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Come si accende un pensiero? Le parole di Mario Paolini sul tema del distacco al convegno “Oggi per domani”

Mario Paolini, pedagogista, musicologo, docente e formatore di insegnanti di sostengo, è noto a molti come autore del libro Chi sei tu per me? Persone con disabilità e operatori nel quotidiano (Erickson, 2009).

Lo scorso 4 dicembre alla Fattoria Urbana di Bologna, nell’ambito del seminario Oggi per domani a cura di Coop. Accaparlante e Circolo la Fattoria, con un contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Mario ha provato a rispondere a una domanda importante: come accompagnare e sostenere il distacco della persona con disabilità all’interno della famiglia?

Il pedagogista sceglie di partire dall’esperienza e di dare la parola ai diretti interessati.

“Di che distacco stai parlando? Del “Dopo di noi” o robe del genere? Mi stai chiedendo di parlare, senza dirlo, della mia morte, come se fosse facile o scontato parlarne o anche solo pensarci? Ma tu ci pensi alla tua e al dopo di te? Ma che vuoi da me? Che ti aiuti a risolvere i tuoi problemi, che sono quelli di avere un futuro ben descritto, progettato, scansionato e soprattutto tranquillo, con tutte le cose a posto, così stai tranquillo anche tu?

(…)

A Pordenone da diversi anni il progetto “Casa al sole” realizza progetti per la vita indipendente. Un progetto partito da alcune famiglie e sostenuto da operatori e istituzioni. Nel 2017 durante un convegno un genitore diceva questo:

Abbiamo capito sicuramente che i veri artefici della vita indipendente dei nostri figli siamo noi genitori.  È infatti la famiglia l’elemento cardine che permette o non permette l’autonomia del figlio, che gli concede il suo spazio di pensiero e quindi la dignità di persona adulta.

È solo la famiglia che può dare quei permessi di crescita necessari ad una evoluzione della persona e che le permettono di conquistare gradualmente una identità adulta.

La visione che noi abbiamo di nostro figlio, delle sue capacità e dei suoi limiti, i nostri atteggiamenti educativi, il nostro modo di relazionarci con lui, le parole che usiamo sono tutti elementi che costruiscono la sua personalità che possono farlo evolvere o che possono fortemente limitarlo nelle sue possibilità. 

La comprensione di chi egli è e la fiducia in se stesso gliele diamo noi. 

Occorre cominciare presto, fin da piccoli, nel sostenere questo delicato processo di distanziamento. Occorre sapersi immedesimare nei pensieri e nelle preoccupazioni delle famiglie, senza mai giudicare o pensare a priori di avere la risposta giusta. Il metodo di lavoro è quello dell’alleanza. Costruire e manutenere una buona alleanza educativa con le famiglie, tra operatori e servizi, è uno dei mandati richiesti a chi opera in questo ambiente.

Nostro figlio si costruisce l’immagine di sé riflettendosi nei nostri occhi, nello sguardo che abbiamo verso di lui, nel nostro modo di trattarlo; noi siamo lo specchio in cui vede riflessa la sua immagine. Se io gli rimando un’immagine di incapacità, di infantilismo, di limite esonerandolo dalle regole egli avrà un’immagine di sé riduttiva e sarà molto difficile che riesca a far emergere tutte le sue potenzialità.  Se io continuo a tenerlo costantemente per mano e lo tratto da bambino anche quando è grande, se per proteggerlo non gli permetto di sperimentare la vita vera, con tutte le regole che questa comporta, l’autonomia e la vita indipendente restano un’utopia.

Parliamoci chiaro, non è che vada sempre bene l’immagine riflessa che, come operatori, insegnanti, educatori, professionisti vari, rimandiamo alle persone con disabilità di cui ci occupiamo: quando va bene sono per sempre ragazzi, ma alle volte, troppe volte, fanno “i lavoretti”, prendono “la paghetta”, per non parlare de “il problema della sessualità”. L’autodeterminazione è un diritto scomodo che richiede agli operatori un cambio di posizionamento nel lavoro di cura. Se non lo troviamo e non rendiamo un po’ più normale, come facciamo a chiedere alle famiglie di farlo?

La possibilità di raggiungere una condizione adulta e una vita indipendente è strettamente legata alla capacità dei genitori di modificare nel tempo il loro modo di relazionarsi con il figlio e alla loro capacità di distanziamento per permettergli di diventare grande. Certamente per un genitore è una strada molto difficile e faticosa.

Dare indipendenza a qualunque figlio è difficile, se il figlio ha una disabilità intellettiva la fatica per me genitore è doppia perché lui non ha la forza di sganciarsi da solo. Perciò devo essere io a superare anche per lui l’istinto di continuare a tenerci per mano e mollare gradualmente la mano che tengo stretta, e che lui da solo non sarebbe in grado di mollare, per permettergli di accendere il “suo” pensiero e percorrere la sua strada. Tenerlo sotto le mie ali protettive potrebbe essere più tranquillizzante per me. Conosco i suoi limiti, ma se gli riconosco anche il diritto ad una sua vita indipendente e vissuta in tutti i suoi aspetti, compreso quello affettivo e sessuale, egli potrà riuscire a farlo solo se io genitore riesco a fare un passo indietro, se io ho la forza e la capacità di tagliare quel cordone ombelicale che ci tiene entrambi attaccati, per permettergli di camminare con le sue gambe.

Ci siamo resi conto che nei confronti dei figli noi facciamo spesso un’azione di sostituzione: pensiamo per loro, parliamo al loro posto, decidiamo per loro, organizziamo noi la loro vita, gliela facilitiamo il più possibile. Ma questi atteggiamenti non li aiutano a crescere nel pensiero e a diventare adulti!

I percorsi verso la vita indipendente implicano un processo di svincolo, di distanziamento graduale del genitore nei confronti del figlio, che non significa abbandono, ma significa fargli pian piano capire che il pensiero su di sé deve essere suo e non continuare ad affidarsi al mio e deve anche sentire che io glielo permetto perché lui è altro da me e io gli riconosco questa dignità.

Sono parole che, come operatore, devo far diventare mie, che, come insegnante, devono tracciare una rotta aperta al crescere e al divenire. Se vogliamo favorire il distacco nel lavoro con le famiglie dobbiamo ricominciare ad ascoltare le loro voci e quelle delle persone fragili, imperfette, a cui essere accanto per esigere, come scrisse Giuseppe Pontiggia, il diritto a essere sé stessi.

 

Grazie a Mario e a tutti i partecipanti a questo evento molto sentito che speriamo possa essere alla base di un nuovo inizio per progettare insieme al territorio, alle famiglie e ai servizi nuove forme d’abitare il più possibile vicine alle nostre esigenze, bisogni e  desideri.

 

 

Prove di scherma a Exposanità

Lo scorso venerdì 13 maggio il Calamaio, con una bella delegazione formata da Gloria, Tristano, Tiziana, Marika, Emanuela e Camilo, si è lanciato nell’esplorazione della ventiduesima edizione di Exposanità, la mostra internazionale al servizio della sanità e dell’assistenza.

Qui la nostra Rossella Placuzzi, animatrice con disabilità e spadaccina provetta, si è cimentata come di consueto nel suo sport preferito, la scherma in carrozzina, passione che ha voluto condividere con i colleghi, invitandoli a provare tutta l’attrezzatura e a mettersi in gioco insieme a lei e all’Associazione Zinella Scherma di San Lazzaro di Savena (BO)

Ecco qui qualche scatto della giornata e gli sguardi di Rossella e Camilo.

“Sono andata in fiera con mio papà, ero contenta perché sapevo che sarebbero venuti a vedermi i miei colleghi- racconta Rossella -mi sono divertita tantissimo perché ho fatto provare loro la scherma. Gloria non l’aveva mai provata, Camilo è venuto a vedermi ed ero molto felice, mi sono anche emozionata.

A mia volta ho provato il ping-pong, è stato bello perché dovevo colpire la pallina con una racchetta, poi ho visto altri sport come l’arrampicata le bocce, le carabine la pesca, il ballo in carrozzina e una ragazza con un esoscheletro necessario per deambulare. Inoltre, ho visto un bambino che faceva handbike che è una bicicletta che si usa da sdraiati, solamente con le braccia.

Piu tardi ho fatto una garetta di pesca e ho vinto una medaglia per la partecipazione poi successivamente ho fatto provare anche persone senza gli arti la scherma e loro mi hanno risposto che il mondo sportivo è un mondo bellissimo e che non ne avevano mai sentito parlare e quindi sono rimasta molto contenta e orgogliosa di me.

Sono orgogliosa anche di tutti i miei colleghi e secondo me ho fatto passare a tutti una bella giornata”.

È stato interessante – continua Camilo- vedere diversi ausili e strumenti che non avevo mai visto prima, per me è stata una bella scoperta perché non pensavo che esistessero delle tecnologie così avanzate. Mi hanno colpito in particolare gli strumenti utili per la riabilitazione come, ad esempio, una macchina dotata di gambe robotiche con le quali era possibile esercitarsi nei diversi movimenti. Ero anche molto interessato all’area sport dove si potevano praticare diverse attività. Molto bella è stata la scherma in carrozzina per come posizionano le carrozzine e per come le legano per evitare che si sbilancino troppo. Io ho provato anche il gioco delle bocce che è abbastanza accessibile. Ho fatto un primo tentativo libero in cui ho provato a lanciare la pallina senza ausilio ma non è andato molto bene, la pallina era troppo grande e non riuscivo a tenerla in mano. Dopo ho usato uno scivolo fatto di legno dove potevo posizionare la bocca, Marika mi ha aiutato a posizionarlo ma solo seguendo le mie indicazioni. Ho provato anche a fare il tiro a segno e ho quasi preso il centro! Mi hanno detto che sono stato molto bravo e che in futuro potrei dedicarmi a quello sport. Infine, ci siamo sfidati con il biliardino, io ero il portiere e alla fine ha vinto la mia squadra.

Usciti dall’area dedicata agli sport, ho visto diverse carrozzine e ne ho anche provata una, che è possibile usare fissandola ad una carrozzina manuale. Mi è piaciuto aver avuto la possibilità di provare una carrozzina del genere perché prima non avrei mai pensato di poter guidare con un manubrio e invece, sì, potevo farlo e chissà magari un giorno potrei usarlo per avere più autonomia.

La fiera è in generale molto interessante perché hai la possibilità di vedere cose nuove ma soprattutto puoi provarle. Il mio consiglio spassionato però, per le prossime edizioni, è quello di dare più alternative e ausili sulla base delle caratteristiche di ognuno”.

Che dire, uno per tutti e tutti per uno! Alla prossima edizione!

USCITA DEL CALAMAIO A FOTONDUSTRIA 2021 “Food”

“Fotoindustria” è una Biennale di fotografia organizzata dalla fondazione MAST di Bologna: ogni due anni viene presentato un tema che caratterizza le esposizioni (quest’anno “Food”) diffuse per la città e il gruppo Calamaio non ha perso l’opportunità di prendere parte a questo evento!

Nella giornata del 17 novembre, alcuni di noi si sono recati alle esposizioni situate al MAMBO e a Palazzo Fava per approfondire i temi della mostra, ma con l’approccio critico che da sempre contraddistingue le nostre uscite.

All’interno di una visita a noi interessa non solo darci la possibilità di scoprire nuovi saperi, ma anche quella di testare l’effettiva accessibilità di un evento e sperimentare le nostre autonomie.

Abbiamo visitato le sedi dedicate alle mostre “Laboratory of Forms” di Jan Groover, “Favignana” di Herbert List e “Factory of Original Desires” di Bernard Plossu.

Erano tre mostre che trattavano il contenuto da vari punti di vista, in particolare Jan Groover si soffermava sulla natura morta, Herbert List sull’industria negli anni Cinquanta, mentre Bernard Plossu sul confronto fra il cibo e i paesaggi incontrati nei suoi viaggi.

Siamo stati attirati dall’argomento della Biennale, in quanto riteniamo che il cibo possa essere un soggetto interessante da discutere dal lato artistico, ma ci siamo scontrati con molte difficoltà.

Abbiamo organizzato questa uscita informandoci in anticipo su quali potessero essere i luoghi effettivamente accessibili, pur non essendo chiaramente esplicitato sul sito dedicato. Selezionando accuratamente, siamo riusciti a ritenere adeguati cinque eventi fra gli undici presentati.

Per quanto riguarda l’esposizione al MAMBO abbiamo riscontrato dei limiti dal punto di vista strutturale: la posizione delle cornici era troppo alta per chi le guardava dalla carrozzina, per alcuni di noi le teche con le fotografie erano irraggiungibili per la loro altezza, le luci non consentivano una visione chiara, le porte di ingresso non essendo automatiche non ci consentivano l’ingresso in autonomia.

Anche dal punto di vista dei contenuti, non mancano i problemi di accessibilità: i sottotitoli erano troppo veloci nei video, le didascalie non erano possibili da leggere.

Parlando delle mostre a Palazzo Fava, l’entrata ha presentato degli ostacoli, come l’accesso all’ascensore limitato dai frigoriferi della pasticceria dalla quale si entra, oltre al fatto che l’ascensore fosse molto piccolo e molto veloce nell’apertura e nella chiusura delle porte. Le fotografie erano allestite in maniera non del tutto accessibile a causa della loro disposizione in entrambe le esibizioni.

Per concludere la nostra uscita in bellezza abbiamo fatto ritorno verso Via Don Minzoni per un pranzo tra colleghi all’” Ex Forno MAMbo”. Carbonara ottima e servizio cordiale, anche se dal punto di vista dell’accessibilità ci sarebbe da migliorare: purtroppo non sono presenti servizi igienici attrezzati e i tavoli non consentono alle carrozzine di infilarsi agevolmente in alcuni punti.

Indi Mates – Coinquiline per scelta

Giovedì 21 ottobre abbiamo avuto il piacere di incontrare Elena Rasia e Margherita Pisani, le protagoniste del progetto Indi Mates, un’esperienza di vita indipendente nella città di Bologna nata da un annuncio Facebook nel quale Elena ricercava una persona con cui andare a convivere. La particolarità che rende questa storia diversa dalle altre è che Elena è una ragazza in carrozzina che viveva in una frazione di Marzabotto, quindi lontana dal centro e dalla vita che sognava, limitata nella libertà di scelta a causa delle difficoltà di movimento che comporta vivere in una zona di montagna, diventando “vittima” dell’organizzazione dei genitori.

Questa esperienza nasce da qui, da un’esigenza che conosciamo molto bene, la voglia di uscire di casa e di essere indipendenti. Indi Mates infatti è un progetto di convivenza, Elena non cercava un’amica ma una coinquilina che potesse aiutarla in orari prestabiliti in cambio di alloggio; infatti questa situazione è anche a vantaggio di Margherita, la quale non paga l’affitto, andando così incontro anche alle sue esigenze risolvendo uno dei grandi problemi della città metropolitana di Bologna, la ricerca di una casa.

Ovviamente non è tutto rose e fiori e anche in casa Indie Mates si litiga e si discute. Le ragazze ribadiscono l’importanza del rispetto degli spazi e del saper riuscire a capire quando è il caso di disturbare o meno l’altra persona. Un incontro di grande intensità che ha portato i nostri animatori a diversi dubbi e riflessioni sull’argomento:

“L’incontro con Elena e Margherita è stato parecchio interessante e mi ha colpito molto la determinazione di Elena, una spinta a fare di più. Però ovviamente ogni situazione è soggettiva e avrà bisogno un percorso diverso: per esempio ora non posso permettermi di pagare un affitto… figuriamoci due! Come fare? prima il lavoro e poi la casa, penserò a come risolvere tutto passo dopo passo”

CAMILO DE LA CRUZ, animatore del Gruppo Calamaio

“È stato molto stimolante perché mi ha dato molti spunti interessanti e mi ha fatto conoscere un modo per riuscire a cercare una casa e vivere da sola. Penso che sia un’esperienza fantastica e che Elena sia una persona molto forte e coraggiosa, determinata a raggiungere i suoi obiettivi. Personalmente mi frena la paura del nuovo, sono sempre stata abituata a essere assistita dai miei genitori e non ho mai fatto un esperienza fuori casa, ma sto cominciando ad incuriosirmi sempre di più..”

FRANCESCA AGGIO, animatrice del Gruppo Calamaio

Volo con te – Accaparlante e Panta Rei x Bet She Can

Volo con te è un libro-progetto che apre un dialogo tra generazioni e stimola la crescita personale e relazionale di tutti, promuovendo la consapevolezza e la libertà di scelta, temi cari a BET SHE CAN.

BET SHE CAN è un progetto che si rivolge in particolare alle bambine e alle ragazze nella fase della preadolescenza – tra gli 8 e i 12 anni – con l’obiettivo di accompagnarle nel loro percorso di crescita attraverso strumenti di supporto allo sviluppo della consapevolezza di ciò che sono (talenti e potenzialità) e di ciò che vogliono essere, fino alla libertà nelle loro scelte e azioni.

La storia, coinvolgente ed emozionante, pensata da Sabina Colloredo e accompagnata dalle sgargianti illustrazioni di Marco Brancato, racconta di due amiche che partono per un viaggio alla ricerca di Diego e che in realtà, attraverso questa ricerca, entrano in contatto con la profondità di se stesse. Lungo il cammino troveranno sorprese e ostacoli che si riveleranno fattori determinanti per il loro percorso di crescita.

Volo con te, nato anche dalle riflessioni e dall’ascolto dei vissuti dei  due focus group che hanno coinvolto genitori e bambini, è stato prodotto in collaborazione con la casa editrice Carthusia Edizioni.

Per questo progetto abbiamo collaborato insieme a Panta Rei, cooperativa che gestisce in convenzione con l’istituzione scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia quattro servizi educativi in città e il Servizio di Supporto alle Attività Pomeridiane (SAP) nei nidi a gestione diretta comunale. L’esperienza maturata in questi anni da Panta Rei, nasce da un’incubazione d’impresa quadriennale da parti di Reggio Children che negli anni di start up ha seguito insieme al Comune di Reggio Emilia la Formazione pedagogica e gestionale delle socie fondatrici.

il 7 e il 14 ottobre abbiamo incontrato due classi di quarta e quinta elementare del distretto del Pilastro, accogliendoli nella sala centrale del Centro Documentazione Handicap in via Pirandello 24.

Dopo la lettura del libro abbiamo cominciato a parlare di pregiudizi e stereotipi, delle etichette con cui di solito definiamo e categorizziamo le altre persone, spesso anche senza accorgercene. I bambini e le bambine delle classi che abbiamo incontrato ci hanno stupito riportando esperienze personali, andando a toccare nel vivo l’argomento, dimostrando come sia un tema che ci colpisce sin dalla tenera età e di quanto sia importante affrontarlo.

L’incontro si è concluso con la costruzione di un areoplanino di carta in cui bisognava scrivere sopra il proprio sogno cercando di svincolarsi dai limiti dettati dalla società in cui viviamo, per poi fargli prendere il volo… nella speranza che questa metafora si trasformi in realtà.

“Ma sapete da dove nascono gli stereotipi? Dalla paura, la paura del diverso e dell’ignoto che creano un’insieme di emozioni negative che si innescano quando ci si trova davanti a persone con caratteristiche differenti rispetto alle proprie, come il colore della pelle, il credo religioso o l’orientamento sessuale.”

Tiziana Ronchetti, animatrice del Gruppo Calamaio

Una pila di Gazebo

Per l’evento “Estate al pilastro: Una pila di gazebo”, il Centro Documentazione Handicap/Cooperativa Accaparlante ha deciso di rendere più divertente la nostra estate insieme ad altre associazioni del territorio: l’associazione sportiva di rugby I Cinghiali, il circolo La Fattoria, l’associazione Senza il Banco e il gruppo aggregativo Bada bene.
Così il Progetto Calamaio per luglio e agosto si sposta in Piazza Lipparini, vicino alla nostra seconda sede La Pila in via D’Annunzio 19/A, per proporre a bambine e bambini animazioni, giochi accessibili, storie per tutti e cacce al tesoro. Per incuriosirvi su quello che facciamo insieme, Tatiana Vitali, Lorella Picconi e Francesca Aggio raccontano di seguito alcune attività proposte negli ultimi incontri.

Noi educatori e animatori, insieme alle ragazze e ai ragazzi del Servizio Civile, abbiamo condotto le “Olimpiadi delle difficoltà” proponendo alcune attività piene di energia e positività ai bambini della fattoria didattica.

Una volta arrivati abbiamo montato la tenda col tavolo, aspettando che arrivassero i bambini con i loro educatori del Campo Solare. Come prima attività ci siamo presentati passandoci la ruota di una carrozzina e dicendo il nostro nome e piatto preferito, questo per far capire che la carrozzina può diventare un gioco e non solo un oggetto che può far paura. Inoltre, con questa presentazione abbiamo iniziato a conoscerci e a divertirci insieme.

Abbiamo proseguito facendo un gioco di movimento “Tutti quelli che…” nel quale gli animatori dicevano una frase che potesse accomunare alcuni dei partecipanti e così da formare gruppi sempre diversi. Dovevamo correre all’interno del cerchio e toccare la ruota. I ragazzi e le ragazze mentre partecipavano al gioco erano molto carichi!

Noi del Gruppo Calamaio siamo molto creativi, per questo abbiamo proposto un esercizio molto fantasioso e divertente. Abbiamo chiesto di disegnare, ma sperimentando tecniche nuove e utilizzando diverse parti del corpo: le dita della mano, le dita dei piedi, il gomito. Siamo ritornati tutti un po’ bambini.

Un altro gioco proposto è stato il “Bip Bop”. Le ragazze e i ragazzi dovevano dividersi in due squadre, una era quella del Bip e l’altra quella del Bop, e capire alcune frasi pronunciate da un animatore con difficoltà di linguaggio. Quest’attività vuole far capire che anche le difficoltà dell’animatore con disabilità possono trasformarsi in un gioco, ma soprattutto vuole mettere in evidenza l’importanza dell’ascolto. Inoltre, spesso i bambini si trovavano a dover chiedere all’animatore con disabilità di ripetere più volte la stessa frase e, infine, dovevano toccare il suo ginocchio per sconfiggere, quindi, il timore del contatto fisico. In questo gioco c’è stata anche una bellissima competizione perché tutti volevano vincere!

Il gioco finale è stato lo “Smonta e rimonta”: le bambine e i bambini dovevano dividersi in due squadre, una doveva smontare e l’altra doveva rimontare la carrozzina. Una volta aver rimontato e aver preso confidenza con questo ausilio, abbiamo invitato il gruppo a fare il collaudo come se fosse una macchina. Tra percorsi e gincane, ognuna ed ognuno di loro ha sconfitto la paura della carrozzina che anche in questo caso è diventata un gioco divertente e non un oggetto così strano.

In un’altra giornata, noi animatori ed educatori abbiamo pensato di far conoscere ai bambini la storia tratta dal libro “Re 33 e i suoi 33 bottoni d’oro” di Claudio Imprudente, mettendola in scena con costumi e canzoni. Siamo riusciti a mantenere alta l’attenzione dei bambini e questo ci rende molto orgogliosi. Sapere di incuriosire i bambini quando rispondiamo alle loro domande o quando parliamo della nostra disabilità in modo semplice e comprensibile, ci rende molto fieri del nostro ruolo di animatori e animatrici.

Sperando che questo racconto vi sia piaciuto, vi aspettiamo tutte e tutti ai prossimi incontri che potete trovare nel calendario al link seguente:

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Formazione online – Storie di pace per tutt*

Mercoledì 28 aprile abbiamo fatto una formazione in linea sul libro accessibile dentro al progetto “Storie per tutti” seguito da Belen Sotero Fernandez e da tutti noi.

STORIE DI PACE PER TUTT* è un progetto di formazione digitale che punta sul valore potente, educativo e formativo della narrazione, delle storie condivise, come spazio di incontro e dialogo. L’obiettivo è sostenere con forza e determinazione una cultura di pace e non violenza, di valorizzazione delle diversità e di pari opportunità. Ogni mese sulla piattaforma sono disponibili video-letture accessibili per bambine e bambini da 3 a 10 anni, cartoline digitali per favorire la partecipazione, materiali di approfondimento per genitori e professionisti e appuntamenti formativi. Anche noi abbiamo partecipato ad un incontro di formazione per educatori ed insegnanti.

Belen ha iniziato la formazione facendo un’ introduzione sulle diverse modalità  per rendere i  libri accessibili e sul fatto che non esiste un libro che vada bene per tutti perchè tutti siamo diversi. Successivamente ha mostrato diversi libri e ha spiegato le varie differenze, per poi  passare la parola a Nicola Rabbi (autore del libro “Scrivere facile non è difficile” – L’efficacia della scrittura Easy To Read, ed. La Meridiana) che ha spiegato cosa vuol dire la scrittura semplificata, ha mostrato alcune regole e come semplificare un testo dipende dalle persone che lo utilizzano perché dipende se è per adulti o  per bambini.  

Poi Belen prima di passare la parola a  Luca Cenci e a me ha spiegato quali sono i  libi tattili agli insegnanti e agli educatori, e  come si costruiscono anche con materiale da riciclo ed ha fatto vedere dei video sulla differenza tra i libri tattili e i libri in simboli. Inoltre ha fatto vedere un video di persone che usano il braille, evidenziando l’efficacia di questa modalità di scrittura.

Quando poi è toccato a noi, abbiamo parlato dei libri in simboli, del CDH, di come è nato e cosa facciamo al Calamaio, e  soprattutto del progetto “Librarsi”. Abbiamo raccontato che cosa facciamo noi insieme agli educatori, del nostro ruolo attivo in quanto persone con disabilità e cosa usiamo per modificare libri, come si usa il programma “SymWriter” e alcune regole di base che ci sono: la quadrettatura (cioè ogni parola e ogni simbolo corrispondente si trovano all’interno di un quadretto), il testo sopra ai simboli che permette di favorire la lettura per tutti e i simboli in bianco e nero per dare la stessa importanza al testo e ai simboli.

Dopo abbiamo fatto vedere un video nel quale ci sono diverse parole straniere che indicano la parola “sole”, molte delle quali non tutti conoscono. Con il simbolo del sole però, tutti riescono a capire immediatamente di cosa si tratta pur non conoscendo il linguaggio con cui è stata scritta la parola. Questo ci fa capire che le parole possono essere diverse, ma i simboli sono uguali e comprensibili per tutto il mondo.

Un altro video che abbiamo voluto mostrare è quello di Camilo Cruz, mio collega con disabilità, nel quale mostra come fa per modificare i libri con “SymWriter”, utilizzando però ausili particolari come il puntatore ottico e il mouse per la ricerca dei simboli.

Infine abbiamo voluto raccontare la fortuna di entrare in contatto con la casa editrice “Meridiana”, che ha creduto nel nostro progetto. Ha pubblicato i libri “Il diario di Anna Frank”, “Dracula” e Giacomo di cristallo e altre storie (una raccolta di fiabe di Gianni Rodari) che noi abbiamo modificato.

Durante questa esperienza, io mi sono sentita utile e molto felice, e spero di poter potare sempre più spesso fuori le nostre esperienze perché è bello pensare che i libri possano essere letti da sempre più persone, anche se con modalità di lettura diverse.

Tatiana Vitali

Una questione di famiglia

Lo scorso lunedì 18 maggio 2020 Tatiana Vitali, educatrice e animatrice con disabilità e sua madre Giuseppina Testi, detta Pinuccia, hanno partecipato alla diretta live “Le persone con disabilità, le famiglie e gli operatori al tempo del Coronavirus”. Un’iniziativa organizzata dalla redazione Bandiera Gialla sulla pagina Facebook del Centro Donati – I care  .

Insieme a loro sono intervenuti Giacomo Busi, coordinatore di Associazione d’iDee, Alessandro Iarrera di Angsa Bologna con Carla Crivellari ed Enrica Chili, residenti del Centro socio-riabilitativo residenziale Selleri Battaglia di Bologna.

Un ricco dibattito che ha messo al centro i differenti punti di vista che hanno accompagnato e in parte ancora accompagnano lo stato d’emergenza generato dall’attuale pandemia.

Qui riportiamo fedelmente gli interventi di Tatiana e Pinuccia che ci raccontano come hanno vissuto questo periodo su cui, per entrambe le parti, è stato indispensabile il supporto ricevuto dai colleghi e dagli educatori del Progetto Calamaio che ha permesso di mantenere vivi l’impegno, le emozioni e la creatività di tutta la famiglia.

” Dal 2006 lavoro all’interno del Progetto Calamaio- comincia Tatiana–  un gruppo che è formato da educatori e animatori con disabilità e uno degli obiettivi del nostro lavoro è quello di diffondere la cultura della diversità in ogni ambito educativo e formativo.

Fin dai primi giorni di chiusura forzata  io non mi sono mai sentita sola, perché sia gli educatori che i volontari  del servizio civile hanno costruito un progetto adeguato al periodo.

Siamo  quasi tutti  in rete  e hanno formato un gruppo a distanza, abbiamo usato Whatsap  con videochiamate, utilizzato piattaforme di vario tipo, cosa che ci permette di sentirci uniti tutti i giorni  mantenendo vivo il clima del gruppo con empatia e leggerezza pur lavorando e questo è molto importante per me. Ogni educatore  ha un filo diretto con 2/3 persone con disabilità e   hanno dato primaria importanza alla relazione sia sul piano umano che lavorativo. Ci hanno coinvolto giornalmente attraverso delle attività o di gruppo o singolarmente, di scrittura creativa (invenzione di storie), cineforum (visione di film e commento con scheda guidata) laboratori  ( cura di sé /  orto con semina  /  cucina a distanza pane biscotti)   con restituzione dei materiali da parte nostra  soprattutto c’è stato il supporto morale da parte di tutti e condivisione delle attività.

Sono orgogliosa di far parte di questo gruppo che mi ha sostenuta e  mi ritengo fortunata perché  ho  la tecnologia  e il supporto dei care giver mi ha aiutato molto nella pratica e sono fiduciosa  di ritornare presto al CDH perché alzarmi alla mattina e aver voglia di andare al lavoro è una cosa che mi fa sentire realizzata e  stare bene.

Anche le mie relazioni amicali sono rimaste unite grazie a continui contatti web.

Io faccio anche sport, equitazione, e al momento lo spazio è chiuso.  Questo mi è mancato molto perché andare a cavallo per me significa staccarmi dalla carrozzina e nel movimento le zampe del cavallo sono le mie gambe”.

“Questo periodo ci ha portato ad una  più stretta convivenza famigliare – prosegue Pinuccia– da un lato positiva, ma dall’altra anche con momenti di piccoli battibecchi ma nulla di importante. Credo che una famiglia come la nostra  al cui interno vive una persona con disabilità, abitudini, ritmi, tempi,   già da anni si siano  stabilizzati  e di routine  per rendere la vita meno faticosa  e più serena per tutti. Quando però la quotidianità viene  improvvisamente  capovolta e  anche con tante incognite  come in questo caso,  si pensa come farò a far trascorre le giornate  a mia  figlia con proposte interessanti   per coinvolgerla?Per fortuna che il Gruppo Calamaio come ha detto Tatiana  ha organizzato un progetto messo subito in pratica e questo è stato di grande importanza.

Vedere tutti i giorni Tatiana lavorare in rete con il gruppo sentire anche le sue risate con scambio di battute con i colleghi , è stato quello che mi ha dato la forza e fiducia ad andare avanti. I colleghi di Tatiana oltre alle loro competenze e professionalità hanno in se anche tanta umanità, generosità impegnando tanto del loro  tempo per il benessere degli animatori disabili, anche di sabato e di domenica.

Tatiana ha  avuto all’inizio un momento di crisi aveva paura che il Cdh chiudesse per sempre ha fatto  una telefonata con la coordinatrice del Progetto Calamaio, Sandra Negri,  e una volta rassicurata  che occorrevano tempo e pazienza e che  tutto piano  piano sarebbe ritornato come prima,   Tatiana ha reagito subito in modo positivo.

Questo supporto da parte degli educatori è stato dato anche noi genitori con telefonate, messaggi per sentire come ci sentivamo, come trascorreva la nostra stretta convivenza con i nostri figli. Questo è stato molto utile perché non mi ha fatto  sentire sola  è quasi  come sentire sotto di te una rete di protezione e sapere che nei momenti di  bisogno ci sono persone che ti accolgono e  ti ascoltano, sicuramente ti fa stare bene.

Siamo una famiglia con forti legami affettivi e amicali e in questo periodo tutti e tre  abbiamo utilizzato  la tecnologia   per  vederci  con amici e parenti quasi quotidianamente per sostenerci a vicenda e ci ha aiutato molto coinvolgendo sempre anche Tatiana.

Ogni persona  ha un modo di affrontare le avversità della vita e io credo di essere una persona resiliente avendo vissuto sulla mia persona  un periodo di messa alla prova per il bisogno di mia figlia.

 Io e lei  abbiamo vissuto 10 anni per sei mesi all’anno per fare della riabilitazione  in un ospedale in Cecoslovacchia. Questo periodo passato mi ha sicuramente rafforzato e aiutato anche oggi ad essere forte e guardare avanti e unita alla  serenità di Tatiana, motivo per cui anche io reagisco bene in questo periodo.

Ovviamente mi ritengo fortunata perché Tatiana nonostante le sue difficoltà motorie riesce ad usare tecnologie  pc e tablet, anche se la mia presenza concreta nell’ avviare le postazioni  con  alcune pratiche  di collegamento  è stata fondamentale.

Credo che dovrebbe essere un diritto per le persone con disabilità avere a disposizione le tecnologie e che  ai loro care giver  vengano date le competenze per utilizzarle attraverso formazioni e aggiornamenti,  per potere  sempre affiancare i propri figli qualora ne avessero bisogno”.

Grazie donzelle, avanti tutta e un abbraccio a tutte le famiglie del nostro gruppo, parte attiva e presente di questo lungo percorso condiviso!

 

Tatiana Vitali e Giuseppina Testi

 

 

 

 

 

L’ARIA STA CAMBIANDO. Il Calamaio alla giornata per il pianeta

Nel giorno dedicato allo sciopero globale per i cambiamenti climatici, anche noi del Progetto Calamaio/Centro Documentazione Handicap di Bologna abbiamo fatto sentire la nostra voce.

Venerdì 27 settembre 2019 è avvenuto il terzo sciopero globale portato avanti da milioni di ragazzi sparsi per le principali città del globo, sull’esempio dell’attivista svedese con disabilità Greta Thunberg, per focalizzare l’attenzione pubblica sul sostegno del pianeta, sullo sfruttamento delle risorse terrestri e sull’inquinamento che stanno modificando anche la nostra vita quotidiana.

Una giornata che ci ha visti in prima linea, carrozzine comprese, il che, pur con qualche difficoltà, non ci ha di certo impedito di partecipare a questo momento così importante e prendere la nostra posizione.

Ecco come è andata:

Partecipare allo sciopero sul clima e alla manifestazione che si è svolta tra le vie del centro di Bologna, partendo da piazza San Francesco per arrivare in piazza Verdi, non è stato del tutto agevole e semplice. Il totale degli animatori con disabilità era di 11, di cui ben 10 in carrozzina, manuale o elettrica. L’organizzazione tra gli educatori, i volontari del servizio civile e gli animatori del CDH era stata già pensata da diversi giorni, a partire da come raggiungere il centro città, modificando il solito percorso dei trasporti o organizzandosi tramite mezzi pubblici. Infatti, alcuni di noi hanno preso l’autobus (per la prima volta!) dalla nostra sede mentre la maggior parte ha usufruito dei trasporti della pubblica assistenza.

Una volta incontrati in piazza San Francesco, abbiamo iniziato a seguire il corteo, o, per meglio dire, rincorrere, dato che era già partito lungo via Marconi. Tagliando per qualche stradina siamo riusciti a ricongiungerci al gruppo e da lì in poi abbiamo manifestato tutti insieme: la foto che vedete all’inizio dell’articolo ci è stata scattata in piazza dei Martiri.

Tutto il gruppo era emozionato nel partecipare alla manifestazione, per alcuni di loro questa esperienza è stata del tutto nuova.

Gli educatori hanno pensato a vari punti dove potersi fermare per brevi pause ma non ce n’è stato bisogno: le esitazioni nel nostro cammino sono state infatti poche e tutti noi siamo riusciti a raggiungere piazza Verdi, venendo trascinati dall’entusiasmo della folla. Qui, ci siamo concessi una lunga pausa, circondati da centinaia e centinaia di persone e da cartelloni, urla, voglia di farsi sentire. Siamo stati orgogliosi di poter contribuire ad una causa così importante. La nostra presenza qui era fondamentale perché i cambiamenti climatici riguardano ogni singolo individuo sulla terra.

La speranza è sempre la stessa: far emergere la nostra voce, insieme a quella di milioni di altre persone, senza che riecheggi nel vuoto”.

Andrea Mezzetti e Nicola Spezia

I momenti di condivisione collettiva, si sa, sono sempre una grande fonte di energia, una spinta a fare meglio. A volte però queste occasioni si riducono a eventi sporadici.  Il cambiamento climatico però non ce lo permette più, deve essere  tema al centro della nostra quotidianità. Ma cosa possiamo fare?

Come possiamo aiutare il nostro pianeta nella vita di tutti i giorni?

Gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio provano a rispondervi in concreto con un piccolo decalogo da tenere a mente durante i vostri viaggi e le vostre vacanze:

DECALOGO DEL VIAGGIATORE-TURISTA RESPONSABILE E SOSTENIBILE 

1.   Conoscere la comunità ospitante

2.   Conoscere usi e costumi

3.   Rispettare le religioni

4.   Mangiare cibi tipici del luogo

5.   Informarsi sulle leggi del paese

6.   Conoscere la cultura locale

7.   Informarsi sui mezzi di trasporto e luoghi accessibili

8.   Comprare souvenirs dagli artigiani del posto

9.   Alloggiare in case, alberghi e strutture che favoriscono l’economia del luogo

10.   Rispettare l’ambiente

 

Che ne dite, cominciamo?

 

IL KIT PER UNA BUONA INCLUSIONE. Il Calamaio incontra gli insegnanti 0-6 anni del distretto di San Lazzaro

Amiche e amici, il Calamaio, come sapete, è ufficialmente tornato in azione.

Lo ha fatto cominciando in grande stile, con una formazione plenaria rivolta agli educatori ed insegnanti (0-6 anni) del distretto di San Lazzaro di Savena (BO), lo scorso 4 settembre 2019, nell’ambito del Progetto FARE 2 (Formazione, azione, rete, energia) per l’anno scolastico 2019-20.

A incontrarli c’erano i nostri Luca Cenci e Tatiana Vitali, insieme a Giovanna Di Pasquale, pedagogista e presidente della Coop. Accaparlante.

Un momento di scambio ricco di suggestioni e di stimoli in cui abbiamo riflettuto sugli ingredienti di base della pedagogia rivolta ai contesti inclusivi e sugli strumenti di lavoro che possono accompagnarci nei primissimi anni di scuola, per andare a pescare proprio là, in quegli istanti in cui dentro di noi cominciano a farsi strada concetti e parole, a volte troppo difficili da decifrare.

Tatiana, animatrice con disabilità del Progetto Calamaio e dott.ssa in Scienze della Formazione con tanto di Master, ha dato il meglio di sé con Luca, soffermandosi su “La CAA come strumento per l’inclusione: pluralità e creatività dei linguaggi”.

Un vero e proprio kit per una buona inclusione, di cui Tati ci racconta ora qui qualcosa in più con un assaggino della giornata trascorsa e una punta di emozione ancora in circolo… C’erano infatti più di duecento persone!!

Quale miglior ritorno al lavoro se non una formazione a quasi duecento tra educatori ed insegnanti 0-6 anni? Così, in quel di San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna, siamo entrati subito carichi… Dopo un’introduzione fatta dalla nostra collega pedagogista Giovanna Di Pasquale sulla didattica inclusiva io ed il mio collega educatore Luca Cenci ci siamo occupati di raccontare ai numerosi presenti cosa è la Comunicazione Aumentativa Alternativa e come la utilizziamo noi del Gruppo Calamaio sia per la costruzione di libri in simboli, sia come attività laboratoriali sulla cultura accessibile da proporre alle scuole. Tra le altre cose abbiamo raccontato il laboratorio con le scuole medie Saffi, nello specifico il progetto “Il libro modificato. Per una didattica dell’inclusione”. In particolare il percorso che ha coinvolto i ragazzi delle classi terze ci ha portato a riflettere sul contesto in cui vivono per poi raccontarne possibilità e difficoltà, desideri e paure, utilizzando il linguaggio in simboli, un modo per rendere più accessibile la scrittura e lettura per persone che hanno difficoltà di comprensione di diverso tipo.

Poi abbiamo presentato il progetto PariMenti e il progetto Storie x Tutti.

Devo ammettere che nonostante siano tanti anni che facciamo formazione eravamo piuttosto emozionati vista la portata del pubblico. Comunque ci siamo messi subito a nostro agio e siamo partiti parlando di Librarsi, il laboratorio permanente di produzione di libri in simboli. Poi dopo un racconto sulla CAA li abbiamo fatti giocare un po’, chiedendo loro di indovinare delle frasi solo leggendo i simboli. Questo li ha fatti divertire molto e ha modificato l’atmosfera da formazione frontale divenendo un simpatico botta e risposta.

Mi piace sempre molto quando faccio formazione, credo sia importante riuscire a portare visibilità alle tante cose che facciamo e riuscire a raccontare in modo creativo le attività che svolgiamo al nostro interno.

Per concludere posso dire che credo sia andata molto bene e che abbiamo lasciato una bella macchia che, siamo convinti, insegnanti e educatori trasmetteranno ai bambini delle loro classi!”.