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PERFORMING GENDER…CORPO COME STRUMENTO DI CONOSCENZA DI SE’

Lo scorso 9 Novembre, al Centro Documentazione Handicap di Bologna, il Progetto Calamaio ha aperto le porte del laboratorio On the road, dedicato alla conoscenza e consapevolezza corporea, tra limiti, risorse e benessere, al gruppo internazionale di giovani danzatori del progetto PERFORMING GENDER-Dance Makes Differences, un progetto a cura di Gender Bender International Festival.

Cinque coreografi di cinque paesi, provenienti da Italia, Inghilterra, Slovenia, Spagna e Olanda  insieme ad altrettanti dramaturg della danza per oltre 50 danzatori e danzatrici coinvolti,  impegnati per due anni in una ricerca performativa legata al tema del genere e degli orientamenti sessuali, ora protagonisti con noi  di un viaggio alla scoperta di sé. Uno scambio intensissimo che ha profondamente coinvolto dal punto di vista fisico ed emotivo gli animatori con disabilità quanto gli educatori e gli artisti presenti.
 
L’incontro è stata l’occasione per sperimentare alcune delle attività proposte in questi anni dall’équipe del Progetto Calamaio sul tema della consapevolezza corporea e un modo per offrire ai danzatori un confronto con corpi che esulassero dalla loro consueta preparazione atletica e artistica.  Un viaggio alla scoperta del proprio corpo, sui limiti che riconosciamo e non, sul piacere che esso può darci e quello che invece non percepiamo, sulle risorse che abbiamo e quelle ancora sconosciute.

Ecco come Mario Fulgaro, uno dei nostri animatori con disabilità, ci restituisce il valore e l’importanza della creazione di un contesto di fiducia prima di iniziare l’attività, che, scopriremo, sarà condotta da lui e dal resto del gruppo educativo del Calamaio:

“È sempre bello incontrare gente nuova per condividere, tutti insieme, esperienze lavorative e, a più largo spettro, personali. L’originalità e l’ironia sono i principali strumenti per rompere ogni indugio e mettersi in gioco, in modo più amichevole ed intimo possibili. Come avviene nella vita di tutti i giorni, quando persone, sino ad allora sconosciute l’una all’altra, si incontrano, è solito presentarsi.

Una presentazione nominale sarebbe già un primissimo passo in avanti per entrare in diretta comunicazione, ma il tutto rimarrebbe, alla fin fine, ancora per un po’ di tempo relegato alla sfera formale delle consuetudini. Si sente l’urgenza di non perdere del tempo prezioso in sciocche formalità, vissute e rivissute all’infinito. L’obiettivo è creare da subito un clima avvolgente, in grado di fondere le individualità in un unico “corpo”. È giusto, allora, cercare di associare, ad uno stile convenzionale di conoscenza reciproca, un qualcosa di più personale ed inedito, che riesca a centrare l’obiettivo. Così oltre al nome di ognuno, si chiede di presentarsi esplicitando quale sia l’animale più amato. Pretesto, quello dell’animale preferito, solo all’apparenza banale, ma che in realtà aiuta le specificità di ognuno ad essere condivise e ad avvicinarsi per confrontarsi e mettersi già in discussione. Ai soliti animali domestici, quale il gatto o il cane, spicca la preferenza del cavallo, per chi pratica ippoterapia per esempio, anche e soprattutto per diletto. Si inizia a conoscere sé stessi in funzione degli altri. Questa è, infatti, la potenza della conoscenza reciproca.”

Insieme a lui Tiziana Ronchetti, altra animatrice con disabilità, che ora ci conduce all’interno dell’azione a partire dal suo personalissimo vissuto:

Quando sono entrate tutte queste persone nuove a svolgere questo laboratorio con noi, mi sono sentita emozionata. La prima attività è stata svolta dalla Tatiana, io invece ho partecipato guardando dal di fuori i soggetti direttamente coinvolti. Tatiana non solo è stata un’animatrice, ma ha anche educatrice e in questo ruolo l’ho vista molto concentrata. Successivamente siamo passati all’attività dello specchio, dove sono stata io a condurlo ed ho 

provato piacere. Al tempo stesso però, come mia prima attività ero molto concentrata ad aiutare la mia partener con il suo primo contatto su di me, dato che ho visto e sentito che lei inizialmente aveva un po’di timidezza nel toccarmi. Al suo primo impatto, aveva descritto solo la parte superiore del mio corpo. Quando mi ha chiesto se poteva toccarmi anche la parte inferiore del mio corpo, io ho accettato, tanto che ho provato piacere nel farmi toccare. Anche nell’attività del massaggio ho provato molto piacere, sia nel farlo che nel riceverlo. Mi è piaciuto davvero molto quando la mia Partener si è appoggiata interamente con il suo corpo stretto al mio. L’ho abbracciata e lei ha abbracciato me. Per me, questo stretto contatto, è stato come se avessi vissuto più o meno un rapporto sessuale. Ed ecco perché per me questa attività mi ha dato un’emozione fortissima.”

Ad accompagnarla ecco le voci di Stefania Mimmi:

“L’attività che ho svolto è stata a pancia su, le braccia su ed ho fatto finta di guidare. Questa attività l’ho fatta con Tristano e mi sono sentita bene. Una sola differenza, piccola ma molto importante, è stata il rapportarsi con una donna. “Significa avere a che fare con un corpo diverso dal mio, non solo con una persona che ha una forza diversa dalla mia, ma anche con la delicatezza di una persona di sesso femminile, entrando così in contatto sempre più profondo grazie alla sua delicatezza. Ci siamo rispettati entrambe e successivamente siamo arrivati ai saluti finali. Lo specchio è stato per me un ottimo tramite per accorciare le distanze create in un primo contatto visivo, per poi arrivare a sentire la nostra pelle entrare in un contatto fisico superando le barriere iniziali.”        

E di Tatiana Vitali:

“Se sono riuscita a sopravvivere a quest’esperienza così intensa è anche perché, insieme ai miei colleghi, ho partecipato a un percorso di tre anni proprio su questo tema. Credo che, grazie a questo percorso, io sia riuscita ad assumere una maggior consapevolezza del mio corpo, infatti tra di noi educatori e animatori si è creato un clima di fiducia reciproca e io non ho avuto problemi ad accogliere, seminuda, i ballerini. Questa attività noi l’avevamo già vista al Mambo in un video che mostra appunto questa performance.  Durante il laboratorio, si è creato dunque un calore dovuto alle attività stesse e alla complicità che si è creata tra di noi man mano che passava il tempo. Nelle attività della descrizione allo specchio io ho cercato di descrivermi il più vero possibile, mentre i danzatori non hanno parlato della mia disabilità e del fatto che io sono storta, forse non volevano offendermi, ma io so benissimo di avere un corpo storto.

Durante l’attività della danza io ho deciso di staccarmi dalla carrozzina perché volevo essere più libera, quindi ho danzato per terra insieme alla mia partner, una ballerina molto sensibile e delicata. Mi sono lasciata andare e abbiamo pian piano trovato il nostro modo di danzare. Io mi sono sentita coccolata, lei mi muoveva tutto il corpo in modo delicato. Questa è stata un’esperienza indimenticabile, c’è stato molto contatto fisico, se lo dovessi descrivere con un’immagine mi viene in mente una farfalla che vola libera. Durante il laboratorio di danza si è creato un clima di fiducia che ha permesso a tutti noi di arrivare all’ ultima attività del massaggio in modo molto tranquillo e rilassato. I danzatori non hanno avuto difficoltà a farsi massaggiare da me, anzi credo che abbiano provato piacere, e io sono stata contenta di riuscire a trasmetterlo. In conclusione il laboratorio Gender Bender mi ha portato a conoscere ulteriormente il mio corpo e quanto posso fare sentendomi bene.”

E voi, pensate di conoscere perfettamente il vostro corpo? 

 

Quando il bene entra in gioco…

Quest’anno, come di consueto, la grande famiglia del Calamaio si è arricchito di tante nuove collaborazioni. Nel corso dei mesi, ha potuto contare sul contributo di volontari, stagisti e giovani educatori desiderosi di partecipare alle attività del gruppo. Al termine del suo percorso Silvia, una giovane studentessa di pedagogia, ha deciso di congedarsi con una riflessione dedicata a tutti coloro che l’hanno accolta, accompagnata e sostenuta in quest’esperienza. Preparate il fazzoletto, perché – diciamo la verità – a noi una lacrimuccia l’ha fatta scendere. 

«L’altro giorno stavo riflettendo sulla parola BELLEZZA e mentre ripetutamente la recitavo nella mia testa, mi accorsi che stavo pensando a voi. Etimologicamente parlando la parola bellezza significa: qualità di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima, è da questo che si genera connessione tra l’idea di bello e quella di bene. Ecco, sta tutto lì…lì in quella connessione fra bello e bene. Non è forse vero che se proviamo del bene nei confronti di una persona a noi cara, automaticamente ai nostri occhi risulta bella? Mi viene da pensare a una mamma e un papà con il proprio bambino, a due ragazzi che si amano, a due genitori, agli amici. Quando il bene entra in gioco e sprigiona la sua forza è in grado di valicare ogni ostacolo, anche quello fisico. Ebbene eccomi qui che scrivo a voi per ringraziarvi di tutto, perché quel bene di cui parlavo prima è subito entrato in azione e ha distrutto piano piano tutte quelle barriere che ci impediscono di vedere l’altro da un’altra prospettiva. Quel paio di occhiali che indossavo ad una sola gradazione, piano piano hanno iniziato ad andare oltre, per prima cosa cambiando montatura, poi provando lenti differenti, infine sono andati in profondità, valicando le cornici del superfluo e del superficiale ed è proprio in questa profondità che ho scoperto voi: una grande equipe che mi ha accompagnata, che ha lasciato un segno, posizionandosi nel mio cuore nella sezione “ricordi più intimi e preziosi”.
Grazie perché ognuno di voi è stato importante in questo mio percorso e mi avete insegnato tanto, molto più di tutti i libri letti e studiati finora. Volevo lasciarvi con queste righe scritte da un professore…righe illuminanti, che ho sempre riletto nei momenti difficili perché danno forza e speranza a tutti gli educatori un po’ addormentati o frustrati, a coloro che hanno perso la voglia di lottare e di mettersi in gioco, a chi si è fermato anche solo per un po' e a chi per sempre.
L’ “educatore dell'oltre” è in grado di coltivare il senso della propria “eccezionalità” e “irripetibilità”, evitando che esse vadano a discapito dei sentimenti e dei vissuti di eccezionalità e irripetibilità dei soggetti ai quali si rivolge. Egli sa cogliere il valore della propria differenza, senza spezzare i legami con il contesto sociale, consapevole che la persona può essere rispettata solo se, all’interno delle organizzazioni e dei contesti di cura, vige anche una cultura del rispetto reciproco che consenta agli operatori di concentrarsi realmente sui loro interlocutori, anziché piegarsi su di sé. L'educatore dell'oltre è “incompiuto e connesso con il mondo”, sa mettersi in ascolto più che fungere da modello e, quand'anche i suoi modelli vengano veicolati e proposti con forza, egli sa che devono poter essere rifiutati. L’educatore dell'oltre educa e vive con lo sguardo rivolto oltre questi ripari, perché l'educazione sia anche rifugio, non solo rifugio, anche dipendenza, non solo dipendenza, anche errore, non solo errore: apertura a un mondo, nel quale la paradossalità possa essere sciolta, perché esso offre, finalmente, più di una via d'uscita.

Un abbraccio a tutti voi animatori…unici e irripetibili. Vi voglio bene».

Silvia

Un’esperienza al CDH

Anche quest’anno abbiamo ospitato alcune studentesse del Liceo Da Vinci di Casalecchio di Reno per l’esperienza di alternanza scuola-lavoro. Non vi raccontiamo niente, perché le loro parole rendono molto bene i bei momenti che abbiamo condiviso qui al Centro Documentazione Handicap.

"Caro lettore,
oggi volevo consigliarti un posto da visitare, non è un parco o un museo ma sono sicura che ti piacerà. In via Pirandello 24 a Bologna, proprio sopra il costoso Conad, c'è un posto, oserei dire quasi magico, dove le differenze si annullano, e tutti diventiamo parte integrante di un puzzle che, tassello dopo tassello, costruisce il Progetto Calamaio. Qui tutti vanno con grande gioia ed entusiasmo. Beh, forse non tutti: Andre, con la positività che lo contraddistingue, ti dirà che mento… ma tu vai al CDH di mercoledì che lui non c'è".
Giulia

 

"Sono stata felice di trascorrere le due settimane di alternanza scuola-lavoro al CDH perché ho potuto vedere un mondo lavorativo a me nuovo. Mi sono divertita molto perché si è creato un buon rapporto sia con gli educatori sia con le persone svantaggiate. È stata un’esperienza che in futuro mi piacerebbe rifare. Ah, dimenticavo! Io e le mie compagne torneremo il prima possibile a trovarvi".
Annalisa

 

"È sconvolgente vedere ritmi diversi dai nostri, più lenti, più noiosi a volte, ma è ancora più sconvolgente accorgersi che ci sono tante cose che con i ritmi frenetici delle nostre giornate non cogliamo. Che sia una parola o un sentimento, un passo in avanti o un dito sul foglio, un battito di ciglia o un sorriso, una risata o un silenzio, indecisione o paura, dolore, ricordi… tante piccole cose che non si vedono ma che bisognerebbe che tutti noi imparassimo a cogliere. Per vivere meglio. Per vivere bene. Per vivere in un mondo umano. È sconvolgente come le cose e le idee possano cambiare nel giro di due settimane, come tu possa entrare in un modo e uscire in un altro, come ogni cosa e ogni persona possa essere rivalutata…persino un'esperienza. Spesso ci si scherza sopra, spesso, una volta usciti, quel mondo non ti appartiene più; a volte però la vita, oltre che metterti davanti alle difficoltà, ti mette davanti alla realtà ed è utile umanamente, ma non solo; è utile perché ti fa incontrare persone stupende, persone che lavorano per gli altri e non dietro uno sportello o dietro una cattedra ma al loro fianco, persone che hanno affrontato la vita in modo diverso e che sono un grande esempio, che possiedono qualità e sensibilità che vanno oltre all’uso delle gambe o delle braccia, ma che parlano col cuore e arrivano al cuore…anche in poco tempo…anche in dieci giorni. E a me sono arrivati. Ho iniziato quest’esperienza come un progetto scolastico obbligatorio, ho cambiato idea giorno dopo giorno, ora dopo ora e ad oggi posso dire che è stata una delle esperienze più belle che abbia mai fatto, è un'opportunità che va colta e va data a tutti. Per questo io vi ringrazio".
Elisabetta

"Posso assolutamente affermare che questa alternanza è stata davvero speciale per me. Essere tutti i giorni a contatto con persone come loro mi ha fatto capire quanto sia importante la vita e come anche solo un piccolo gesto, ad esempio un sorriso o una parola, ti possa far cambiare prospettiva su tutto! Amo conoscere persone nuove e aiutarle in caso di bisogno perciò trovo che sia stata un’esperienza assai utile ed unica"!
Alessia

 

"Durante il progetto di alternanza scuola-lavoro sono stata ospitata per due settimane dalla cooperativa Accaparlante al pilastro. Un ambiente fantastico, pieno di lavoro e collaborazione. Per me è stata una bella esperienza che rifarei assolutamente".
Helen

Sulle orme de “Le Scarpe di Pippo”

 

Valentina e Clarissa con le scarpe di Arianna Papini
Giornate intense per il Progetto Calamaio…A Bologna è in corso la Children's Book Fair 2017, la fiera internazionale del libro per ragazzi, un evento molto sentito dal nostro gruppo che ogni anno, zaini e borse alla mano, qui si reca in cerca di ispirazione ma anche per offrire al pubblico laboratori, incontri e percorsi pensati per avvicinare alla lettura tutti coloro che hanno delle difficoltà.

 

Così, in occasione di questa 57esima edizione, ne abbiamo pensata un'altra nelle nostre e vi aspettiamo in fiera il prossimo giovedì 6 aprile alle ore 17 per partecipare a “Il gioco di scrivere” un laboratorio di scrittura in simboli nell'ambito del percorso “LIBRI TUTTI Diversi”, promosso dall'Atelier Museo Tolomeo dell'Istituto dei Ciechi Cavazza Onlus.

Francesca con le scarpe di Agnese

 

Prima dell'incontro però date un'occhiata a queste foto…Di chi sono queste facce e soprattutto queste scarpe?

Lo sanno bene i protagonisti de “Le Scarpe di Pippo”, un progetto promosso dalla casa editrice Topipittori e dalla libreria Spazio bk di Milano, che ha visto impegnati gli educatori e gli animatori con disabilità del Calamaio, illustratori professionisti e i bambini delle Scuole Romagnoli nella realizzazione di opere con tecniche pittoriche diverse che hanno avuto per soggetto le scarpe dipinte dai maestri del colore di ieri e di oggi.

Annalisa con le scarpe di Tiziana
Le opere, di cui inizialmente non è stato dichiarato l'autore, sono state vendute in un'asta alla libreria e ristorante spazio ZOO a cinque euro l'una, permettendoci con il ricavato di acquistare presso lo spazio degli splendidi libri che hanno rimpolpato gli scaffali della nostra Biblioteca Ragazzi!

 

Ma non ci siamo fermati qui…A seguire insieme ai bambini delle Romagnoli i nostri educatori e animatori con disabilità hanno condotto un laboratorio dal titolo “Sulle orme de Le Scarpe di Pippo”, dove Mario, Pippo improvvisato, ha portato i bambini a scoprire in una caccia al tesoro a tappe, irta di sorprese e prove da superare, a che cosa servivano le scarpe ortopediche di Mimmi, insospettabile girovaga, quelle da tennis di Danae, ormai esperta lottatrice di danza, o ancora gli stivali di Tatiana, cavallerizza provetta pur con un grosso deficit.

Stefania al lavoro con i bambini delle Scuole Romagnoli

 

Una bel momento di gioco e scoperta per tutti noi, come ci racconta Lorella:

 

Io ho usato la tecnica dei pennarelli, perché mi riusciva più facile. E’ stata un’ attività molto bella, infatti vorrei rifarla, perché si fa qualcosa di diverso rispetto alle attività di tutti gli altri giorni. E’ stato molto emozionante con i bambini, perché abbiamo condiviso qualcosa di simile e vedevo in loro gioia nel fare questa attività. Poi ho chiesto ad un operatore se aiutava a disegnare il bambino che aveva entrambe le braccia ingessate perché non volevo che venisse escluso data la sua penalità.

Mario nei panni di Pippo
Alcuni disegni erano molto simili alle Opere ed è emerso che erano tutti uguali e diversi, ed era bello la diversità nei vari disegni, ed è bello vedere come le rappresentazioni erano diverse a seconda delle varie sfumature, di personalità. Il Laboratorio è stato bello proprio perché i nostri lavori sono stati fatti da operatori normodotati, disabili e bambini e maestre e verranno esposte e vendute in maniera anonima, così che, chi l’acquista non sa chi è l’autore”.

 

E infine, conclude Diego:

 

Quando abbiamo mostrato i disegni un po’ non mi è piaciuto perché mi vergognavo del mio, però mi è anche piaciuto perché mi piacevano molto i disegni dei bambini. Anche se ho visto che i bambini erano più bravi di me, ero felice per loro. Ci vuole un pochino d’armonia tra i disabili e bambini, quindi sarebbero necessari più laboratori che sperimentino questa integrazione”

 

Dall'arte alle scarpe, dal gioco alla scoperta della diversità. Ancora una volta a partire da un libro.

Emanuela, Lorella e Lucia allo spazio ZOO

 

I volti che vedete qui sopra sono alcuni di quelli di coloro che hanno acquistato le opere realizzate insieme. A voi scoprire l'identità degli artisti!

 

Buona fiera del libro a tutti!

 

 

 

Oltre la copertina – Gli studenti delle Saffi traducono Anna Frank

 

Io amo i beni culturali è un concorso di idee per la valorizzazione i beni culturali rivolto alle Scuole Secondarie di 1° e 2° grado e ai Musei, agli Archivi e, per la prima volta da quest'anno anche alle Biblioteche dell’Emilia-Romagna.

Nell'anno 2016/2017 anche la biblioteca del CDH ha presentato un progetto insieme all'Istituto Comprensivo 11 e, in particolare, alle Scuole Medie Saffi del Quartiere S.Donato e S.Vitale di Bologna.

Il progetto Oltre la copertia. L’accessibilità alla lettura come strumento di comprensione della realtà intende valorizzare la come luogo non solo di fruizione della lettura ma anche di incontro, relazione e creazione di libri.

Attraverso il coinvolgimento degli studenti di alcune scuole dell'IC 11, insieme agli animatori del Progetto Calamaio si prevede la realizzazione di alcuni libri modificati tradotti con il linguaggio in simboli.

Un momento della traduzione
 

I libri  tradotti e altri testi accessibili – libri cioè impaginati e scritti con caratteri che facilitano la lettura a persone con DSA, libri tattili o silent book – saranno il primo nucleo di uno Scaffale dei libri accessibili che verrà realizzato all'interno della scuola e coordinato direttamente dalla Biblioteca del Centro Documentazione Handicap. Sarà così più facile per gli studenti prendere in prestito i libri ma anche prendere confidenza con un luogo spesso per loro inaccessibile perché carico di pregiudizi.

Gli studenti al lavoro
 

Il diario di Anna Frank

Gli studenti delle terze hanno partecipato a un laboratorio settimanale pomeridiano durante il quale  hanno appreso a usare il programma SymWriter e successivamente hanno tradotto, velocemente e con grande competenza, alcune lettere di Anna Frank.

Durante il laboratorio di arte realizzato a scuola sono state anche preparate delle illustrazioni originali che accompagneranno i testi.

 

Il GGG

Gli studenti delle prime e delle seconde, invece, hanno tradotto una sintesi del GGG di Rolad Dahl realizzata dagli studenti della classe V della Scuola Primaria Romagnoli.

Sara spiega come funziona la scrittura in simboli

Il progetto si concluderà a maggio quando verrà inaugurato lo Scaffale dei libri accessibili a scuola e presentato il progetto alla cittadinanza presso Sala Borsa con un evento aperto che vedrà il coinvolgimento di tutti gli studenti che hanno participato alle diverse attività.