati, solamente con le braccia.

Piu tardi ho fatto una garetta di pesca e ho vinto una medaglia per la partecipazione poi successivamente ho fatto provare anche persone senza gli arti la scherma e loro mi hanno risposto che il mondo sportivo è un mondo bellissimo e che non ne avevano mai sentito parlare e quindi sono rimasta molto contenta e orgogliosa di me.

Sono orgogliosa anche di tutti i miei colleghi e secondo me ho fatto passare a tutti una bella giornata”.

È stato interessante – continua Camilo- vedere diversi ausili e strumenti che non avevo mai visto prima, per me è stata una bella scoperta perché non pensavo che esistessero delle tecnologie così avanzate. Mi hanno colpito in particolare gli strumenti utili per la riabilitazione come, ad esempio, una macchina dotata di gambe robotiche con le quali era possibile esercitarsi nei diversi movimenti. Ero anche molto interessato all’area sport dove si potevano praticare diverse attività. Molto bella è stata la scherma in carrozzina per come posizionano le carrozzine e per come le legano per evitare che si sbilancino troppo. Io ho provato anche il gioco delle bocce che è abbastanza accessibile. Ho fatto un primo tentativo libero in cui ho provato a lanciare la pallina senza ausilio ma non è andato molto bene, la pallina era troppo grande e non riuscivo a tenerla in mano. Dopo ho usato uno scivolo fatto di legno dove potevo posizionare la bocca, Marika mi ha aiutato a posizionarlo ma solo seguendo le mie indicazioni. Ho provato anche a fare il tiro a segno e ho quasi preso il centro! Mi hanno detto che sono stato molto bravo e che in futuro potrei dedicarmi a quello sport. Infine, ci siamo sfidati con il biliardino, io ero il portiere e alla fine ha vinto la mia squadra.

Usciti dall’area dedicata agli sport, ho visto diverse carrozzine e ne ho anche provata una, che è possibile usare fissandola ad una carrozzina manuale. Mi è piaciuto aver avuto la possibilità di provare una carrozzina del genere perché prima non avrei mai pensato di poter guidare con un manubrio e invece, sì, potevo farlo e chissà magari un giorno potrei usarlo per avere più autonomia.

La fiera è in generale molto interessante perché hai la possibilità di vedere cose nuove ma soprattutto puoi provarle. Il mio consiglio spassionato però, per le prossime edizioni, è quello di dare più alternative e ausili sulla base delle caratteristiche di ognuno”.

Che dire, uno per tutti e tutti per uno! Alla prossima edizione!

A scuola, 30 anni dopo…

Il 4 aprile 2022 è iniziato un percorso Calamaio con l’Istituto Padre Marella di Bologna, scuola frequentata da una delle storiche animatrici del Gruppo Calamaio, Stefania Mimmi, che è ovviamente venuta con noi. Prima di andare a incontrare le bambine e i bambini di oggi Stefania ci ha raccontato della sua esperienza passata nella scuola e in particolare della sua bellissima relazione con una maestra , Maria Michelato, la quale fu la sua insegnante di sostegno.

Maria fu per Stefania molto importante, un prezioso supporto nell’intraprendere un percorso di autonomia e di consapevolezza delle proprie abilità, il tutto anche grazie all’aiuto del maestro Bruno Naldi, il quale si spese fin da subito per integrarla nelle attività della classe (nella foto qui sotto, lo vedete a destra con in braccio Stefania).

Ma la storia non finisce qui! La collaborazione tra Maria e Bruno non si fermò solo a livello lavorativo, sbocciò in una vera e propria storia d’amore, tutt’ora in atto! Stefania, che partecipò alle loro nozze, divenne così ancora più importante per i due, i quali, ancora oggi, non riescono a non commuoversi guardandola.

Rivedere ora la mia scuola- racconta Stefania– mi ha commosso e mi è piaciuto ritornare in veste di formatrice e dimostrare così alla Maria che ero cresciuta e che tutto il suo lavoro non era stato inutile, dell’importanza di tutto il percorso che abbiamo fatto insieme a lei e a suo marito, Bruno Naldi. Loro si sono conosciuto grazie a me, Bruno era il maestro di tutta la classe e Maria invece era insegnante di sostegno.”

Che dire, galeotta fu la Mimmi che ora è passata dall’altro lato della cattedra! Brava!

                         

Nella scuola di Vsesvit

Ucraina e CDH. “La Luna di Kiev”, la poesia di Rodari tradotta in simboli che abbiamo condiviso con voi la scorsa settimana su Fb, è solo la punta di un iceberg dello stretto rapporto che in questi anni ci ha legato al paese al centro di uno dei conflitti più dolorosi della storia recente.

Grazie al lavoro del Professor Dimitris Argiropoulos dell’Università di Parma, tante infatti sono state le occasioni di scambio di buone pratiche che ci hanno messo a confronto con docenti universitari, educatori e operatori da lì giunti in Italia per acquisire nuove competenze sul lavoro con le persone con disabilità e la didattica inclusiva.

Ma c’è di più, in Ucraina, nel 2017, ci siamo anche andati.

Sandra Negri, coordinatrice del Progetto Calamaio, ricorda con grandissimo affetto l’accoglienza ricevuta presso la Scuola Vsesvit e l’Università Ivan Franko di Zhytomir.

Allora il paese era alle prese con una nuova legge sull’inclusione scolastica, una legge voluta e attesa che stava finalmente permettendo ai bambini con disabilità di accedere alla scuola pubblica.

Il Professor Dimitris e l’Associazione Iscos Emilia- Romagna Onlus ci hanno dato la possibilità di dedicare agli insegnanti presenti un ciclo seminariale sul tema, nell’ambito del progetto “Strutturare l’inclusione scolastica e socio-sanitaria della disabilità nella Regione di Zhytomir”.

Insieme a noi c’era anche Mario Paolini

Parlare di avanguardie educative sembra ora un’utopia un po’ naif eppure era l’altro ieri.

In questo conflitto così duro e per tutti destabilizzante ci chiediamo se è davvero possibile arrestare con la forza una crescita in atto, un’evoluzione, un cambiamento culturale che ha già attecchito.

Crediamo di no. La violenza può congelare, può rallentare, piegare emotivamente e moralmente ma non potrà mai uccidere il desiderio di un’alternativa di libertà che è già reale, perché questa sarà difesa, urlata e tramandata, nonostante le macerie e gli atti di distruzione a cui stiamo assistendo.

Amiche e amici, insegnanti, bambine e bambini, educatori, persone con disabilità, cittadini ucraini, siamo con voi.

Associazione Centro Documentazione Handicap e Coop. Accaparlante

L’arte è in tavola!

Che cosa unisce arte e cibo? A rispondere ci hanno pensato Rossella, Elie e Manu, animatori ed educatori del Progetto Calamaio, che da bravi appassionati di entrambi gli ambiti si sono trasformati in veri Arcimboldi, dedicando ai colleghi un laboratorio sul tema. Qui Rossella ci racconta per filo e per segno come è andata, dando così il via a una rubrica tutta sua!

La mia passione e il desiderio di fare conoscere l’arte ai miei colleghi mi hanno spinto l’anno scorso a ideare una mia “rubrica d’arte”, che di tanto in tanto presento all’interno del gruppo Calamaio. Lo scorso anno era basata sulla vita di alcuni artisti, quest’anno ho avuto la brillante idea di unire l’arte a un “qualcosa”. Pensando a quel “qualcosa” insieme a Manu, ci è venuto in mente di unire l’arte al cibo. Prima di tutto perché all’interno del nostro gruppo ci sono molti appassionati di cucina a cui piace molto mangiare, in secondo luogo perché l’arte e il cibo sono legati da tempo immemore. Da quando l’uomo ha cominciato a sentire il bisogno di rappresentare la propria vita, inevitabilmente il cibo ne ha fatto parte. Dalle scene di caccia dei graffiti preistorici e dei geroglifici egizi, alle opere più venerate del Rinascimento, fino a quelle più moderne della pop e della eat art.

Ho iniziato a fare delle ricerche approfondite e ho scelto degli artisti partendo dal 1500 ad oggi che hanno rappresentato il cibo nella propria arte. Insieme a Elie, un tirocinante, abbiamo creato un powerpoint con artisti e opere del calibro di Arcimboldo, Van Gogh, Paul Gaugin, Pablo Picasso, Matisse, Frida Kahlo, Andy Wharol, Vanessa Beecrooft e Will Cotton.

È stato interessante scoprire come nel corso degli anni il modo di rappresentare l’arte è cambiato, dalle nature morte di Van Gogh, Gaugin, Matisse, passando per L’ultima cena di Frida Kahlo, una rivisitazione particolare e inusuale della rappresentatissima Ultima Cena, capolavoro di Leonardo, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove gli artisti rappresentano nelle loro opere, delle vere e proprie performances, come ad esempio le opere di Will Cotton che presentano scenari costituiti interamente da pasticcini, caramelle, zucchero filato e gelati.

(cit.)“Questi dipinti riguardano un luogo molto specifico”, dice Cotton, “È un’utopia in cui ogni desiderio è soddisfatto tutto il tempo, il che significa in definitiva che non ci può essere desiderio, come non c’è desiderio senza mancanza”.

Abbiamo scoperto anche delle interessanti curiosità, come ad esempio sotto l’opera di Van Gogh Natura morta con frutta e castagne 1886,è nascosta un’altra opera La donna con sciarpa, perché Van Gogh spesso riutilizzava delle tele già dipinte. Oppure, avreste mai pensato che un’opera di Picasso è stata venduta a New York alla modica somma di 4.226.500 dollari? Ebbene sì è l’opera  Corbeille de fruits et bouteille, un’opera datata 29 dicembre 1937 realizzata a Parigi.

Dopo la presentazione abbiamo pensato a un laboratorio sull’arte e il cibo molto singolare, ogni partecipante aveva la possibilità di creare la sua opera d’arte, avendo come tavolozza di colori, i colori di frutta e verdura: banane, kiwi, mandarini, pomodori, carote, insalata, olive… Abbiamo dato ampio spazio alla nostra fantasia e sono venuti fuori dei veri capolavori. Ognuno poi ha dato un nome alla sua opera.

Il cibo crea aggregazione e unisce la gente in un modo piacevole e ha la capacità di evocare qualcosa negli occhi dell’osservatore.

E ora se avete voglia create anche voi la vostra opera d’arte e dategli un nome…Poi inviateci le foto a calamaio@accaparlante.it , potremmo così organizzare una vera e propria mostra con i vostri capolavori!

Grazie a tutti e alla prossima rubrica!

Rossella Placuzzi

Emanuela Marasca

Elie Smaily

DAIMON OF LOVE

Immaginate di fare un salto indietro nel tempo, catapultandovi, magari, all’epoca dell’Antica Grecia, quella di Platone!

E ora pensate un po’ a come potreste sentirvi, se vi trovaste di soppiatto nel bel mezzo di un “simposio”, quel banchetto dove filosofi e pensatori erano impegnati a discorrere del sentimento più controverso e ricercato al mondo… Parliamo ovviamente dell’Amore!

Sarebbe davvero curioso e alquanto improbabile, starete pensando, eppure c’è chi ha avuto modo di provare un’esperienza paradossalmente simile!

Ed è proprio a tal proposito che alcuni animatori del Progetto Calamaio potrebbero raccontarcene delle belle!

Tatiana Vitali, Diego Centinaro, Andrea Mezzetti e Camilo De La Cruz, infatti, ormai da diversi mesi partecipano al percorso interdisciplinare di formazione teatrale e musicale, I Fiori Blu: musicateatro – sesta edizione, curato da Gruppo Elettrogeno Teatro, un progetto rivolto a persone che accedono alle misure alternative alla detenzione, a operatori sociali, persone di diversa età e provenienza, persone con disabilità, studenti e performers.

Così, nel corso di questa esperienza laboratoriale, all’interno di una vera e propria comunità artistica, i nostri pezzi da novanta hanno contribuito alla realizzazione di un bellissimo monologo a più voci, Daimon of love –  andato in onda su Radio Oltre lo scorso 21 Dicembre come restituzione del lavoro realizzato da “I Fiori Blu” – che si ispira proprio al Il Simposio di Platone.

In questa produzione corale ciascun partecipante ha avuto modo di esprimere e interpretare la sua idea di amore, talvolta con ironia, talvolta cantando, talvolta a partire da citazioni, proverbi e luoghi comuni che appartengono sì alla cultura popolare, ma che finiscono poi col riflettersi inevitabilmente nelle vite di ognuno, rafforzando le proprie credenze o addirittura maturandone di nuove.

Ma ora leggete cosa scrivono di questo percorso i nostri “simposiani”:

“Da quest’anno faccio parte della compagnia dei Fiori Blu. All’inizio del laboratorio ci siamo veramente ritrovati come se io fossi sempre stata con loro.

Stiamo imparando a muoverci e a tenere dialoghi e mi piace veramente molto.

Alle volte basta una battuta per darti la carica, nel senso che magari senti un attore che fa una battuta e magari il gruppo senza saperlo ci va dietro e regge il gioco. Piano piano stiamo imparando a staccarci dalla carrozzina perché il Simposio nasce come una cena dove tutti i filosofi erano coricati per terra.

La diretta radiofonica è stata un’anteprima di quello che faremo prossimamente dal vivo. Prepararsi è stato bello: avevamo il nostro copione e per il giorno della restituzione abbiamo imparato a memoria le nostre parti, è stato bellissimo farlo perché ho sentito il supporto di tutti”.

Tatiana Vitali, animatrice del Progetto Calamaio.

“Far parte del gruppo I Fiori Blu significa molto per me perché è un posto dove sono riuscito a trovare la mia dimensione, infatti, la mia passione più grande è la musica, in particolare, il canto. Questo è un ambito dove tiro fuori il meglio di me stesso: riesco a far uscire la mia creatività attraverso la voce e a interpretare al meglio come mi sento. Ma non è solo questo: quando sono nel gruppo mi sento in famiglia. Questa esperienza mi ha arricchito molto perché imparo sempre cose nuove, per esempio, “stare a ritmo” di musica e a seguire le indicazioni del maestro, inoltre, a stare con persone competenti nel canto mi sento stimolato, acquisisco varie conoscenze e competenze.

Ascoltarmi in radio è stato davvero strano, perché mi sentivo un’altra persona però mi sono sentito soddisfatto di come il nostro lavoro è riuscito. Ho trovato che la parte musicale del progetto si sia ben integrata con quella teatrale. È stato davvero interessante. E tutti sono stati davvero bravi. Sono fiero di far parte di questo gruppo “allargato”.

Camilo De la Cruz, animatore del Progetto Calamaio

“Affrontare il tema dell’amore nel percorso è stato molto bello e forte perché di solito faccio molta fatica a parlarne. In questo caso è stato diverso, è stato più semplice perché ciascuno ha espresso la sua idea di amore, e quando io ho detto la mia nessuno mi ha giudicato, mi sono sentito compreso da tutti.

Nella realizzazione del copione per la restituzione radiofonica ho dato il mio contributo, ho dato tutto me stesso e tutto il mio cuore, anche se spesso dico che per me l’amore è difficile. Ascoltarmi mi ha fatto un certo effetto perché non ho mai preso parte ad una trasmissione alla radio. È stato stimolante fare un’esperienza del tutto nuova”.

Diego Centinaro, animatore del Progetto Calamaio.

Potere dell’Amore, potere del Teatro.

A presto con le prossime novità!

USCITA DEL CALAMAIO A FOTONDUSTRIA 2021 “Food”

“Fotoindustria” è una Biennale di fotografia organizzata dalla fondazione MAST di Bologna: ogni due anni viene presentato un tema che caratterizza le esposizioni (quest’anno “Food”) diffuse per la città e il gruppo Calamaio non ha perso l’opportunità di prendere parte a questo evento!

Nella giornata del 17 novembre, alcuni di noi si sono recati alle esposizioni situate al MAMBO e a Palazzo Fava per approfondire i temi della mostra, ma con l’approccio critico che da sempre contraddistingue le nostre uscite.

All’interno di una visita a noi interessa non solo darci la possibilità di scoprire nuovi saperi, ma anche quella di testare l’effettiva accessibilità di un evento e sperimentare le nostre autonomie.

Abbiamo visitato le sedi dedicate alle mostre “Laboratory of Forms” di Jan Groover, “Favignana” di Herbert List e “Factory of Original Desires” di Bernard Plossu.

Erano tre mostre che trattavano il contenuto da vari punti di vista, in particolare Jan Groover si soffermava sulla natura morta, Herbert List sull’industria negli anni Cinquanta, mentre Bernard Plossu sul confronto fra il cibo e i paesaggi incontrati nei suoi viaggi.

Siamo stati attirati dall’argomento della Biennale, in quanto riteniamo che il cibo possa essere un soggetto interessante da discutere dal lato artistico, ma ci siamo scontrati con molte difficoltà.

Abbiamo organizzato questa uscita informandoci in anticipo su quali potessero essere i luoghi effettivamente accessibili, pur non essendo chiaramente esplicitato sul sito dedicato. Selezionando accuratamente, siamo riusciti a ritenere adeguati cinque eventi fra gli undici presentati.

Per quanto riguarda l’esposizione al MAMBO abbiamo riscontrato dei limiti dal punto di vista strutturale: la posizione delle cornici era troppo alta per chi le guardava dalla carrozzina, per alcuni di noi le teche con le fotografie erano irraggiungibili per la loro altezza, le luci non consentivano una visione chiara, le porte di ingresso non essendo automatiche non ci consentivano l’ingresso in autonomia.

Anche dal punto di vista dei contenuti, non mancano i problemi di accessibilità: i sottotitoli erano troppo veloci nei video, le didascalie non erano possibili da leggere.

Parlando delle mostre a Palazzo Fava, l’entrata ha presentato degli ostacoli, come l’accesso all’ascensore limitato dai frigoriferi della pasticceria dalla quale si entra, oltre al fatto che l’ascensore fosse molto piccolo e molto veloce nell’apertura e nella chiusura delle porte. Le fotografie erano allestite in maniera non del tutto accessibile a causa della loro disposizione in entrambe le esibizioni.

Per concludere la nostra uscita in bellezza abbiamo fatto ritorno verso Via Don Minzoni per un pranzo tra colleghi all’” Ex Forno MAMbo”. Carbonara ottima e servizio cordiale, anche se dal punto di vista dell’accessibilità ci sarebbe da migliorare: purtroppo non sono presenti servizi igienici attrezzati e i tavoli non consentono alle carrozzine di infilarsi agevolmente in alcuni punti.

UNA PILA DI STORIE

Nel libro “IL PILASTRO, storia di una periferia nella Bologna nel dopoguerra”, Giovanni Cristina scrive: “Il Villaggio del Pilastro è un complesso di edilizia pubblica sorto negli anni ’60 all’estrema periferia nord-orientale di Bologna. Probabilmente noto al pubblico per essere stato accostato a episodi di criminalità, il Pilastro è stato rappresentato, spesso in maniera stereotipata, come un quartiere degradato, “meridionale” e pericoloso”. Rispetto agli anni ’60 sicuramente questo quartiere è molto cambiato, nonostante ciò, non nascondiamo che la prima volta che abbiamo visto lo spazio che ci avevano assegnato da Acer in via d’annunzio 19/a, a primo impatto abbiamo pensato: “Ma dove siamo capitati!?”. Questo era il 2018. Ora siamo nel 2021 e questo “dove siamo capitati”, letto inizialmente in modo negativo, per noi si è trasformato in un’occasione per rivalutare la PILA, così battezzata dal nostro gruppo, e la zona in cui si trova. Noi siamo il Gruppo Calamaio, formato da educatori e animatori con disabilità che lavora con le scuole di ogni ordine e grado, per sensibilizzare bambini, ragazzi e adulti al tema della disabilità, diversità e inclusione. I nostri incontri sono caratterizzati da grande entusiasmo e carica. Da qui nasce il nome LA PILA, intesa come una batteria carica e per noi quel luogo era pieno di energia da sfruttare. Per questo nel 2019 ci siamo insediati stabilmente e abbiamo iniziato a vivere quel luogo abitato da culture diverse. “LA PILA, una carica di diversità”, questo il nome completo di questo progetto, si pone l’obiettivo di avere uno spazio inclusivo e di condivisione sociale e culture con il territorio. Rivolto a bambini, adolescenti, adulti e anziani. Uno spazio si inclusivo e aperto, perché chiunque poteva e può entrare, incuriositi dalla nostra presenza e di quei personaggi diversi, per scambiare due chiacchiere, giocare, raccontare e ascoltare. Proprio da queste chiacchiere e interazioni sono nate idee per far si che questa “PILA” non smettesse mai di essere carica.

Purtroppo, a causa della pandemia, la nostra presenza alla PILA è stata interrotta a malincuore.

Nel mese di settembre 2020 abbiamo ricominciato a rivivere lo spazio, con un piccolo gruppo di educatori e animatori con disabilità, svolgendo laboratori di giardinaggio e relazione con cittadini, proponendo giochi e caffè (a volte salato!). Con l’arrivo dell’estate, con la fine della scuola e l’inizio dei campi estivi siamo riusciti a diventare un punto di incontro per i bambini e le loro mamme dei palazzi limitrofi, riuscendo a instaurare una relazione di scambio sociale e culturale. Da questi incontri è nata l’idea di provare a partecipare al Bando Bologna Estate 2021, con il desiderio di incontrare più bambini possibili. Il progetto “Una Pila di Gazebo” si è svolto nei pressi della Pila, nel parco Piazza Lipparini, con cadenza settimanale alternando varie attività come animazioni condotte dai nostri educatori e animatori con disabilità del Progetto Calamaio, incontri di rugby con l’associazione i “Cinghiali” e percorsi tematici sul territorio in collaborazione con le case di quartiere. Una volta al mese “Storie Per Tutti”, un progetto del Centro Documentazione Handicap, ha proposto letture accessibili per le famiglie e per i bambini di tutte le età. Collaborando insieme ai centri estivi delle cooperative “Quadrifoglio” e “Il Circolo La Fattoria” siamo riusciti ad accogliere un grande numero di bambini. Ricominciare a fare le attività del Calamaio per questi giovani protagonisti è stata per noi una grande soddisfazione dopo questi anni di pandemia e assenza dalle scuole.

Nel 2020 è nata una collaborazione con i ragazzi di Luna APS, grazie ai quali proponiamo attività di tempo libero rivolte a ragazzi e adulti con disabilità. Abbiamo proposto diversi laboratori: “Luna Sfuocata”, incentrato sulla fotografia; “Luna Tattoo”, laboratori di disegno con la presenza di tatuatori professionisti e il mitico “Luna Spritz”, aperitivi a base di Spritz, musica e balli aperti alla comunità. Queste attività hanno portato ulteriore vita alla zona nei pressi della Pila, riuscendo anche in questi casi a interagire con i bambini e le loro famiglie, creando una piacevole atmosfera di gioco e scambio reciproco.

Il Centro Documentazione Handicap e la Pila ovviamente non si fermano qui e continueranno a essere presenti sul territorio Pilastro portando quello che sanno fare meglio: inclusione giocando e divertendosi!

Seguite le pagine “Associazione Centro Documentazione Handicap“, “Tutti Alla Pila” e “Luna APS” per restare aggiornati e non perdere le nostre attività.