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Una vera sfida

Rossella Placuzzi, animatrice del Progetto Calamaio, appassionata d’arte e abile spadaccina, partecipante e vincitrice di numerosi tornei di scherma in carrozzina, ci racconta ora la sua prima esperienza di vita indipendente all’ostello di ComBO, in Bolognina, vissuto insieme agli educatori e ai colleghi con disabilità del gruppo. Una vera sfida, un modo completamente diverso, per lei, di mettersi in gioco nel quotidiano.

IL PRIMA – Rossella, che cosa ti immagini di trovare a ComBO e in quest’esperienza?

Non ho mai provato a fare  un‘ esperienza simile fuori casa e in autonomia perché dormire fuori mi mette in ansia. Sono anche spaventata di non riuscire a fare cose che abitualmente faccio da sola come ad esempio vestirsi e andare  in bagno. 

Visualizzando l’ostello sulla mappa ho notato che e molto vicino a dei parchi che vorrei visitare. 

Da questa esperienza mi aspetto di viverla con più tranquillità e meno ansia perché sarà una bella  cosa da vivere in compagnia di amici e  colleghi. 

Le mie  paure sono: dormire fuori casa , andare in bagno, vestirmi da sola e spero di non incontrare spazi chiusi. 

Durante l’esperienza mi piacerebbe molto girare per il centro,  fare shopping  di vestiti con la mia compagnia e cenare in un ristorante giapponese. 

Giornata ideale: entrare nell’ostello, sistemare i bagagli, visitiamo il centro, quando e ora di mangiare andiamo in un ristorante giapponese. Dopo aver pagato il conto usciamo dal ristorante e facciamo una passeggiata per digerire la cena.

IL DOPO – Come è andata?

L’esperienza di ComBO è stata STUPENDA perché ora sono consapevole delle mie capacita e abilità. Sono andata a ComBO, in autobus con Emanuela Elie Sandra Irene e Ermanno  poi siamo scesi dall’ autobus e abbiamo camminato per un bel po’ ComBO è un ostello situato dietro la stazione dei treni di Bologna  

Per me ComBO è stata un’esperienza molto bella,  non ero da sola ero con i colleghi. 

IO sono riuscita a dare all’ingresso la mia carta di identità, sono riuscita ad aprire la porta dell’ostello poi sono riuscita a stare una notte fuori casa senza genitori. 

Mi sono divertita un sacco la sera perché siamo andati a mangiare una pizza tutti insieme  io ero in stanza con la Manu, la ssandra e Irene e in un’altra c’erano Ermanno e  Elie e poi ci hanno aiutato anche Anna e  Mavi due ragazze esterne al progetto.

E io  sono riuscita  a fare delle cose… come ad esempio sono uscita completamente  dalla mia “ zona di comfort “,  per me e stato un momento di crescita mia personale ed emotiva, pensavo che fosse difficile fare questa cosa invece  non e stato difficile perché io faccio parte del gruppo CALAMAIO  

Per me è stata una riscoperta di me stessa certe situazioni difficili le ho sapute gestire molto bene  

Per la prima volta ero felice per le cose che sono riuscita a fare e ringrazio tantissimo la Sandra e Manu  

Io penso che nelle cose che si fanno ci vuole impegno passione amore …. Nelle cose che si fanno. 

Abbiamo fatto tardi, le ore piccole, però ci siamo divertiti. 

 Un’esperienza importante perché un’ esperienza di autonomia completa . 

Penso che adesso io sia più consapevole di quello che riesco a fare. 

Un ringraziamento speciale al gruppo Calamaio, sono orgogliosa di farne parte. 

 

 

 

Un sabato in autonomia

Che cos’è il “tempo libero”?  Di solito definiamo così quel tempo, al di fuori delle incombenze lavorative, scolastiche e di gestione familiare, in cui rilassarci, divertici e prenderci cura di noi, dei nostri interessi, amici e relazioni. Un tempo prezioso, per tutte le età, che forse è ciò su cui oggi, per la maggior parte delle persone, si misura davvero un nuovo concetto di “lusso”. Eppure il tempo libero è un diritto essenziale per il benessere di ciascuno e va difeso indipendentemente dai contesti e dalle condizioni di partenza.

Come sappiamo tuttavia quando c’è di mezzo una disabilità sono ancora molti i giovani adulti costretti a negarsi esperienze di socialità per mancanza di trasporti, budget, informazioni accessibili o perché ancora strettamente dipendenti dai proprio nuclei familiari, a loro volta frustrati, tra comprensibili ansie e le più che legittime richieste dei figli.

“Weekend di sollievo” è in alcuni casi il termine con cui si è ancora abituati a identificare i fine settimana in cui le persone con disabilità dormono fuori casa in compagnia di altre persone con simili bisogni, educatori e operatori. Al Progetto Calamaio questo termine però non piace proprio perché attribuisce alla persona con disabilità un peso (e un senso di colpa) che non gli compete.  Meglio parlare di “weekend di autonomia”, così da restituire al momento il suo vero carattere, con l’idea di offrire non solo un’occasione di svago fuori casa ma anche di crescita, fornendo alla persona con disabilità strumenti concreti per misurarsi con i propri limiti e risorse in nuovi contesti abitativi e di condivisione.

Si tratta di un percorso complesso, di cui torneremo sicuramente a parlare, anche in relazione al cosiddetto “Dopo di Noi”, un’altra dicitura che nelle nostre discussioni abbiamo scelto di personalizzare, sostituendola con “Vita indipendente”: un termine meno angosciante ma anche più preciso, che sottolinea l’importanza di cominciare a intraprendere un sano distacco in direzione dell’adultità della persona prima di ogni eventuale separazione dai propri genitori o caregiver.

La strada verso l’autonomia non è facile per nessuno ma se affrontata con il giusto spirito può trasformarsi in una vera avventura.  Lo sanno bene gli educatori e gli animatori con disabilità del Calamaio, che a giugno e a luglio si sono sperimentati in alcuni weekend in gestione autonoma, al Villaggio del Fanciullo e alla scoperta della città.

C’è chi come Marco, Emanuele, Ermanno e Giovanni è andato a brindare da Vito e chi come Tatiana ci racconta quello che le è passato per la testa, prima e dopo l’esperienza:

IL PRIMA…

Il 16 e 17 luglio andrò a fare il weekend di autonomia con i colleghi del CDH. Non vedo l’ora di farlo perché credo che sia un modo diverso di divertirmi e di avere i miei spazi di libertà, anche se mi dicono che fare il weekend sia stato un po’ faticoso. I miei genitori mi fanno già le raccomandazioni del tipo: “Se non ti vuoi sporcare, allora devi mettere il tovagliolo per il lungo”. Loro forse non si rendono conto che sono adulta e a volte le raccomandazioni di questo tipo sono un po’ inutili. Una delle cose di cui sono più orgogliosa è che sono capace di chiedere per i miei bisogni e anche per le mie medicine, così sono autonoma. Una delle cose che mi piacerebbe fare è fare dei giochi di società in gruppo. Sarà un mio momento d’aria, non vedo l’ora. Ai miei voglio bene però alle volte sono un po’ appiccicosi.

Mi piacerebbe vedere un film di sera magari in un posto all’aperto tipo in Piazza Maggiore, un film però leggero e senza fare il cineforum dopo, perché non siamo a lavoro. Fare un’esperienza con il gruppo del CDH vuol dire finire in modo positivo e divertente il percorso durato un anno sul laboratorio di autonomia. Non so se portare con me anche il mio MP3, ci penserò. A me piace molto la musica e spero di andar fuori a mangiare, non so dove perché non ho molta esperienza vicino al Villaggio del Fanciullo. Mi fido degli altri. Io ho voglia di uscire di sera e sono pronta a fare questa esperienza. Sarà un’esperienza indimenticabile anche se i miei colleghi mi dicono che sia stato molto bello sì, ma faticoso. Non vedo l’ora di provarlo. Una cosa che non so fare è giocare a carte e mi piacerebbe imparare. Io chiederò ai miei di non chiamarmi perché è giusto così, perché è libertà.

IL DOPO…

È stato veramente molto molto molto molto bello al 100% e il prossimo anno io ci sono per rifarlo. Lo vorrei fare di più giorni con i miei colleghi del CDH, magari in un posto nuovo e meno caldo e in un altro periodo. Non ho preferenze su un posto preciso, basta che sia meno caldo e che si stia con i colleghi del CDH. È stato molto bello e liberatorio sia per me che per i miei genitori. È stato fantastico non sentirli per due giorni. Viva l’autonomia!!! Io non so che cosa avevano detto i miei all’inizio al CDH ma per la notte non ho avuto problemi e non ho avuto bisogno di chiamare per essere aiutata. Ho dormito molto bene e sono felice anche perché, dopo questa esperienza, a lavoro mi hanno proposto di fare le trasferte lunghe. . Io sinceramente era da un po’ che ci pensavo e sono molto felice di esserci arrivata.

Che dire, l’avventura è appena cominciata, stay tuned!

 

Il mio primo libro

Ecco che cosa si nasconde dietro alle bellissime illustrazioni del libro Il mio Afghanistan di Gholam Najafi, la nostra ultima pubblicazione per la collana in CAA Parimenti di Edizioni la meridiana, presentata lo scorso 30 aprile alla Fiera “Fa’ la cosa giusta” di Milano. Ce ne parla l’autore, Camilo De la Cruz!

Caro Camilo, la tua passione per il disegno non è certo una novità, ma è la prima volta che le tue
illustrazioni vengono pubblicate su un libro. Come ci si sente? Cosa hai pensato quando lo hai ricevuto?

Ammetto che inizialmente ero preoccupato, perché era la prima volta che ricevevo un incarico del genere.
Alla fine, però, mi sono ritenuto soddisfatto del lavoro che ho fatto, ho molto apprezzato il mio risultato
finale.

Nonostante tu abbia una disabilità motoria e sia fortemente condizionato nell’uso delle mani riesci
comunque a realizzare disegni complessi e ricchi di particolari. Come fai?

Ho studiato al Liceo Artistico e successivamente per un breve periodo all’Accademia delle Belle Arti, quindi
ho sempre avuto interesse ad approfondire il disegno. Ho avuto anche tanta passione per l’arte fin da
quando sono piccolo, assieme a tanto esercizio. Inizialmente disegnavo e scrivevo con i piedi, l’unica parte del mio corpo che riuscivo a muovere in modo completo. A seguito di due interventi che ho subìto, ho dovuto smettere di usare i piedi e ho iniziato ad usare le mani. Molti anni dopo l’intervento ai piedi ho iniziato anche a disegnare con la bocca.

In che modo le parole di Gholam Najafi ti sono state di ispirazione, viceversa, come hai adattato il tuo
stile e le tue immagini al suo racconto?

Ho provato molta empatia con la storia di Gholam Najafi: condividiamo una forte determinazione a
cambiare la nostra vita. Intendo dire che entrambi abbiamo adeguato le nostre capacità ai nostri bisogni,
usando tutta la nostra volontà.
Si capiscono le caratteristiche di Najafi dalla sua scrittura, mentre penso che si capisca molto di me dal mio
modo di disegnare.


Oltre che un appassionato di arte e canto, Camilo è anche un educatore. Come reagiscono le bambine e i
bambini che incontri a scuola quando ti vedono disegnare? Che cosa cerchi di restituire e trasmettere
loro?

Il disegno e l’arte sono universali: sono un metodo comunicativo per bambini e adulti. Io per avvicinarmi ai
bimbi uso il disegno, infatti ci scambiamo dei punti di vista su quello che rappresentiamo durante gli
incontri. Mi dà tanta soddisfazione vedere la loro meraviglia quando disegno: spesso infatti pensano che io
non sappia disegnare, ma poi si ricredono. Mi preme molto mostrare loro come il disegno sia per me uno
sfogo creativo.

I libri di Parimenti sono frutto del lavoro congiunto tra Edizioni la meridiana e un gruppo integrato di educatori e animatori con disabilità che partecipa al laboratorio permanente di traduzione in simboli “Librarsi” a cura del Progetto Calamaio.

USCITA DEL CALAMAIO A FOTONDUSTRIA 2021 “Food”

“Fotoindustria” è una Biennale di fotografia organizzata dalla fondazione MAST di Bologna: ogni due anni viene presentato un tema che caratterizza le esposizioni (quest’anno “Food”) diffuse per la città e il gruppo Calamaio non ha perso l’opportunità di prendere parte a questo evento!

Nella giornata del 17 novembre, alcuni di noi si sono recati alle esposizioni situate al MAMBO e a Palazzo Fava per approfondire i temi della mostra, ma con l’approccio critico che da sempre contraddistingue le nostre uscite.

All’interno di una visita a noi interessa non solo darci la possibilità di scoprire nuovi saperi, ma anche quella di testare l’effettiva accessibilità di un evento e sperimentare le nostre autonomie.

Abbiamo visitato le sedi dedicate alle mostre “Laboratory of Forms” di Jan Groover, “Favignana” di Herbert List e “Factory of Original Desires” di Bernard Plossu.

Erano tre mostre che trattavano il contenuto da vari punti di vista, in particolare Jan Groover si soffermava sulla natura morta, Herbert List sull’industria negli anni Cinquanta, mentre Bernard Plossu sul confronto fra il cibo e i paesaggi incontrati nei suoi viaggi.

Siamo stati attirati dall’argomento della Biennale, in quanto riteniamo che il cibo possa essere un soggetto interessante da discutere dal lato artistico, ma ci siamo scontrati con molte difficoltà.

Abbiamo organizzato questa uscita informandoci in anticipo su quali potessero essere i luoghi effettivamente accessibili, pur non essendo chiaramente esplicitato sul sito dedicato. Selezionando accuratamente, siamo riusciti a ritenere adeguati cinque eventi fra gli undici presentati.

Per quanto riguarda l’esposizione al MAMBO abbiamo riscontrato dei limiti dal punto di vista strutturale: la posizione delle cornici era troppo alta per chi le guardava dalla carrozzina, per alcuni di noi le teche con le fotografie erano irraggiungibili per la loro altezza, le luci non consentivano una visione chiara, le porte di ingresso non essendo automatiche non ci consentivano l’ingresso in autonomia.

Anche dal punto di vista dei contenuti, non mancano i problemi di accessibilità: i sottotitoli erano troppo veloci nei video, le didascalie non erano possibili da leggere.

Parlando delle mostre a Palazzo Fava, l’entrata ha presentato degli ostacoli, come l’accesso all’ascensore limitato dai frigoriferi della pasticceria dalla quale si entra, oltre al fatto che l’ascensore fosse molto piccolo e molto veloce nell’apertura e nella chiusura delle porte. Le fotografie erano allestite in maniera non del tutto accessibile a causa della loro disposizione in entrambe le esibizioni.

Per concludere la nostra uscita in bellezza abbiamo fatto ritorno verso Via Don Minzoni per un pranzo tra colleghi all’” Ex Forno MAMbo”. Carbonara ottima e servizio cordiale, anche se dal punto di vista dell’accessibilità ci sarebbe da migliorare: purtroppo non sono presenti servizi igienici attrezzati e i tavoli non consentono alle carrozzine di infilarsi agevolmente in alcuni punti.

UNA PILA DI STORIE

Nel libro “IL PILASTRO, storia di una periferia nella Bologna nel dopoguerra”, Giovanni Cristina scrive: “Il Villaggio del Pilastro è un complesso di edilizia pubblica sorto negli anni ’60 all’estrema periferia nord-orientale di Bologna. Probabilmente noto al pubblico per essere stato accostato a episodi di criminalità, il Pilastro è stato rappresentato, spesso in maniera stereotipata, come un quartiere degradato, “meridionale” e pericoloso”. Rispetto agli anni ’60 sicuramente questo quartiere è molto cambiato, nonostante ciò, non nascondiamo che la prima volta che abbiamo visto lo spazio che ci avevano assegnato da Acer in via d’annunzio 19/a, a primo impatto abbiamo pensato: “Ma dove siamo capitati!?”. Questo era il 2018. Ora siamo nel 2021 e questo “dove siamo capitati”, letto inizialmente in modo negativo, per noi si è trasformato in un’occasione per rivalutare la PILA, così battezzata dal nostro gruppo, e la zona in cui si trova. Noi siamo il Gruppo Calamaio, formato da educatori e animatori con disabilità che lavora con le scuole di ogni ordine e grado, per sensibilizzare bambini, ragazzi e adulti al tema della disabilità, diversità e inclusione. I nostri incontri sono caratterizzati da grande entusiasmo e carica. Da qui nasce il nome LA PILA, intesa come una batteria carica e per noi quel luogo era pieno di energia da sfruttare. Per questo nel 2019 ci siamo insediati stabilmente e abbiamo iniziato a vivere quel luogo abitato da culture diverse. “LA PILA, una carica di diversità”, questo il nome completo di questo progetto, si pone l’obiettivo di avere uno spazio inclusivo e di condivisione sociale e culture con il territorio. Rivolto a bambini, adolescenti, adulti e anziani. Uno spazio si inclusivo e aperto, perché chiunque poteva e può entrare, incuriositi dalla nostra presenza e di quei personaggi diversi, per scambiare due chiacchiere, giocare, raccontare e ascoltare. Proprio da queste chiacchiere e interazioni sono nate idee per far si che questa “PILA” non smettesse mai di essere carica.

Purtroppo, a causa della pandemia, la nostra presenza alla PILA è stata interrotta a malincuore.

Nel mese di settembre 2020 abbiamo ricominciato a rivivere lo spazio, con un piccolo gruppo di educatori e animatori con disabilità, svolgendo laboratori di giardinaggio e relazione con cittadini, proponendo giochi e caffè (a volte salato!). Con l’arrivo dell’estate, con la fine della scuola e l’inizio dei campi estivi siamo riusciti a diventare un punto di incontro per i bambini e le loro mamme dei palazzi limitrofi, riuscendo a instaurare una relazione di scambio sociale e culturale. Da questi incontri è nata l’idea di provare a partecipare al Bando Bologna Estate 2021, con il desiderio di incontrare più bambini possibili. Il progetto “Una Pila di Gazebo” si è svolto nei pressi della Pila, nel parco Piazza Lipparini, con cadenza settimanale alternando varie attività come animazioni condotte dai nostri educatori e animatori con disabilità del Progetto Calamaio, incontri di rugby con l’associazione i “Cinghiali” e percorsi tematici sul territorio in collaborazione con le case di quartiere. Una volta al mese “Storie Per Tutti”, un progetto del Centro Documentazione Handicap, ha proposto letture accessibili per le famiglie e per i bambini di tutte le età. Collaborando insieme ai centri estivi delle cooperative “Quadrifoglio” e “Il Circolo La Fattoria” siamo riusciti ad accogliere un grande numero di bambini. Ricominciare a fare le attività del Calamaio per questi giovani protagonisti è stata per noi una grande soddisfazione dopo questi anni di pandemia e assenza dalle scuole.

Nel 2020 è nata una collaborazione con i ragazzi di Luna APS, grazie ai quali proponiamo attività di tempo libero rivolte a ragazzi e adulti con disabilità. Abbiamo proposto diversi laboratori: “Luna Sfuocata”, incentrato sulla fotografia; “Luna Tattoo”, laboratori di disegno con la presenza di tatuatori professionisti e il mitico “Luna Spritz”, aperitivi a base di Spritz, musica e balli aperti alla comunità. Queste attività hanno portato ulteriore vita alla zona nei pressi della Pila, riuscendo anche in questi casi a interagire con i bambini e le loro famiglie, creando una piacevole atmosfera di gioco e scambio reciproco.

Il Centro Documentazione Handicap e la Pila ovviamente non si fermano qui e continueranno a essere presenti sul territorio Pilastro portando quello che sanno fare meglio: inclusione giocando e divertendosi!

Seguite le pagine “Associazione Centro Documentazione Handicap“, “Tutti Alla Pila” e “Luna APS” per restare aggiornati e non perdere le nostre attività.

Indi Mates – Coinquiline per scelta

Giovedì 21 ottobre abbiamo avuto il piacere di incontrare Elena Rasia e Margherita Pisani, le protagoniste del progetto Indi Mates, un’esperienza di vita indipendente nella città di Bologna nata da un annuncio Facebook nel quale Elena ricercava una persona con cui andare a convivere. La particolarità che rende questa storia diversa dalle altre è che Elena è una ragazza in carrozzina che viveva in una frazione di Marzabotto, quindi lontana dal centro e dalla vita che sognava, limitata nella libertà di scelta a causa delle difficoltà di movimento che comporta vivere in una zona di montagna, diventando “vittima” dell’organizzazione dei genitori.

Questa esperienza nasce da qui, da un’esigenza che conosciamo molto bene, la voglia di uscire di casa e di essere indipendenti. Indi Mates infatti è un progetto di convivenza, Elena non cercava un’amica ma una coinquilina che potesse aiutarla in orari prestabiliti in cambio di alloggio; infatti questa situazione è anche a vantaggio di Margherita, la quale non paga l’affitto, andando così incontro anche alle sue esigenze risolvendo uno dei grandi problemi della città metropolitana di Bologna, la ricerca di una casa.

Ovviamente non è tutto rose e fiori e anche in casa Indie Mates si litiga e si discute. Le ragazze ribadiscono l’importanza del rispetto degli spazi e del saper riuscire a capire quando è il caso di disturbare o meno l’altra persona. Un incontro di grande intensità che ha portato i nostri animatori a diversi dubbi e riflessioni sull’argomento:

“L’incontro con Elena e Margherita è stato parecchio interessante e mi ha colpito molto la determinazione di Elena, una spinta a fare di più. Però ovviamente ogni situazione è soggettiva e avrà bisogno un percorso diverso: per esempio ora non posso permettermi di pagare un affitto… figuriamoci due! Come fare? prima il lavoro e poi la casa, penserò a come risolvere tutto passo dopo passo”

CAMILO DE LA CRUZ, animatore del Gruppo Calamaio

“È stato molto stimolante perché mi ha dato molti spunti interessanti e mi ha fatto conoscere un modo per riuscire a cercare una casa e vivere da sola. Penso che sia un’esperienza fantastica e che Elena sia una persona molto forte e coraggiosa, determinata a raggiungere i suoi obiettivi. Personalmente mi frena la paura del nuovo, sono sempre stata abituata a essere assistita dai miei genitori e non ho mai fatto un esperienza fuori casa, ma sto cominciando ad incuriosirmi sempre di più..”

FRANCESCA AGGIO, animatrice del Gruppo Calamaio

Volo con te – Accaparlante e Panta Rei x Bet She Can

Volo con te è un libro-progetto che apre un dialogo tra generazioni e stimola la crescita personale e relazionale di tutti, promuovendo la consapevolezza e la libertà di scelta, temi cari a BET SHE CAN.

BET SHE CAN è un progetto che si rivolge in particolare alle bambine e alle ragazze nella fase della preadolescenza – tra gli 8 e i 12 anni – con l’obiettivo di accompagnarle nel loro percorso di crescita attraverso strumenti di supporto allo sviluppo della consapevolezza di ciò che sono (talenti e potenzialità) e di ciò che vogliono essere, fino alla libertà nelle loro scelte e azioni.

La storia, coinvolgente ed emozionante, pensata da Sabina Colloredo e accompagnata dalle sgargianti illustrazioni di Marco Brancato, racconta di due amiche che partono per un viaggio alla ricerca di Diego e che in realtà, attraverso questa ricerca, entrano in contatto con la profondità di se stesse. Lungo il cammino troveranno sorprese e ostacoli che si riveleranno fattori determinanti per il loro percorso di crescita.

Volo con te, nato anche dalle riflessioni e dall’ascolto dei vissuti dei  due focus group che hanno coinvolto genitori e bambini, è stato prodotto in collaborazione con la casa editrice Carthusia Edizioni.

Per questo progetto abbiamo collaborato insieme a Panta Rei, cooperativa che gestisce in convenzione con l’istituzione scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia quattro servizi educativi in città e il Servizio di Supporto alle Attività Pomeridiane (SAP) nei nidi a gestione diretta comunale. L’esperienza maturata in questi anni da Panta Rei, nasce da un’incubazione d’impresa quadriennale da parti di Reggio Children che negli anni di start up ha seguito insieme al Comune di Reggio Emilia la Formazione pedagogica e gestionale delle socie fondatrici.

il 7 e il 14 ottobre abbiamo incontrato due classi di quarta e quinta elementare del distretto del Pilastro, accogliendoli nella sala centrale del Centro Documentazione Handicap in via Pirandello 24.

Dopo la lettura del libro abbiamo cominciato a parlare di pregiudizi e stereotipi, delle etichette con cui di solito definiamo e categorizziamo le altre persone, spesso anche senza accorgercene. I bambini e le bambine delle classi che abbiamo incontrato ci hanno stupito riportando esperienze personali, andando a toccare nel vivo l’argomento, dimostrando come sia un tema che ci colpisce sin dalla tenera età e di quanto sia importante affrontarlo.

L’incontro si è concluso con la costruzione di un areoplanino di carta in cui bisognava scrivere sopra il proprio sogno cercando di svincolarsi dai limiti dettati dalla società in cui viviamo, per poi fargli prendere il volo… nella speranza che questa metafora si trasformi in realtà.

“Ma sapete da dove nascono gli stereotipi? Dalla paura, la paura del diverso e dell’ignoto che creano un’insieme di emozioni negative che si innescano quando ci si trova davanti a persone con caratteristiche differenti rispetto alle proprie, come il colore della pelle, il credo religioso o l’orientamento sessuale.”

Tiziana Ronchetti, animatrice del Gruppo Calamaio

IL PARTITO DEGLI SCOMODI

Due settimane fa, in vista delle elezioni comunali di Bologna, abbiamo organizzato una giornata dedicata alla conoscenza e alla scoperta dei partiti e delle diverse coalizioni in gioco incontrando esponenti di diverse fazioni e capendo quali fossero le modalità di voto. Abbiamo parlato del ruolo del Sindaco e dei suoi consiglieri, dell’importanza che hanno sulle scelte e i cambiamenti di una città e quindi di quanto rilevante sia votare. Tra le chiacchiere sono poi uscite fuori le nostre esigenze, quello che per noi sarebbe importante fare per rendere la città come la vogliamo noi… nasce cosi:

IL PARTITO DEGLI SCOMODI

Scarica il file e fai conoscere il PARTITO DEGLI SCOMODI! Cerchiamo gente nuova che si unisca alla nostra battaglia, siete tutti e tutte benvenuti/e!

Cosa faccio a casa…

Il Progetto Calamaio, come sapete, non si è mai fermato davanti all’emergenza, coinvolgendo immediatamente gli animatori con disabilità del gruppo in molteplici attività per via telematica e seguendoli personalmente da vicino. Detto ciò, duro lavoro a parte, un po’ di tempo libero, anche quello più sano, è rimasto a tutti.

A volte, si sa, non sempre si è in grado di riempire gli spazi vuoti, si resta un po’ intontiti, soprattutto quando i nostri equilibri spazio-temporali risultano compromessi, ed è facile confondersi: come distinguere il sabato e la domenica dal resto della settimana? E le festività? Vale la pena celebrarle anche in quarantena come giornate uniche e speciali?

La risposta per noi ovviamente è sì. Darsi dei ritmi e distinguere il momento del lavoro da quello dello svago, della vita familiare e del benessere è fondamentale per il nostro equilibrio psico-fisico, disabili e non.

Ce lo spiega molto bene Mario Fulgaro, animatore con disabilità e poeta, che qui ci racconta come ha trascorso e vissuto a casa la propria Pasqua e Pasquetta, mantenendo i suoi gusti, la sua ironia e le sue passioni, insegnandoci ad adattarci al meglio anche alle nuove situazioni:

L’emergenza Coronavirus” ha azzerato gli stili di vita di tutti, compresi i miei. L’urgenza di dover stare a casa, dalla mattina alla sera, mi ha dato l’occasione di curarmi la nevralgia del trigemino, attraverso farmaci che mi danno tantissima sonnolenza e fiacca. La mattina mi sveglio molto tardi e mi alzo dal letto altrettanto tardi, si parla delle ore tredici o addirittura delle ore quattordici. Faccio direttamente una colazione/pranzo, dopodiché mi sdraio sul divano per guardare un po’ di TV (film, “Avanti un altro” di Bonolis registrato e grazie a quel santone di Ivan, il tecnico del Cdh, posso vedere dei film al PC collegato alla TV). Non ho avvertito il passaggio dei giorni di festa di Pasqua e Pasquetta che sono trascorsi come giorni normali. Avrei voluto tanto ripassare un po’ di francese e di inglese, ma le forze per realizzare tutto ciò mi sono venute meno, quindi ho preferito grattarmi la pancia. Mentre tutti si gettano a capofitto nelle proprie fameliche voglie culinarie, io ho preferito alzare la cornetta del telefono ed ordinare, takeaway, pizza o kebab, o povere pietanze a base di uovo, Simmenthal e ricotta (alla faccia dell’educatore Tristano!). Avrei voluto leggere il mio libro a carattere storico/politico ma le forze, ancora una volta, non mi sono venute per nulla in soccorso. Mayday Mayday! Mi stavo perdendo, quando all’improvviso si è aperta la porta di casa ed è apparso mio fratello Nazario con una colomba pasquale. Solo in quel preciso momento mi sono accorto che era Pasqua: “Cavolo, perbacco, cà me bonna accide! … non mi stavo accorgendo della Pasqua 2020, ma, d’altronde è tutto posticipato agli anni a venire!”.

La risposta perentoria di mio fratello non tardava a venire: “Mario, non imparerai mai a parlare in pugliese!”. A farmi compagnia tutto il tempo è rimasta, per sua disgrazia, la badante moldava, che ha festeggiato la Pasqua la settimana successiva, dandomi così l’occasione di recuperare. Il Lunedì dell’Angelo abbiamo allestito un frugale picnic sul tavolo della sala da pranzo. Persino Totò, vedendoci da lontano, avrebbe danzato sul pianerottolo con un ciuffo di spaghetti in mano, non azzardandosi, però, ad entrare in casa per non rischiare nessun contagio da Coronavirus. Si sarebbe rivisitato il film “Miseria e Nobiltà”, in chiave quarantena/Quaresima.

Mario Fulgaro